Sui numeri che guideranno il quadro di finanza pubblica che sarà descritto dalla Nota di aggiornamento al Def la maggioranza ha raggiunto ieri sera l’accordo. Che sarà tradotto in un primo esame oggi in Cdm in vista di un via libera definitivo che dovrebbe però arrivare solo domenica (insieme ai decreti immigrazione).
Le cifre sono state ieri al centro di un doppio vertice fra il premier Conte, il ministro dell’Economia Gualtieri e i capidelegazione con i responsabili economici della maggioranza. Il primo tempro è andato in onda la mattina: ma le pressioni a tutto campo per avere chiarimenti e indicazioni più dettagliate hanno imposto a Conte e Gualtieri la replica serale.
Perché il quadro di massima è quello anticipato nei giorni scorsi da questo giornale. Il deficit di quest’anno si attesterebbe poco sotto l’11% (gli ultimi calcoli puntano al 10,8%), per scendere al 7% nel 2021 (un punto in più del 6% ipotizzato nei giorni scosi), con una spinta espansiva da oltre 20 miliardi rispetto al tendenziale, di e abbassarsi ulteriormente negli anni successivi fino al 3%. Nella dinamica del Pil al -8,9-9% di quest’anno seguirebbe un rimbalzo del 6% (5,1% nel tendenziale a politiche invariate) e un altro biennio di corsa, decisamente sopra il 2%. Con l’obiettivo di piegare la curva del debito dal 158% di quest’anno a un livello poco sopra il 150% a fine periodo.
Nella Nota di aggiornamento troverà spazio anche un primo calendario di utilizzo dei fondi Ue, dal 2021 al 2026, con una tranche sopra i 20 miliardi per il prossimo anno. Dall’incrocio di questi fattori discende anche lo spazio “libero” per le scelte di politica economica aggiuntive rispetto a quelle considerate obbligate, intorno agli 8-10 miliardi nel 2021 e ai 13 nel 2022, da dedicare prima di tutto alle misure su fisco e famiglia.
Ma intorno a questa impalcatura erano partite subito le pressioni dei partiti. Che hanno chiesto rassicurazioni e dettagli su vari capitoli di spesa collegati ai diversi ministeri, dal lavoro alla sanità, dalla cultura alla scuola. E che soprattutto hanno ingaggiato una corsa a intestarsi i progetti di riforma fiscale, su cui la comunicazione politica torna a scaldarsi (ieri sono stati soprattutto i Cinque Stelle a rilanciare il tema) mentre i progetti concreti restano sullo sfondo nel confronto fra il modello tedesco della progressività continua, che incontra i favori maggiori fra Pd e Leu, la riduzione di aliquote portata avanti ormai da un anno da Italia Viva e le richieste M5S. Sulla sanità è tornato ad affacciarsi anche nelle riunioni di ieri il tema eterno del Mef, che nell’ottica del ministero dell’Economia andrebbe utilizzato soprattutto per coprire a tassi più bassi spese già nei tendenziali, mentre per il titolare della Salute Speranza (Leu) dovrebbe invece finanziare il piano di nuovi investimenti in sanità e per i Cinque Stelle continua al momento a rappresentare un tabu politico.
Non è comunque il Salva-Stati il problema clou della Nadef, che se ne occuperà solo di striscio citandolo tra le possibili fonti di risorse (come il Def di aprile).
Mentre tra le variabili con cui fare i conti cresce il peso della curva epidemica in ripresa. Tra le prospettive da valutare c’è anche quello di una possibile nuova forte ondata della pandemia, che indurrebbe a prefigurare anche uno scenario più pessimistico. Come nel Def di aprile.