Il caso di scuola si chiama Agea. La vicenda del decentramento dell’Agenzia perle erogazioni in agricoltura sta a dimostrare il fallimento del federalismo pasticcione all’italiana. L’Agea è la struttura del ministero delle Politiche agricole che gestisce materialmente i pagamenti dei contributi comunitari a coltivatori e allevatori. Cinque miliardi di euro passano ogni anno per le mani dei suoi dirigenti. Con una legge approvata nel 2000 si è deciso in pratica di spezzettarla in tante parti quante sono le Regioni e le Province autonome, trasferendo il compito di «organismo pagatore» di quei contributi a piccole «Agea» regionali. Ma da allora ne sono nate, di quelle, soltanto sei e tutte al Nord. Il risultato è che l’Agenzia continua a gestire l’80% delle pratiche.
Anche perché nessuna Regione, dalla Toscana in giù, ha mai lontanamente pensato di dare attuazione a un sistema che la Corte dei conti, in un rapporto di un paio d’anni fa, ha giudicato (senza dirlo esplicitamente) insensata. Intanto perché istituire una Agea regionale costa: e non tutte le Regioni, soprattutto quelle più piccole, se lo possono permettere. E poi perché non si capisce quale dovrebbe essere il vantaggio pratico. Non è un caso che dal 2001 al 2007, anno in cui la riforma « federalista» degli organismi pagatori ha toccato l’apice, gli oneri di gestione dell’Agea «centrale», come ricorda la Corte dei conti, siano rimasti pressoché immutati mentre le sei piccole Agea «locali» rappresentavano un costo sempre più pesante per i contribuenti. Quanto? Almeno 39 milioni, anche a causa dell’inevitabile aumento del personale. Già, perché insieme alle pratiche di pagamento non sono state decentrate anche le persone.
Ai circa 400 dipendenti dell’Agea «centrale» (tanti erano nel 2001, compresi 19 dirigenti) se ne sono aggiunti quindi altri 300 (con 2.S dirigenti) in forza alle agenzie locali: Avepa, Artea, Agrea, Oplo, Arbea e Finpiemonte. Il conto è presto fatto. A fronte di 3.312 beneficiari di contributi che fanno capo a ogni singolo impiegato dell’Agea, la media per gli organismi pagatori regionali di cui sopra calcolata dalla Corte dei conti è di 1360. Il divario è ancora maggiore se si prende in considerazione il numero delle pratiche. All’Agea ne hanno 5.022 pro capite a fronte delle 1669 della media delle sei agenzie locali. E qui veniamo alla follia di oggi. Dicevamo che la riforma è fallita perché i tre quarti delle Regioni non l’hanno messa in pratica.
Però la legge varata nel 2000 è sempre in vigore. Il che comporta tutta una serie di problemi. Alcuni contratti di lavoro, per esempio. L’Agea si trova nell’impossibilità materiale di rinnovare cinque degli otto dirigenti che hanno un ruolo cruciale nella gestione operativa. Sono titolari di incarichi a termine, conferiti loro nella prospettiva dello spezzettamento dell’Agea. Per questo avrebbero dovuto essere rigorosamente temporanei. Ecco il motivo in base al quale, a differenza delle regole vigenti per tutto il resto della dirigenza pubblica, era stata prevista per loro la possibilità, esaurita, di avere tassativamente un solo rinnovo, in attesa ovviamente che il decentramento entrasse a regime.
Peccato che il disegno «federalista» non sia mai stato realizzato. Né mai lo sarà. Il commissario straordinario dell’Agea, Guido Tampieri, ha già fatto sapere di non essere in grado di garantire la piena funzionalità dell’Agenzia dal primo gennaio, quando i contratti di quei dirigenti scadranno. Ma tutte le sue lamentale si sono infrante sul muro eretto dal ministero del Tesoro, contrario a qualunque scappatoia. La legge è legge. Bisognerebbe cambiarla, magari tornando al vecchio vituperato sistema centralista. Ma chi avrà il coraggio, adesso, di fare una cosa del genere?
Sergio Rizzo – Il Corriere della Sera – 30 ottobre 2012
Veneto: Manzato, Agea era dispendiosa. Realizzare organismi regionali
«Dice bene Sergio Rizzo circa Agea: il finto federalismo costa. Io pero’ aggiungo che costa almeno quanto il centralismo, che quasi sempre e’ anche viziato da inefficienze e vere e proprie prevaricazioni”.
L’assessore all’agricoltura del Veneto Franco Manzato rifa’ la storia dell’agenzia nazionale, ”che in origine si chiamava Aima e agli agricoltori, al solo evocarla, si accappona ancora la pelle”.
”Al suo enorme costo – prosegue – si aggiungevano altrettanta inefficienza e capacita’ di errore, causa di sanzioni applicate all’Italia dalla Commissioni Europea per: indebiti, ritardati o mancati pagamenti (a migliaia) agli agricoltori e per mancati recuperi di indebiti pagamenti. In piu’, era impossibile dialogarci per far valere i propri diritti”.
”Concordo sul fatto che l’istituzione degli organismi pagatori regionali costituisce un costo piu’ pesante per i contribuenti – dice ancora l’assessore veneto – ma perche’ questi devono pagare anche lo Stato che mantiene Agea e non viceversa, mentre la stessa Agea, anziche’ decentrare proprio personale, ha aumentato il numero di dipendenti pur diminuendo il lavoro. Ricordo infine che proprio la Corte dei Conti, nella Relazione Speciale 2009 sugli ‘Organismi Pagatori’ in Italia, ha ben analizzato la situazione, richiamando ‘tutte le Regioni al rispetto delle prescrizioni normative in argomento’ e, ‘rimanendo l’attuale situazione di stallo nella realizzazione del disegno normativo volto al completo decentramento delle funzioni di organismo pagatore’, richiamando ‘l’attenzione del Parlamento e del Governo per l’eventuale assunzione di iniziative di competenza”’.
30 ottobre 2012