di Marco Sodano. La calcolatrice, se applicata con un minimo margine di indulgenza, dice che alla fine Renzi è sul punto di mantenere la promessa fatta alle famiglie con i redditi più bassi.
Il bonus in busta paga promesso per la fine di maggio dovrebbe raggiungere la cifra di 80 euro al mese almeno per la fascia che riceverà il massimo, cioé quella compresa tra i 18 e 23 mila 500 euro euro annui: avranno 620 euro nel 2014 (da maggio a dicembre fanno circa 77 euro e mezzo) e 950 euro nel 2015: in dodici mesi sono 79 euro e 10 centesimi. Anche nelle buste paga di chi guadagna meno arriverà un ritocco verso l’alto. Sempre nel 2014: da un minimo di 26 euro al mese per i redditi da seimila euro, ai 43 di chi ne guadagna 10mila. Nessun sostegno sarà riconosciuto ai redditi sopra i 28 mila euro.
Il ritocco arriverà in forma di bonus e non più di una detrazione fiscale. Sempre di soldi si tratta, ma il dettaglio non è marginale perché il meccanismo concepito in questa forma, aggirando gli ostacoli tecnici connessi con le detrazioni (per esempio il fatto che chi non paga l’Irpef non può godere di nessuna detrazione) permetterà di inglobare anche gli incapienti – i redditi sotto gli ottomila euro l’anno – nell’elenco dei beneficiari. Il provvedimento, che arriva oggi sul tavolo del consiglio dei ministri, dovrebbe essere costruito grosso modo secondo questo schema. È però vero che ieri a tarda sera i giochi non potevano ancora dirsi del tutto chiuso: l’incontro del pomeriggio tra il presidente del Consiglio Matteo Renzi e il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan a Palazzo Chigi s’è protratto per ore. Segno che non è stato facile limare, incollare, cucire, aggiungere e togliere. E che l’ultima parola sarà scritta oggi, con il testo che uscirà dalla riunione dell’esecutivo.
Intanto ieri il governo s’è messo alle spalle una preoccupazione, portando a casa l’approvazione – alla Camera e al Senato – del Documento di economia e finanza e dello slittamento del pareggio di bilancio al 2016. Le polemiche sulla lettera con cui Padoan ha chiesto all’Ue la possibilità di scostarsi dall’obiettivo del pareggio per cause eccezionali: l’ulteriore pagamento di 13 miliardi di debiti arretrati della P.a. Secondo Forza Italia la lettera è «sbagliata» perché nei fatti Bruxelles ha già autorizzato il pagamento di tutti i debiti, ha spiegato il vicepresidente della Commissione Europea (azzurro) Antonio Tajani. Padoan ha liquidato le polemiche come una tempesta in un bicchier d’acqua.
Ma in aula il ministro ha proposto la sua analisi dei numeri: «nonostante i segnali di ripresa dell’anno in corso, anche nel 2014 il gap rimarrà molto negativo, la ripresa ancora fragile e la situazione del mercato del lavoro rimane ancora difficile». Con la proroga «il pareggio di bilancio sarebbe conseguito nel 2016 e mantenuto fino al 2018». E «il rapporto tra debito e Pil rispetta così la regola della convergenza verso il parametro del 60% già nel 2015». E intanto nel 2015 per ridurre il disavanzo dello 0,5 si procederà ad ulteriori tagli di spesa.
La Stampa – 18 aprile 2014