Occhio alla grattugia, a quel che si gratta, a quel che scende sui maccheroni. Il 7 aprile scorso i carabinieri del Nas hanno sequestrato 5.039 forme di grana impilate e messe a stagionare sugli scaffali di un caseificio di Nogarole Vicentino. Con quel formaggio i Nas sospettano potesse venir giù anche uno sgradevole condimento chiamato aflatossina, un veleno presente in una muffa del mais, dal mais passato alle mucche, da queste al latte e dal latte, infine, al formaggio.
Secondo l’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro l’aflatossina è una micotossina potenzialmente cancerogena capace di procurare il tumore al fegato e ai reni, si ritiene inoltre possa danneggiare il feto nelle donne incinte e modificare il materiale genetico. Dipende dalle quantità ingerite, secondo i regolamenti europei, per essere commestibile il latte deve avere un contenuto di aflatossine non superiore ai 50 nanogrammi per chilo. Non è detto che le forme di grana di Nogarole ne contengano di più, quello che le autorità sanitarie sospettano e che siano derivate da latte mescolato, un tanto di latte buono aggiunto al latte cattivo per abbassare la concentrazione di micotossina e rientrare nel limite dei 50 nanogrammi.
Ad ogni buon conto i Nas hanno posto i sigilli. Non si sa tuttavia quante altre ce ne siano in giro di quelle forme in attesa di essere immesse sul mercato e quanti caseifici sono coinvolti, altri sequestri potrebbero scattare nei prossimi giorni.
Il direttore del Dipartimento di sanità animale e sicurezza alimentare dell’Ulss 4 Fabrizio de Stefani conferma l’allerta, non esclude altri sequestri e avverte che sul caso c’è il segreto istruttorio imposto dalla procura di Vicenza: «Stiamo facendo controlli su tutta la filiera del latte in Veneto, allo stato attuale ogni allarmismo sarebbe eccessivo, stiamo parlando di prodotti caseari ancora stoccati nei magazzini derivati da mucche la cui alimentazione e mungitura risale all’estate scorsa».
Appunto, l’estate scorsa, la più balorda che si ricordi, calda e afosa, umida e arsa insieme. Una serie di choc climatici che hanno stressato il mais padano facendolo crescere male, la pianta è diventata brodo di coltura di micotossine, con la mietitura queste sono finite nelle mangiatoie e dalle mangiatoie fino a noi.
Poiché l’estate del 2015 vale per tutti – tutto il mais padano è stato colpito e tutte le vacche se ne sono alimentate – è difficile pensare che le conseguenze si fermino al caseificio di Nogarole, altri caseifici potrebbero essere coinvolti dentro e fuori i confini regionali, allo stato attuale sono allertate le autorità sanitarie di Lombardia, Emilia Romagna e Piemonte.
Il caso del grana all’aflatossina è partito da un controllo di routine effettuato l’anno scorso su un campione di latte inviato da una latteria di Treviso, il campione aveva un contenuto di aflatossina M1 superiore ai 50 nanogrammi per chilo.
Le analisi si ripetono, la latteria invia una seconda campionatura che non evidenzia anomalie per cui il latte è assegnato al caseificio che ne fa 80 forme di formaggio Breganze e 12 di Grana Padano. Nas a Asl scoprono tuttavia che un eccesso di aflatossina in effetti c’è stato sia pur limitatamente al mese di agosto, è così che il 5 aprile vengono messi i sigilli e le 12 forme di grana vengono avviate alla distruzione.
Passano due giorni, arriva il 7, e scatta il sequestro di queste nuove 5.039 forme di Nogarole per un valore di circa due milioni e mezzo di euro.
dal Corriere del Veneto – 14 aprile 2016