Il tempo per prepararsi è scaduto e i ristoratori veneti sono pronti a partire. Ma a modo loro. Entra in vigore da oggi il regolamento europeo che prevede l’obbligo di inserire nei menù, piatto per piatto, l’eventuale presenza di allergeni. Uova, arachidi, senape, molluschi, crostacei, latte, glutine, tanto per citarne alcuni tra i più comuni ma l’elenco stilato dall’Unione europea ne comprende (finora) 14 e sembra destinato a salire.
Un’operazione troppo onerosa per i ristoratori, sostiene Confcommercio veneto. Che ha dato indicazione ai suoi iscritti di recepire la direttiva europea riadattandola in chiave «regionale».
Cosa vuol dire? Niente «foglietto» inserito nel menù, o comunque non per obbligo. L’ordine di scuderia è continuare a comunicare a voce. A fissare la linea ci hanno pensato ieri Massimo Zanon, presidente di Confcommercio Veneto, ed Edi Sommariva, consigliere delegato. «Abbiamo chiesto più volte chiarezza a Roma sulle procedure, abbiamo segnalato più volte le difficoltà aggiuntive che questo tipo di direttiva avrebbero comportato ai nostri associati – dice Sommariva – le risposte non sono arrivate. Ora facciamo a modo nostro». E così Confcommercio ha preparato un documento che i ristoratori potranno scaricare in internet per poi compilarlo e tenerlo nelle cucine. «Quella diventerà l’agenda degli allergeni di ogni locale – continua Sommariva – e si aggiornerà ad ogni cambiamento di piatto». Ovviamente i camerieri e il personale saranno tenuti a conoscerla a memoria e a rispondere nei dettagli nel caso in cui il cliente lo richieda. In caso contrario? Silenzio assenso.
La campagna parte da molto lontano e Confcommercio da tempo chiede chiarezza sui tempi e sugli applicativi. «L’idea potrebbe essere quella di mettere cartelli in diverse lingue nei ristoranti per dare la possibilità ai clienti di informarsi ma dev’esserci la possibilità dell’informativa orale. Chiediamo un decreto urgente dalla presidenza del Consiglio e dai ministeri dello Sviluppo Economico e della Salute» aveva detto un mese fa Massimo Zanon. Ma il decreto non è arrivato. E così il Veneto fa di testa sua. «E’ uno schiaffo alla dignità dell’impresa e di chi tiene in piedi questo paese – dice Zanon – le imprese non hanno ricevuto alcuna istruzione, quindi ci abbiamo pensato noi».
Perché secondo i ristoratori è così complicato aggiornare i menù? L’esempio più comune riguarda gli ingredienti dei panini. «Non si usano sempre gli stessi fornitori – dice Sommariva – dovremmo cambiare menù ad ogni cambio di fornitore?».
Allo stato attuale, però, c’è solo il regolamento europeo. Che non ha avuto un decreto attuativo in Italia. E che non prevede dunque, almeno per il momento, sanzioni ad hoc per i ristoratori che non modificheranno i menù. O meglio prevede le stesse che vengono applicate nel caso di mancata (o errata) etichettatura dei prodotti industriali. «Non è possibile che la sanzione sia la stessa – dice Sommariva – contesteremo le sanzioni».
Non tutti, però, sono d’accordo sul «no» alle modifiche dei menù. «Se ragionassi da consumatore vorrei l’elenco per tutelare meglio la mia salute. Ma anche ragionando da esercente è l’unico modo per tutelarmi giuridicamente – dice Lorenzo Miozzi, presidente del Movimento Consumatori e titolare dell’Officina del gusto, un ristorante di Mestre – Se il ristorante ha chiara la sua filiera ci mette poco. A questo punto mi viene il dubbio che la frenata nasconda poca chiarezza. E dico ai consumatori: andate solo nei ristoranti in cui trovate la lista degli allergeni».
