L’inverno il lupo non l’ha mai mangiato, dice il proverbio e davvero in queste gelide giornate i problemi si ripresentano sempre gli stessi, anche per i predatori: a Terni nei giorni scorsi una lupa di quattro anni è stata uccisa a fucilate e in Maremma da novembre sono stati uccisi otto animali, tre solo nell’ultima settimana; sono stati presi coi lacci (due erano ibridi, incroci fra lupi e cani), poi sono stati uccisi a bastonate e fucilate e abbandonati per strada, come segno di ammonimento. Atti dimostrativi.
Senza contare che anche in Piemonte, nella val Chisone prima di Natale, sono stati trovati i resti di un lupo e di alcuni esemplari, che erano stati avvistati le settimane scorse, non ci sono più tracce, cosa che lascia interdetti coloro che sanno quanto la convivenza con questo animale sia possibile e necessaria, per salvare la biodiversità e l’equilibrio ecologico, per incrementare il fascino dei luoghi e conseguentemente il turismo.
Brutte storie di odio nei confronti degli animali, di una guerra ancestrale tra predatori e pastori che non vuole finire anche se oggi ce ne sarebbe la possibilità. Si potrebbero usare proiettili di gomma, reti con luci lampeggianti, cani da pastore maremmani (l’«arma bianca»). Son cose che funzionano. È vero, le predazioni crescono, serve un dibattito aperto, il pascolo brado non funziona più e i pastori vanno aiutati. Ma scarseggiano i fondi. Basta però con «al lupo, al lupo», con la folla che aggredisce i «civili» e ti aspetta dietro l’albero.
A Grosseto una manifestazione della Lav ha puntato l’indice contro gli allevatori di pecore. «C’è una vera connivenza implicita – dichiara Giacomo Bottinelli, responsabile della Lav di Grosseto – con la quale si garantisce l’impunità di pericolosi criminali. Ogni anno in Maremma si distribuiscono novemila licenze di caccia senza accurati controlli psicologici. Per non parlare dei quasi 90mila cacciatori in Toscana. Stiamo dando armi letali in mano a evidenti squilibrati senza preoccuparci delle conseguenze».
«La Provincia di Grosseto ha ben presente il problema delle predazioni delle greggi – ha scritto il vicepresidente Marco Sabatini -. Da tempo abbiamo avviato programmi per la tutela del lupo e la salvaguardia degli allevamenti». Come il progetto Ibriwolf e Medwolf che hanno previsto, tra l’altro, l’acquisto di reti elettriche e recinzioni. «Condanno con fermezza chi, violando la legge, si fa giustizia uccidendo i lupi – continua Sabatini -. Ma anche chi, per prendere le difese del lupo, distribuisce pubblicamente e superficialmente offese pesanti nei confronti del territorio, delle persone che vi risiedono e lavorano, delle istituzioni che lo amministrano. In entrambi i casi è violenza gratuita».
Giusto, vanno assistiti pienamente gli allevatori, ma loro devono attrezzarsi tenendo le bestie nei recinti la notte, dotandosi di cani con collare chiodato, per sostenere una lotta altrimenti impari. Il progetto «arma bianca», ad esempio, del Wwf, propone da anni gli ottimi pastori maremmani. Certo, le cose per i margari sono cambiate e dobbiamo difendere gli ultimi lavoratori della montagna: meriterebbe uno stipendio elevato chi vuole salire d’estate a guardare le bestie, forse tanti giovani lo farebbero, imparerebbero volentieri. Sarebbe meno umiliante o faticoso che starsene in qualche call center a rodersi il fegato, o dietro al bancone di un bar.
Ma che sciocchezza è prendersela col lupo. Lui deve rimanere nelle nostre valli, il suo ritorno è simbolo di natura rigenerata: non credete al populismo di chi lo descrive come un malvagio assetato di sangue, non torniamo ai soliti cliché, diffusi dall’alto medioevo o anche solo una manciata di decenni orsono. Ma è un transfert, siamo noi i peggiori nemici della natura.
I proprietari degli ovini: non possiamo andare avanti così. “Se non vengono rinchiusi faranno tutti la stessa fine”
Stefano Rizzato. Chiunque sia, il giustiziere misterioso della Maremma, vendicatore di pecore e uccisore di lupi, ha prima di tutto commesso un reato. E rischia tra i quattro mesi e i due anni di carcere. Nel frattempo, si è attirato le simpatie – neppure troppo nascoste – di tanti allevatori della zona.
Gli stessi che da mesi protestano per gli attacchi in serie sui loro animali e che forse sono arrivati al punto da imbracciare le armi e provare a risolversela da soli. Il serial killer dei lupi potrebbe essere proprio un allevatore con la passione della caccia: non una rarità per una zona – quella del Grossetano – dove si pascolano ovini, si produce ottimo vino e da sempre va forte anche il tiro al cinghiale.
«Io a caccia non ci vado e le posso dire sono una cosa: non si può andare avanti così. I lupi qui non devono stare», taglia corto Dino Bellini, titolare a Batignano di un allevamento di circa 400 ovini. Qualche chilometro più a sud, a Scansano, c’è la fattoria di Piera Senette, che con il marito gestisce un gregge da 450 pecore. Tra agosto e settembre si è ritrovata con circa trenta animali uccisi, ma non è tra chi augura ai lupi di fare la stessa fine. «Non è che non li vogliamo, ma dovrebbero essere chiusi in un posto loro, perché è ovvio che cerchino da mangiare: è la natura».
In difesa della categoria, si prodiga da mesi Enrico Rabazzi, presidente della Cia di Grosseto. Che venerdì ha rilanciato: «Basta con la demagogia. Servono interventi seri e urgenti per porre fine a questo massacro delle greggi. La domanda è come mai la gente sia costretta a fare giustizia da sola». Tra le righe dell’ultimo comunicato, anche una provocazione: istituire “una tassa di scopo” per bilanciare le perdite causate da lupi e ibridi.
Proprio nella distinzione tra lupi e ibridi è in fondo la chiave della questione. Sono loro, gli incroci tra cani e lupi, ad avere meno paura dell’uomo e – in gran parte dei casi – a essere i veri responsabili degli attacchi. Quando si riesce a catturarli, vengono tenuti nei canili, a spese dei Comuni. E così qualcuno ha suggerito un approccio diverso: sopprimerli. «È una proposta che condivido», dice il presidente della Provincia di Grosseto Leonardo Marras. «Per quanto ne dicano gli animalisti, sono animali che nessuno adotta e che è dannoso rimettere in libertà. I comuni, per non doversi accollare costi insostenibili, spesso non li catturano proprio. E ora bisogna dare un segnale chiaro di fronte al malessere degli allevatori».
Difficile però che la proposta porti a qualcosa. Per le proteste degli animalisti, che già si sono schierati in difesa di lupi e ibridi, senza distinzioni. E anche perché a regolare la questione c’è la legge nazionale del 1991. «Non c’è una vera ragione di cambiarla», sostiene Enrico Loretti, veterinario dell’Asl di Firenze che monitora il randagismo per conto della Regione. «I dati e le esperienze di altri Paesi mostrano che la soppressione è una strategia perdente. Certo, i canili costano tanto ai comuni: qui in Toscana tra i quattro e gli otto euro al giorno per animale. Ma per prevenire i danni causati dai lupi ibridi, serve prima di tutto che i proprietari di cani facciano più attenzione».
La Stampa – 5 gennaio 2014