Marco Bresolin. La bassa produttività e l’alta disoccupazione. La mole di crediti deteriorati e il rallentamento delle riforme. La crescita al rallentatore. Ma soprattutto l’elevato livello del debito pubblico. Per l’Ue, l’Italia è uno dei tre Paesi con «squilibri macroeconomici eccessivi». Gli altri sono Cipro e Croazia.
Il quadro – ben poco edificante – emerge dal rapporto invernale della Commissione. Un documento di oltre 70 pagine nel quale Bruxelles segnala anche un rischio-contagio: se non “curati” a dovere, i problemi dell’Italia potrebbero espandersi all’intera Eurozona. Ecco perché l’attenzione oltreconfine sulle prossime mosse è massima.
Un avvertimento ai partiti che si apprestano a governare? Sì, anche se indirettamente. Il rapporto diffuso ieri non è certamente un atto eccezionale: era previsto da novembre ed è stato redatto prima del voto (anche se a Bruxelles hanno evitato di pubblicarlo durante la campagna elettorale). Al di là delle scelte di calendario, il report fotografa con chiarezza una situazione che dovrà essere tenuta ben in considerazione da chi aspira a mettere piede nella stanza dei bottoni. Perché è vero che la crescita si è rafforzata negli ultimi mesi, «ma è ancora sotto la media europea» ha sottolineato Valdis Dombrovskis, vicepresidente della Commissione Ue. I dati Eurostat diffusi proprio ieri dicono che nell’ultimo trimestre del 2017 il Pil italiano è cresciuto soltanto dello 0,3% (la media Ue è +0,6%). Per trovare un dato peggiore bisogna andare in Grecia o in Croazia (+0,1%). Per questo restano molte sfide da affrontare.
Il debito non scende
Quella del debito pubblico, innanzitutto. Che «si stabilizza ma ancora non ha imboccato un percorso di ferma discesa a causa del deteriorarsi del deficit strutturale». Quest’ultimo è il parametro che potrebbe portare alla richiesta di una manovra aggiuntiva a maggio. La Commissione ha confermato ieri che tra due mesi arriverà il giudizio sui conti italiani, accompagnati da un nuovo rapporto sul debito. Ma il protrarsi dei negoziati per la formazione di un governo rischia di far cadere nel vuoto la richiesta di correzione.
A Bruxelles non si aspettano grandi novità nel Def che il governo presenterà ad aprile. Perché probabilmente toccherà all’esecutivo attualmente in carica, dunque in scadenza. «In casi come questi – conferma Dombrovskis – accettiamo documenti a politiche invariate». Dopodiché «vedremo il processo di formazione del governo e quale direzione politica prenderà».
Nel report di ieri, comunque, ci sono anche alcune luci accanto alle ombre. Perché è vero che permangono «squilibri eccessivi», ma è anche vero che negli ultimi anni si sono ridotti. Questo grazie a «una combinazione di riforme, condizioni economiche favorevoli e riduzione dei rischi nel settore bancario». La spinta alle riforme «è un po’ rallentata, ma qualche progresso è stato fatto».
Per quanto riguarda i crediti deteriorati, Bruxelles nota che «lo stock di Npl ha cominciato a scendere». Non basta, però, perché il fardello continua a pesare «sulle necessità di capitali, sui profitti e sulle politiche di credito delle banche». Le pressioni dei mercati sul settore – viene infine rilevato – si sono ridotte dopo gli interventi che il governo ha fatto lo scorso anno sulle banche in difficoltà. Ma è necessario smaltire le sofferenze ed evitare accumuli futuri.
La Stampa – 8 marzo 2018