Aiutare le famiglie, aiutando le donne. Alleggerire il peso delle tasse, consentendo alle mamme di non dover scegliere tra bimbi e professione. Il “quoziente familiare” di Renzi è un tax credit per le lavoratrici con figli, finanziato dai soldi che oggi finiscono nelle detrazioni per il coniuge a carico. Oltre 3,5 miliardi di euro spesi nel 2012, ma con un impatto limitato.
Poco più di 100 euro l’anno, destinati però anche a nuclei con redditi sopra la media. “Armonizzare” questa voce delle detrazioni – come si legge nel Def e nel Jobs Act – è l’obiettivo del governo. Per essere pronti a sostenere le famiglie dal 2015. Incoraggiando ad un tempo natalità, occupazione femminile e Pil.
Non si tratta dunque del quoziente familiare classico, alla francese. Bocciato dagli economisti perché disincentiva il lavoro delle mogli, specie in Italia, visto che si calcola sul reddito complessivo. Con la struttura progressiva tipica dell’Irpef, «una cosa è tassare il primo euro, altra cosa è tassare il 101esimo », spiega Paola Profeta, docente di Scienza delle Finanze alla Bocconi. «Alle donne non conviene lavorare, se si cumulano i redditi ai fini del quoziente, perché la tassazione sale, visto che l’imposta pagata sul reddito marginale è più alta nella nostra struttura fiscale a scaglioni. Se invece si considera il reddito individuale della donna con figli che lavora e lo si premia con il bonus, allora c’è incentivo alla fecondità e alla professione, senza tradeoff ». Senza optare per l’uno o l’altra.
L’Italia d’altronde fa poco per l’occupazione femminile, come rimproverava qualche settimana fa anche Christine Lagarde, direttore dell’Fmi. Tra i 16 e i 64 anni, appena il 47% delle donne italiane lavora, una percentuale di dieci punti sotto la media europea. Non solo al Sud, visto che pure Emilia Romagna e Lombardia sono indietro. E anche tra le giovani, nonostante siano più istruite dei loro coetanei. In più, quasi una mamma su due non torna al lavoro dopo il parto. Al contrario, con un tasso di occupazione rosa su al 60% (livello auspicato dal Trattato di Lisbona), il Pil balzerebbe di ben 7 punti percentuali, calcola Bankitalia.
Se dunque, a parità di costo per l’erario, i tre miliardi e mezzo oggi incanalati nelle detrazioni per coniuge a carico, fossero dirottati sul tax credit , oltre 2 milioni e 300 mila lavoratrici dipendenti e autonome percepirebbero 1.670 euro netti all’anno, con reddito familiare inferiore a 20 mila euro. Oppure 900 euro netti per oltre 4 milioni di famiglie con reddito sotto i 30 mila euro. La simulazione, pubblicata qualche giorno fa su lavoce. info dagli economisti Fiorio e Leonardi, tiene conto di alcune ipotesi di base: donne con almeno un figlio minorenne, occupate per almeno 16 ore a settimana o – se autonome con reddito dichiarato di almeno 350 euro al mese. Il bonus potrebbe esser modulato in base al reddito o alle ore lavorate, anziché erogato in somma fissa. In ogni caso, avrebbe l’effetto di far emergere anche il lavoro nero a cui molte donne sono costrette per non far perdere le detrazioni al marito.
La situazione delle famiglie, racconta l’Istat, è d’altronde critica. Oltre un milione è a reddito zero. Qualcuna vivrà pure di rendite e affitti. Qualcun altra mantenuta dai genitori o spinta al nero. Fatto sta che il panorama è disarmante, visto che in mezzo milione di nuclei ci sono anche bambini. A loro il bonus di Renzi – ieri attaccato da Cinquestelle e Forza Italia perché privo di coperture – non arriverà.
Repubblica – 22 aprile 2014