È tornato l’allarme rosso per gli allevamenti bovini e per le attività collegate, dalla mangimistica, alla macellazione, ai trasporti. Con l’aggravante rispetto al passato, che sta diventando sempre più forte la concorrenza delle carni che provengono dai Paesi dell’Est Europa, entrati nell’Unione Europea, che, con gli interrogativi sulle esportazioni in Russia, stanno dirottando i loro traffici verso gli altri Paesi e in particolare l’Italia.
«Puntano sull’Italia», afferma Carlo Vicentini, amministratore delegato della Vicentini Carni di Engazzà di Salizzole «perché, i costi delle carni da noi sono alti e si riflettono sui prezzi che quindi per loro diventano altamente remunerativi».
Il Paese da monitorare maggiormente, come già avviene anche per l’ortofrutta, è la Polonia che ha le condizioni per produrre a pari qualità dell’Italia (e Verona è in prima fila) e a costi decisamente più bassi. Ma ci sono anche altri paesi, come Ungheria, Repubblica Ceca e Bulgaria.
A questa ulteriore concorrenza (escludendo quella dell’America del Sud e degli Usa, che hanno altri tipi di carne, diversa da quella dei gusti italiani) si aggiunge, inoltre, il crollo, dopo una brevissima ripresa, dei consumi.
«Gli italiani», dichiara Vicentini, «hanno ridotto drasticamente il loro consumo di carne bovina e i nostri costi, per produrre qualità indubbiamente superiore, ci impediscono di poter esportare, esclusione fatta per quote modeste in Grecia e Croazia, e per i sottoprodotti, che vanno anche in Cina».
I conti per macelli e commerciale tutto sommato tengono. «Anche perché a Verona siamo in pochi relativamente grandi (in prima fila anche Bencarni, Lanza e Olivieri ndr)e ci siamo divisi il lavoro. E perché riusciamo a lavorare con le maggiori catene di supermercati, ma anche con i macellai tradizionali (ancora molto diffusi al Centro Sud), che pretendono qualità, garanzia, con la tracciabilità completa. Ma concorrenza straniera e calo dei consumi stanno compromettendo il patrimonio costituito dai produttori veronesi delle migliori razze».
Vicentini porta l’esempio della sua realtà aziendale, costituita da 19 allevamenti (metà in proprietà e gli altri in soccida) che hanno dovuto rallentare la produzione, alla pari dei fornitori di alimenti provenienti da aziende a cereali del Veronese prevalentemente (Cologna Veneta ad Albaredo a Veronella) e dal Mantovano. «Per gli allevamenti», precisa Vicentini «è veramente dura e il ridimensionamento dell’attività non è più fatto stagionale , ma una costante con pregiudizio per le imprese e per l’occupazione. Il 2014 per la nostra agricoltura, pensiamo alla frutta e all’uva, è da dimenticare e le speranze di ripresa sono proprio poche».
L’Arena – 7 settembre 2014