A novembre l’incremento è stato dello 0,1% rispetto a ottobre. Dal 2010 al 2013, a causa dell’inflazione, sono stati persi sei punti percentuali in termini di potere d’acquisto. Nel 2014 il calo si ridurrà per la dinamica dei prezzi. L’aumento delle retribuzioni contrattuali corre verso un triste record: a meno di impennate nell’ultimo mese dell’anno, decisamente improbabili, nel 2014 la crescita sarà la più bassa dal 1982, anno di inizio delle serie storiche dell’Istat. A novembre, infatti, l’incremento è stato dell’1,1 per cento e se a dicembre non accade qualcosa di nuovo i dodici mesi si chiuderanno con un +1,3 per cento. Lascia poco spazio all’ottimismo, la fotografia dell’istituto di statistica. I sindacati parlano di dati allarmanti, anche se, in realtà, sono mitigati da un’inflazione che viaggia a ritmo lentissimo. I prezzi, sostanzialmente fermi, hanno di fatto evitato la capitolazione del potere d’acquisto.
Gli statali penalizzati
Sempre dai dati dell’Istat viene fuori un recupero della capacità di spesa dei lavoratori nell’ultimo anno. Un rialzo che però avrà effetti limitati sui dipendenti pubblici, colpiti dal blocco della contrattazione. Finora il congelamento degli stipendi agli statali è costato 5,4 punti percentuali. E il 2015 non parte sotto i migliori auspici, visto le previsioni di proroga dello stop. Diversa, invece, la situazione nel privato, dove il potere d’acquisto risulta in crescita, anche se lieve (+0,3 punti percentuali), sempre in virtù della frenata dei prezzi che ha caratterizzato tutto il 2014.
Chi sale e chi scende
I settori che a novembre hanno presentato gli incrementi tendenziali maggiori sono le telecomunicazioni (3,5%), l’agricoltura (3,1%), l’industria della gomma, della plastica e della lavorazione dei minerali non metalliferi (3%).
Sette milioni in attesa
Sulla crescita anemica delle retribuzioni contrattuali, a pesare di più, è dunque il comparto della Pubblica Amministrazione, con quindici contratti al palo, per un totale di 2,9 milioni di lavoratori. Ma non ci sono solo gli statali: in attesa di rinnovo, infatti, restano 7,2 milioni di persone, oltre la metà del personale sotto contratto collettivo. Per la precisione, il 55,6%. L’attesa del rinnovo per i lavoratori con il contratto scaduto è in media di 36,3 mesi per l’insieme dei dipendenti e di 20,8 mesi per quelli del settore privato.
I timori dei sindacati
«Ancora una volta viene riconfermato il dato negativo sulla crescita delle retribuzioni contrattuali che non si registrava dal 1982. È allarmante, in tal senso, che il 55,6% dei dipendenti non abbia un rinnovo del contratto, scaduto in media da 36 mesi», dice il segretario conferderale della Uil Antonio Foccillo. Per il sindacalista «è inaccettabile, vista la situazione economica del Paese, far ricadere la crisi sempre e solo sui lavoratori che continuano a pagare in termini di occupazione, di tassazione e di potere di acquisto, quest’ultimo sempre più in calo».
Giuseppe Bottero – La Stampa – 20 dicembre 2014