Allarme per la sanità italiana che in molte Regioni rischia di perdere a breve funzioni e servizi. Per i dirgenti Ssn pensioni più leggere e per i precari nessuna prospettiva
A lanciarlo è l’Anaao Assomed che stigmatizza il sollievo manifestato dai politici e parte dell’opinione pubblica per il fatto che la sanità non è stata toccata dalla manovra economica del Governo Monti. Secondo l’Associazione, invece, la sanità è stata risparmiata solo in apparenza. Bisogna infatti tener conto dei ripetuti tagli lineari dei tre anni precedenti che, con i 5,5 miliardi già fissati per il 2014, porteranno complessivamente 25 miliardi di risorse in meno per il Ssn.
Questo significa secondo il sindacato che presto tutte le Regioni, rispetto a un fabbisogno destinato a rinnovarsi e a crescere per motivi epidemiologici e demografici, avranno i conti in deficit e saranno impossibilitate a garantire i Lea.
«Inoltre le manovre economiche e gli ultimi provvedimenti legislativi che hanno colpito il pubblico impiego, ignorando la specificità della sanità e che curare un malato è diverso da assolvere una pratica amministrativa, hanno colpito anche i medici e i dirigenti sanitari del Ssn determinando progressivi vuoti delle dotazioni organiche», scrive l’Anaao in un comunicato.
«Le condizioni di lavoro in molte Regioni – prosegue – sono diventate insostenibili. Si contano milioni di ore di lavoro aggiuntivo non retribuito a fronte di retribuzioni bloccate e impoverite, contratti di lavoro rinnegati e stravolti, precarizzazione e demansionamento degli incarichi dirigenziali, autonomia professionale sub iudice dei direttori generali delle aziende sanitarie. E ora l’ennesimo colpo alla categoria con l’abolizione delle pensioni di anzianità che costringerà migliaia di medici sempre più anziani ad affrontare turni di lavoro nei reparti di degenza, nei pronto soccorso, nelle sale operatorie e nelle terapie intensive, con buona pace dei 10 mila medici che attendono ancora di uscire dal tunnel del lavoro precario. Chiediamo al nuovo Governo – conclude – di prestare maggiore attenzione ai problemi della sanità pubblica e di tutelare un Ssn che fino ad oggi ha garantito tra le più alte aspettative di vita del mondo occidentale ai costi più contenuti».
«Ancora una volta si colpiscono i medici delle classi di età più avanzate e quindi soggetti a maggior disagio lavorativo allontanando di qualche anno la possibilità di andare in pensione. A questo si aggiunge una patrimoniale nascosta dietro il notevole aumento delle tasse sulla casa che rappresenta per molti medici la principale forma di risparmio familiare, risparmio ottenuto con lunghi anni di sacrifici». Questa la reazione alla manovra del presidente Cimo-Asmd Riccardo Cassi.
Cassi si augura «che alcune norme possano essere rimodulate ma soprattutto che finita questa stagione di emergenza si possa cominciare ad affrontare i problemi del lavoro del medico per la cui soluzione Cimo si sta battendo da tempo (riforme della colpa, carriere premianti, riapertura della stagione contrattuale con norme specifiche sulla professione, deburacratizzazione ecc.). Altrimenti tutti i sacrifici imposti in questi due anni ai medici del SSN saranno inutili».
«Cimo si impegna – conclude Cassi – a mobilitare le categorie a difesa delle giuste rivendicazioni di professionisti che tutelano un bene primario come la salute. Abbiamo già dato e non ci siamo mai tirati indietro di fronte ai sacrifici disposti per salvare il Paese, ma adesso esigiamo Riforme che recuperino il ruolo centrale del medico a partire dalla fine del precariato e dei blocchi alle assunzioni».
La manovra secondo la Fp Cgil medici obbliga i medici ad andare in pensione più tardi – da un minimo di 66 anni ad un massimo di 70 – allontanando la stabilizzazione di circo 10mila precari in costante crescita, senza destinare nessuna risorsa risparmiata per le loro tutele.
I medici infatti avranno pensioni più leggere per l’applicazione del contributivo per tutti dal 2012.
Abolita la pensione di anzianità con 40 anni di contributi, speiga la Fp Cgil, gli uomini che raggiungono i 42 anni e 1 mese di contributi ( + 2 mesi nel 2013 e +3 mesi dal 2014), 41 e un mese per le donne (con le medesime aggiunte per il 2013 e il 2014), potranno andare in pensione anticipata ma con un taglio del 2% della quota retributiva per ogni anno inferiore ai 62.
C’è inoltre da aggiungere dal 2013 l’aggiornamento per la speranza di vita che sarà di altri tre mesi in più e così via con periodicità biennale in base ai dati Istat.
«Una ulteriore beffa – commenta Massimo Cozza, segretario nazionale del sindacato – per chi aveva riscattato a caro prezzo anni di laurea e di specializzazione per raggiungere i 18 anni di contributi nel
1995 con il fine, in parte vanificato, di avere la pensione calcolata interamente con il sistema retributivo. E’ un capolavoro d’iniquità – continua – con il quale si allungano i tempi e si diminuisce l’importo delle pensioni, e contemporaneamente si blocca nei fatti ulteriormente l’ingresso dei giovani e dei precari e i risparmi non sono utilizzati per rafforzare i loro diritti ma solo per fare cassa».
«Manovra iniqua e indegna» la giudica Biagio Papotto, segretario generale Cisl medici. «I medici hanno già dato – prosegue – ,con il prelievo forzoso di solidarietà del 5% e 10% sulle retribuzioni superiori a 90mila e 150mila euro solo per i dipendenti pubblici, blocco del turn over, blocco dei contratti, sottofinanziamento del Ssn, ticket ecc. Questo Governo ha voluto fare cassa sulle pensioni dei lavoratori, allungando gli anni di contribuzione a 42 per gli uomini e a 41 per le donne o all’età di 66 anni, quando il nostro sistema pensionistico, dopo le ultime riforme, funziona e i conti sono in regola».
«E’ iniziato lo scippo dei riscatti di laurea – aggiunge Papotto – specializzazione e dottorati di ricerca pagati dai medici, allungando gli anni di contribuzione. Attiveremo, a questo punto, tutte le forme legali per riprenderci la possibilità di farsi rimborsare i soldi versati con relativa rivalutazione per chi ha pagato gli anni di riscatto. Questa manovra che continua a non tassare alcune categorie e la politica, se non subirà serie modifiche, porterà sicuramente verso la recessione. La politica con la “P” maiuscola – conclude – che si è fatta ingessare, riprenda in mano la gestione».
Sanita.ilsole24ore.com – 7 dicembre 2011