Il becco appena estratto dal terriccio umido, l’ala un po’ sollevata e la testa piegata indietro quasi a trasmettere la soddisfazione del pasto abbondante. Niente di strano per un airone guardabuoi che ha appena finito di arare un campo alla ricerca di insetti, la pietanza principale del suo pranzo quotidiano. Assolutamente folle se si pensa che la scena è stata registrata ieri pomeriggio nelle campagne trevigiane tra Riese Pio X e Castel di Godego in un periodo dell’anno in cui gli aironi dovrebbero essere in Nord Africa o al massimo, nelle isole del Mediterraneo.
«Di norma in questo periodo gli aironi guardabuoi sono già migrati verso Sud dove è più caldo – spiega l’entomologo Cesare Bellò, consigliere delegato dell’associazione regionale dei produttori ortofrutticoli (Opove) -. Il fatto che siano ancora qui in Veneto significa che gli insetti sono sopravvissuti all’arrivo dell’inverno e questo è un evento del tutto eccezionale». Al pari delle rondini che dovrebbero fare primavera e invece sono ancora qua a zonzo, gli aironi difficilmente restano a queste latitudini oltre il mese di ottobre. E così anche i merli che nell’ultima settimana sono stati sorpresi a fischiare beati come se fosse un qualunque giorno di maggio. «I merli d’inverno non sono una novità assoluta – continua Bellò -, ma non c’è dubbio che questi siano segnali di un cambiamento climatico in corso». Fino a una decina di anni fa infatti gli unici uccelli stanziali erano i pettirossi e gli scriccioli, mentre oggi si possono trovare diverse specie che si pensavano emigrate da tempo. Non solo. Meno di un mese fa, nel giorno di Santo Stefano, lo stesso Bellò ha trovato sulle montagne insetti che passeggiavano e svolazzavano indisturbati a qualche migliaio di metri di altitudine. Tra gli insetti residenti per le vacanze invernali sulla cima del monte Baldo, tra Verona e il Trentino, sono stati trovati nei giorni scorsi anche coleotteri del tipo Meira Mariasilvanae (tra l’altro si tratta di un insetto classificato proprio da Bellò), tipici delle zone temperate. «Basta pensare che questi coleotteri fino a un po’ di tempo fa non si avventuravano oltre la catena degli Appennini preferendo le zone tempa temperature più alte», aggiunge l’entomologo. Le gelate che tradizionalmente sterilizzano il terreno e uccidono gli insetti lasciando in ibernazione le larve che si ravvivano in occasione dell’estate successiva non sono arrivate. Le Meira Mariasilvanae si sono bellamente godute giornate di sole che toccano anche i 20 gradi con minime alte anche durante la notte. Non è un caso se nelle case del Cadore svolazzano ancora le mosche e nelle cantine delle città si vede alle volte qualche zanzara che cerca di prendere il decollo. Naturalmente le zanzare e le mosche non sono al massimo della forma, ma per gli uccelli non hanno perso le proprietà nutritive.
D’altra parte a dare una mano agli aironi guardabuoi – che si chiamano così perché normalmente seguono le mandrie che smuovono le zolle di terra facendo emergere gli insetti – si è messo anche il vento che soffiava a 150 chilometri all’ora. Le raffiche hanno spazzato la neve artificiale sparata sulle piste del Bellunese lasciando la terra nuda e togliendo il riparo a vermi e insetti. Dove non è arrivato il vento le zolle sono state mosse dai trattori che, come di consueto, in questo periodo arano i campi. Le follie del clima comunque non coinvolgono soltanto insetti e uccelli. Con temperature così alte gli agricoltori prevedono il rischio che il radicchio vada in amore , cioé che pensi di essere già in primavera e che inizi la fase di riproduzione. «Comunque non c’è pericolo per i raccolti – rassicura Bellò -. Da anni ormai ci sono alcune aziende agricole venete che selezionano in maniera manuale i cespi di radicchio migliori sulla base di alcuni parametri tra cui la temperatura e mettono in commercio i semi con la genetica più adatta ad affrontare il cambio climatico». Era stata fatta la stessa cosa qualche anno fa quando erano arrivate le gelate improvvise. Verrà fatta anche quest’anno. «Per la qualità del radicchio non c’è da preoccuparsi, i nostri agricoltori hanno un livello di professionalità altissimo», conclude Bellò.
Il Corriere del Veneto – 13 gennaio 2015