Al via i piani triennali anticorruzione nella Pa. Il comitato interministeriale di cui fanno parte i ministri Patroni Griffi, Cancellieri e Severino ha approvato le linee guida per la predisposizione del piano nazionale anticorruzione che ciascuna amministrazione dovrà tradurre in pratica nei piani triennali. Le linee guida spiegano quali sono i contenuti minimi che le Pa dovranno avere cura di inserire nei piani, partendo proprio dalle attività più esposte a rischio corruzione: autorizzazioni, concessioni, procedure di scelta del contraente nell’affidamento di lavori, forniture e servizi, concessione di sovvenzioni, contributi, sussidi, concorsi e prove selettive per l’assunzione di personale.
Le misure individuate per ridurre il rischio di fenomeni corruttivi prevedono la necessità di introdurre adeguate forme di controllo interno, ma soprattutto la rotazione del personale in modo da evitare il consolidamento di «pericolose forme di privilegio nella gestione diretta di certe attività».
I funzionari, insomma, non dovranno occuparsi per troppo tempo delle stesse pratiche. Le denunce dei dipendenti (cosiddetto whistleblowing) dovranno essere tenute in debito conto e bisognerà assicurare ai denuncianti adeguate forme di tutela. In caso di violazione dei doveri di comportamento dovrà scattare la responsabilità disciplinare.
I dipendenti dovranno conoscere bene i contenuti del piano triennale anticorruzione che dovrà essere sottoposto alla loro attenzione sia all’atto dell’assunzione sia successivamente con cadenza periodica.
Nei comuni sarà il sindaco a nominare il responsabile della prevenzione della corruzione, salvo che l’ente decida che la competenza spetta alla giunta o al consiglio. Lo ha deciso la Civit con delibera n. 15 del 13 marzo. (ItaliaOggi)
Anticorruzione PA: Comuni ed enti adottano i piani entro il 31 marzo
da LeggiOggi – 18 marzo 2013
Entro il 31 marzo gli enti locali dovranno approvare il piano per la prevenzione della corruzione, facendo fede soprattutto alle linee – guida approvate dal Comitato interministeriale per la creazione del Piano nazionale che risalgono al 12 marzo. La legge 190/2012 identifica come premessa per l’acquisizione dello strumento preventivo della corruzione da parte degli enti locali (ma anche da parte delle amministrazioni pubbliche) proprio le linee – guida, in virtù delle quali i Comuni e le Province hanno adesso la facoltà di regolare il proprio piano in base ad una struttura essenziale.
Le linee fornite dal Comitato interministeriale contribuiscono a dare un nuovo impulso rivolto all’assunzione in tempi brevi dei piani triennali, che devono garantire un contenuto minimo che aderisca all’obiettivo obbligato della selezione preventiva delle sfere di attività amministrativa più esposte al rischio della corruzione, “mappatura del rischio”.
Gli strumenti di analisi devono essere impostati in modo tale da essere adeguati alle funzioni amministrative specifiche effettuate e alla realtà di ciascun contesto, evidenziando in ordine i destinatari e con metodologie di redazione che li rendano facilmente interpretabili. Devono poi concentrarsi sui contenuti; infatti le linee – guida mettono in risalto come le attività già selezionate dalla legge n.190/2012 come più quelle più a rischio corruzione (autorizzazioni, gare, concessione di benefici, concorsi) rappresentino il centro nevralgico, che può e deve essere allargato da ogni amministrazione.
La redazione del piano deve determinare il coinvolgimento dei dirigenti e di tutto il personale delle amministrazioni che si occupa di quelle aree maggiormente a rischio nelle attività di analisi e valutazione, di proposta e definizione delle misure e di monitoraggio. Ulteriore elemento di rilievo è rappresentato dal monitoraggio, per ogni attività, del rispetto dei termini di conclusione del procedimento.
Dal punto di vista regolativo, il documento deve riscontrare, in relazione al livello di rischio, le misure di contrasto già utilizzate che sono rappresentate da procedimenti a disciplina rinforzata, controlli specifici, particolari valutazioni ex post dei risultati raggiunti, particolari misure nell’organizzazione degli uffici e nella gestione del personale addetto, particolari misure di trasparenza sulle attività svolte.
In alternativa è possibile indicare le misure che mediante lo strumento ci si prefigge di adottare o che sono definite direttamente dal medesimo. La parte principale del Piano è, infatti, proprio la selezione delle misure di natura generale che l’amministrazione ha assunto o vuole assumere per combattere il rischio di corruzione. Assume una rilevanza specifica, fra queste, l’inserimento di adeguate forme interne di controllo rivolte specificamente alla prevenzione e all’emersione di vicende di possibile esposizione al rischio corruttivo.