Chi boicotta, chi cede «Ci adegueremo» Combattivi e legalisti, i ristoratori si dividono «Ma diteci che fare, manco quello è chiaro»
PADOVA Il cameriere saluta il cliente col sorriso affabile di chi sta per dar da mangiare all’affamato. «Prego, si accomodi, volete i menù?». Lui sposta la sedia, lei si accomoda e fa un cenno di sì col capo. Ed ecco, sul tavolo piomba un libro spesso come una bibbia. «Scusateci, ma abbiamo dovuto aggiungere gli allergeni». È quanto potrebbe capitarvi da oggi a mezzogiorno se qualcuno dei ristoratori veneti deciderà di adeguarsi alle norme Ue.
Uno scenario, invero, più ipotetico che reale. Considerato che tra chi brontola e attende, chi accetta la normativa e improvvisa qualche foglio scritto a mano e chi dichiara apertamente di boicottarla nei fatti quasi nessun ristoratore ha già cambiato i menù. «Mica avveleniamo i clienti: avvisiamo da anni se ci sono allergeni», ripetono tutti i ristoratori. Sarà pur vero. Ma l’euroburocrazia ha deciso che non basta più. E in attesa di un decreto che cambi le regole, con lo spettro che alla porta bussi qualche pubblico ufficiale pronto a cavillare per staccare una multa, c’è già chi annuncia il boicottaggio. È Raffaele Alajmo delle Calandre di Rubano, nel Padovano. «Noi spieghiamo a tutto il nostro personale la composizione di ogni piatto e la comunichiamo verbalmente ai clienti – spiega – Continueremo ad agire così, come fanno in altri stati europei. Non aggiungeremo fogli, non vogliamo trasformare il nostro menù nella ricetta di un farmaco. Norme come queste sono tafazziane».
Sullo stesso fronte della trincea anche Egidio Fior dell’omonimo ristorante di Castelfranco Veneto. «Ne ho parlato anche con Gigetto: noi al momento restiamo fermi, andiamo avanti come sempre. Non ha senso proporre un vocabolario ai nostri clienti. E poi: volete che perdiamo anche la poesia del famoso ingrediente segreto del cuoco?».
C’è però anche la schiera di chi costruirà una nuova mensola, in cucina, dove accatastare block notes e penne per far scrivere i cuochi. Ad Arquà Petrarca, ad esempio, Giorgio Borin della Montanella, ristorante noto per la propria cucina dedicata ai malati di cuore grazie a ricette elaborate con l’Usl locale, scuote la testa. «Ci adegueremo, certo. Ma non sappiamo come muoverci, c’è tanta confusione». Mal comune, mezzo gaudio. È lo stesso parere che ha Matteo Rizzo, titolare del Desco, a Verona. «Scriveremo una appendice ai nostri menù, di sicuro non sarà una bibbia. Ma, per favore: spiegateci esattamente cosa dobbiamo fare». Si accoda da Cortina Graziano Presti del Tivoli. «Non abbiamo ancora preparato nulla, ma ci adegueremo», scuote la testa. «Peccato, però: rovineremo la fluidità e la bellezza dei menù. La sensazione è che attacchino certe categorie rispetto ad altre».
Eppure anche tra i ristoratori c’è chi sostiene che sì, la normativa è giusta e va applicata. È il caso di Pierluigi Portinari, della Peca di Lonigo, nel Vicentino. «Ero a cena fuori, una sera, e il cameriere non sapeva che c’era della farina in una salsa – racconta – Ebbene, una mia amica celiaca è stata male tutta la notte. Per colpa del lassismo di certi ristoratori ora paghiamo tutti, una norma di questo genere servirà a sanare quel sottobosco che non ha rispetto delle allergie dei clienti».
Infine, nel turbinio della novità finiranno anche altre categorie: pasticcerie, kebab, gastronomie, mense. Ma per loro sarà tutto più semplice. «E’ normale avere la lista degli ingredienti esposta – sintetizzano dalla pasticceria Zizzola di Resana, nel Trevigiano – Come sempre, prima o poi ci si abitua a tutto».
Il Corriere del Veneto – 13 dicembre 2014