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Veneto. Arriva il «timer» per gli interventi, codici d’attesa da 30 a 360 giorni. Limite a prestazioni ambulatoriali pro capite

1a1a1a1a_0a0a111sanita--190x130Piano della Regione per ridurre le liste d’attesa. Il dg può sospendere la libera professione e potenziare l’attività pubblica. Quattro prestazioni ambulatoriali l’anno per cittadino. Arriva il «timer» anche per gli interventi chirurgici. Le Usl devono stabilire i tempi massimi di attesa per un’operazione utilizzando i codici di priorità, come già fanno i medici di base per segnalare sulle ricette rosse il termine ultimo per l’erogazione della visita specialistica o dell’esame strumentale prescritti. I «tetti» sono quelli previsti per i ricoveri, a seconda della complessità del caso, cioè classi A (30 giorni); B (60); C (180); D (360). Gli stessi indici valgono per gli interventi trasferiti in regime ambulatoriale, mentre i tempi d’attesa per le degenze legate a diagnosi di tumori maligni non devono superare il mese. La Dgr 320 “liste d’attesa” sul Bur del 26 aprile 2013.

A meno che non sussista il sospetto clinico di un quadro particolarmente grave, nel qual caso il primo accesso per visita va assicurato entro 10 giorni dalla richiesta. Le aziende sanitarie sono poi obbligate a tenere liste di prenotazione anche per i ricoveri e a informatizzare i registri delle degenze chirurgiche e degli elenchi operatori. E’ uno dei diktat contenuti nell’allegato A della delibera approvata il 12 marzo dalla giunta Zaia, che nell’ottica del governo delle liste d’attesa ha voluto «rinforzare i punti principali in merito a regole e modalità» di tale gestione.

I direttori generali devono presentare, contestualmente al Piano aziendale 2013, il Piano aziendale delle liste d’attesa, ma è responsabilità del direttore sanitario la verifica dell’appropriatezza prescrittiva, attraverso un tavolo di monitoraggio da lui presieduto e composto dal direttore medico di ospedale, dai coordinatori dei direttori di Distretto e dei processi di prenotazione delle prestazioni ambulatoriali, dai rappresentanti degli specialisti e degli utenti, da interni, medici di base e pediatri di libera scelta. Tutti chiamati ad accertare il rispetto del limite delle 4 prestazioni ambulatoriali pro capite (escluse quelle di laboratorio) all’anno, obiettivo assegnato alle Usl insieme a un tasso di ospedalizzazione del 140 ricoveri per mille abitanti.

«Attenzione, se un paziente dovesse avere bisogno della quinta prestazione non gli verrà certo negata — spiega Luca Coletto, assessore alla Sanità — semplicemente a fine anno le aziende che sforano tale indicatore dovranno spiegarne i motivi e capire se davvero abbiano centrato l’appropriatezza prescrittiva. C’è poi da dire che una persona sana magari usa una sola delle quattro visite, andando a compensare quelle in più corrisposte a politraumatizzati, anziani, bambini». Anche i controlli, i follow up e gli approfondimenti devono contenere l’indicazione del tempo d’attesa, così da non creare ulteriore ingolfamento. Torna inoltre l’obbligo, per ciascuna Usl, di dare precedenza nelle liste d’attesa ai residenti, introdotto nel 2005 dall’allora assessore Flavio Tosi ma finora poco osservato.

«Le aziende hanno l’obbligo di garantire ai propri residenti le prestazioni secondo i tempi previsti dal medico prescrivente — recita la delibera —. Per i non residenti viene garantita la prestazione senza tuttavia la garanzia della tempistica, che deve rimanere in carico all’azienda di residenza». Sempre salvo le urgenze.

Nell’ambito del massimo sforzo per garantire l’accesso alla specialistica in tempi ragionevoli, viene ribadita la disponibilità di prenotazioni anche nei giorni prefestivi e festivi e dalle 20/24 (opzione allargata ai convenzionati), con la novità di concentrare le visite serali di lunedì e mercoledì. Invece «per le prestazioni che richiedano attrezzature di particolare complessità tecnologica è facoltà del dg ridurre o sospendere l’attività in regime di libera professione intramuraria, anche a scopo di convogliare risorse, spazi e dotazioni verso l’attività istituzionale, al fine di mantenere il rispetto dei tempi d’attesa».

I sindacati degli ospedalieri, che stanno trattando con la Regione un aumento da 60 euro l’ora a 70/80 per le prestazioni notturne e che dalle 24 aziende venete avanzano già 1,5 milioni di ore di straordinari non pagate, avvertono: «La libera professione va svolta in equilibrio con l’attività istituzionale, solitamente nei termini del 50%. Se l’intramoenia perde ore o prestazioni, chi colma il mancato introito?». Per ora l’unica cartezza sono i 29 milioni stanziati dalla giunta Zaia per festivi e notturni.

Ma la delibera torna a responsabilizzare pure gli utenti, che i Cup richiameranno per la conferma della prenotazione. Nonostante sia già in vigore l’obbligo di pagare interamente la prestazione per chi la diserta senza avvertire, esenti compresi, i «bidoni» sono ancora tanti e «falsano» le liste d’attesa. Motivo in più per imporre ai convenzionati di gestire le loro agende «solo attraverso i Cup».

Michela Nicolussi Moro – Corriere del Veneto – 27 aprile 2013

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