Il Corriere del Veneto. Solo venerdì scorso l’indice di contagio (il cosiddetto «Rt») calcolato dall’Istituto Superiore di Sanità indicava un’impennata, in Veneto, da 0,97 a 1,08. E lo scenario peggiore ipotizzava un balzo a 1,30 qualora contagi e ricoveri fossero ulteriormente aumentati nel giro di 7-10 giorni (l’ingresso in zona rossa è fissato a 1,25). Ma già oggi la realtà sarebbe persino peggiore: se l’Iss, infatti, fotografa la situazione di una settimana prima, secondo i calcoli effettuati sabato dal professor Roberto Battiston, ordinario di Fisica all’Università di Trento, la regione avrebbe raggiunto un Rt di 1,34. Teoricamente, un disastro. Perché quel dato significherebbe un’imminente, ulteriore pressione sugli ospedali ed altre morti, oltre alle 10 mila vite già perdute (soglia superata proprio ieri). «C’è stato un aumento nettissimo negli ultimi dieci giorni, molto probabilmente a a causa delle varianti. Quella inglese, ormai, incide fra il 30 e il 40% e si diffonde molto rapidamente anche fra i giovani», afferma il professor Battiston.
Tuttavia l’ingresso in zona arancione (per almeno due settimane) potrebbe essere stato provvidenziale, così come la massiccia campagna di tamponi e il contenimento degli «infetti attivi», vale dire gli attualmente positivi al Covid, ieri 29.402 secondo il bollettino divulgato nel pomeriggio da Azienda Zero. «Rispetto ad altre Regioni, la riduzione degli infetti attivi ha portato dei benefici al Veneto – spiega il fisico – e qualche margine di manovra c’è, visto che la zona arancione ha dimostrato di funzionare egregiamente. Specie se gestita con controlli efficaci».
Certo, ora più che mai è fondamentare il rispetto certosino delle regole sanitarie, dall’uso corretto delle mascherine al distanziamento sociale. «Ma la combinazione arancio-tamponi è essenziale per piegare l’indice di contagio, anche se tamponare tanto non ci consente comunque di scovare tutti gli infettati».
La «fotografia» scattata da Battiston attraverso gli studi condotti in questi mesi mostra chiaramente quanto abbiano inciso le restrizioni e il loro successivo allentamento: «La tendenza è chiara: in autunno il Veneto è andato bene fino all’ultimo dell’anno, quando la curva si è piegata proprio grazie alle chiusure. Con l’arancio – spiega il docente – l’Rt era calato a 0,5 ed è rimasto a quel livello fino a pochi giorni dopo il ritorno in zona gialla. Dopo 7-9 giorni siamo risaliti a 0,8 e la situazione si è mantenuta più o meno stabile fino al termine di febbraio. Dopodiché l’indice di contagio è schizzato a 1,34: un aumento estremamente veloce».
Gli effetti potrebbero vedersi nel corso della settimana, tuttalpiù all’inizio della prossima. C’è solo da sperare che la zona arancione argini l’impennata di casi. «Non c’è niente da fare, in una situazione del genere il giallo non è una condizione di contenimento. Il rosso o l’arancione servono per riportare l’Rt sotto quota 1 in attesa dell’immunità di gregge».
Restrizioni dolorose, certo, soprattutto per le attività economiche costrette – di fatto – a chiudere o quasi. Ma necessarie in attesa della campagna vaccinale di massa. Ma quali scenari ci aspettano da qui ai prossimi mesi? Uno studio condotto dell’«Institute for Health Metrics and Evaluation» (Ihme), organizzazione fondata da Bill Gates, ipotizza per l’Italia un crollo di mortalità entro giugno, con meno di 50 vittime ogni 24 ore. In que periodo le vaccinazioni dovrebbero procedere speditamente. Una prospettiva attendibile? «A livello teorico è possibile – dice il professor Battiston – ma se anziché 100 dosi ne hai a disposizione 50 ogni prospettiva rischia di sballare. I vaccini sono la nostra Ferrari».
Nel frattempo l’unico modo per evitare un potenziale disastro sarebbero proprio le restrizioni. In questo senso Battiston ritiene giuste le chiusure delle scuole disposte ieri dalla giunta Zaia nelle zone del Veneto, come l’Alta Padovana e l’Asolano, a più alta incidenza di contagi. «È giusto perché i giovani, a causa delle varianti, sono divenuti il veicolo di maggiore diffusione del virus», sostiene.