Dopo quelli di Rovigo, Belluno e Vicenza, chiude anche il laboratorio Arpav di Padova. Come nelle altre città resta un presidio di 5/6 tecnici per l’accettazione campioni, oltre al Dipartimento provinciale, alla direzione e agli Osservatori acqua, rifiuti, aria e rumore.
In tutto rimangono 12 dipendenti, tra accettazione campioni, amministrazione, Osservatori e team deputato ai controlli esterni, mentre gli altri 18 vengono trasferiti a Venezia, sede principale, cui si affiancano la gemella Verona e la succursale Treviso. Ma Cgil, Cisl, Uil e le Rsu di Arpav ieri hanno consegnato alla direzione una nota in cui la diffidano «dal procedere unilateralmente con la chiusura di un altro laboratorio», chiedono un incontro il 17 settembre per dibattere la questione e preannunciano «vertenze a tutela dei cittadini, per la garanzia dei servizi, e dei diritti dei lavoratori», ai quali il trasferimento in laguna è stato annunciato il 5 settembre. «Si vuole chiudere un laboratorio centro di riferimento nazionale per il controllo delle acque minerali alla sorgente e centro di riferimento regionale per le analisi sulla legionella e sull’aria — denunciano i sindacati —. Chi farà tutto questo, forse il privato? Negli ultimi mesi abbiamo tentato innumerevoli volte di trovare soluzioni alternative e di rivedere il piano di chiusura, anche in virtù del riconoscimento ottenuto dal ministero dell’Ambiente quale struttura che lavora in sinergia con l’Istituto superiore di Sanità ed Enea, ma la direzione ha insistito testardamente ad eseguire ordini impartiti dall’alto ed elaborati senza la necessaria conoscenza del reale funzionamento di questo ente».
La chiusura del laboratorio di Padova rientra nel percorso di razionalizzazione e riorganizzazione dell’Agenzia per la protezione ambientale del Veneto partito nel 2011, con il nuovo direttore generale Carlo Emanuele Pepe. Che rivela: «In tre anni abbiamo risparmiato 12 milioni di euro, i costi di produzione sono scesi da 76 a 64 milioni e i debiti da 56 a 31 milioni, e senza contributi straordinari della Regione. Certo, per arrivare a questi traguardi abbiamo imposto il blocco del turn over, ridotto i Co.co.co da 99 a 1 e i dirigenti da 111 a 74, portando il personale da 1170 a 1004 dipendenti. Inoltre sono stati contratti gli straordinari, azzerate le attività aggiuntive e si è passati dalle 47 sedi del 2010 alle attuali 21, con un risparmio di 600 mila euro. Ma tutto ciò senza toccare l’attività. Nel 2013 infatti, nel pieno della riorganizzazione — prosegue Pepe — i campioni totali analizzati sono stati il 6,4% in più rispetto al 2012. L’obiettivo della revisione totale di Arpav non è lavorare meno ma, al contrario, potenziare e rendere più efficienti i laboratori, concentrandoli da sette a tre per utilizzare gli effetti delle economie di scala».
A tale scopo la direzione ha sviluppato un piano di ridistribuzione della strumentazione che, assicura il dg, «ha prodotto minori costi per un totale di 350 mila euro».
M.N.M. – Il Corriere del Veneto – 13 settembre 2014