Risulta palese il rapporto molto stretto con il sistema di controlli interni proveniente dal rinnovato articolo 147 del Tuel. Particolare attenzione deve essere fatta anche per adottare sistemi congrui di rotazione del personale addetto alla aree ritenute a rischio, con l’accortezza di conservare continuità e coerenza degli indirizzi e le necessarie competenze delle strutture.
Le amministrazioni, dunque, eviteranno il consolidamento delle posizioni di “privilegio”, che rappresentano quelle a più alto rischio, nella gestione diretta di alcune attività legate alla circostanza che il medesimo funzionario prenda in carico personalmente per lungo tempo dello stesso tipo di procedure e si interfacci sempre con gli stessi utenti.
Nel piano devono essere inserite anche misure che assicurino il rispetto delle norme del Codice di comportamento dei dipendenti delle Pubbliche amministrazioni, nonché mirato a garantire la sorveglianza sulle varie problematiche riguardanti il conferimento di incarichi ai dipendenti. Lo strumento specifico, inoltre, deve essere chiaramente correlato con il piano della performance e con il piano della trasparenza.
Anticorruzione: le linee d’indirizzo per predisporre il Piano nazionale
dal Sole 24 Ore
Definite le Linee di indirizzo per la predisposizione, da parte del dipartimento della Funzione pubblica, del Piano nazionale anticorruzione. Il Dpcm 16 gennaio 2013, elaborato dal Comitato dei ministri per la lotta alla corruzione (composto dal presidente del Consiglio Mario Monti e dai titolari dell’Interno, Annamaria Cancellieri, della Giustizia, Paola Severino, e della Pubblica amministrazione, Filippo Patroni Griffi, con la presenza del sottosegretario alla presidenza Antonio Catricalà) è il primo passo per attuare il piano nazionale anticorruzione (Pna) previsto dalla legge 190/2012.
Il secondo atto spetta al dipartimento della Funzione pubblica che dovrà predisporre il PnA attraverso il quale sono individuate le strategie prioritarie per la prevenzione e il contrasto della corruzione nella Pa a livello nazionale. Il Pna è dunque lo strumento a cui le amministrazioni devono fare riferimento per adottare i Piani triennali di prevenzione. Per quanto riguarda le amministrazioni regionali e locali e gli enti in loro controllo, gli adempimenti e i relativi termini saranno definiti attraverso le intese in sede di Conferenza unificata. Per gli Enti locali è anche previsto il «supporto tecnico e informativo» del Prefetto «anche al fine di assicurare che i Piani siano formulati e adottati nel rispetto delle linee guida contenute nel Piano nazionale approvato dalla Commissione».
A margine del cinquantennale del Formez, il sottosegretario alla presidenza Catricalà ha spiegato come l’approvazione delle linee di indirizzo è un passo “molto importante: sono le prime affermazioni del comitato dei ministri, che saranno seguite dalla formulazione dei piani delle singole amministrazioni”. Inoltre, il sottosegretario ha sottolineato come in una prima fase probabilmente “la valutazione della coerenza dei piani con le linee guida sarà affidata al dipartimento della Funzione pubblica, visto che il Civit non ha ancora il commissario anticorruzione”.
Contenuto delle linee guida. Le linee guida prevedono che sia necessario promuovere l’effettiva e tempestiva adozione dei piani da parte di tutte le amministrazioni e, a regime, l’adozione degli stessi nei termini previsti dalla legge; assicurare un contenuto minimo dei piani triennali, che corrisponda all’obiettivo ineludibile dell’individuazione preventiva delle aree di attività amministrativa maggiormente esposte al rischio della corruzione (c.d. mappatura del rischio); consentire alle diverse amministrazioni pubbliche di adeguare il contenuto del piano alle specifiche funzioni amministrative svolte e alle specifiche realtà amministrative; differenziare le linee guida quanto ai loro destinatari: linee guida più stringenti, quasi direttamente operative, per le amministrazioni centrali (e gli enti da queste controllati); per regioni ed Enti locali, linee guide che possano essere recepite e adottate dai detti enti nei propri ordinamenti; rendere le informazioni raccolte nei piani e le relative strategie di contrasto alla corruzione leggibili secondo linguaggi omogenei, che rendano possibile un’agevole verifica dello stato di attuazione delle politiche anticorruzione nelle singole amministrazioni e una comparazione delle diverse esperienze.
15 marzo 2013 (aggiornato al 18 marzo 2013) – riproduzione riservata