Alimenti: micotossine, ma è solo un problema di tolleranza?
Le micotossine negli alimenti e nei cereali in genere, rappresentano un problema che persiste da anni, e che è molto sentito in quanto va a toccare la salute pubblica.
Negli anni scorsi il legislatore comunitario è intervenuto diverse volte con norme specifiche in materia, come nel 2006 col regolamento CE 1881, modificato nel 2007, che definivano i tenori massimi di contaminazione da aflatossine e il regolamento CE n.1126, e numero 165 del 2010. Nel corso degli anni, col susseguirsi dei cambiamenti climatici a livello globale, per alcune sostanze si è ritenuto di dover aumentare i limiti di tolleranza di presenza di questi elementi, mantenendo il tenore dei contaminanti ad un livello accettabile, sul piano tossicologico per la tutela della sicurezza alimentare e la salute pubblica. Sono stati l’introdotti dei limiti comuni, per la grande difformità legislativa che esisteva tra i vari Stati membri, per evitare distorsioni della concorrenza dei mercati, salvaguardandone l’unitarietà, nel rispetto del principio di proporzionalità. Si è tenuto conto anche dei rischi per la salute pubblica, associati al consumo di certi alimenti. Il 2012 per l’agricoltura padana, è stata una tragedia, soprattutto per quanto riguarda la produzione di mais, che rappresenta un’ingente produzione in questa zona. Il mais è stato attaccato ancoro più del solito, a causa della siccità dell’estate 2012 dalle aflatossine. Le variazioni climatiche a livello globale, interessano sempre di più anche l’Italia, di conseguenza aumentano anche i problemi legati al cambiamento. Le aflatossine, sono micotossine, prodotte da una specie fungina, ascomiceti o muffe, che attecchiscono in climi umidi e riscaldati, le spore prodotte sono pericolose se ingerite o inalate in elevate percentuali, tanto da essere tossiche e addirittura cancerogene. I cerali, gli arachidi, frutta secca, riso, fichi, oli vegetali e granoturco, sono soggetti a contaminazione, che può avvenire sia prima che dopo i raccolti. Mentre la Ue ha stabilito i limiti di tolleranza, e parametri contenuti nei prodotti agricoli e negli alimenti, entro il quale il prodotto è considerato o meno vendibile sul mercato, Paesi extra Ue hanno altre regole. I limiti sono differenti nel resto del mondo, negli USA ad esempio, il limite tollerato è molto più alto rispetto all’Europa, perciò c’è una differenza che colpisce le produzioni, degli agricoltori europei, rispetto a quelli mediterranei, ed extraeuropei. Si scontrano due principi fondamentali: la tutela della nostra agricoltura, la salute alimentare dei consumatori.
(AGENPARL) – Roma, 14 febbraio 2013