Chi produce contro chi distribuisce. L’articolo 62 ha di fatto spezzato in due la filiera agroalimentare italiana, tra chi lo vede come una manna e chi lo vede come una mannaia. La norma contenuta nella Legge 27 del 2012 punta a creare una maggiore trasparenza dei rapporti all’interno della catena che porta i prodotti dal produttore al consumatore finale. La sua entrata in vigore è avvenuta lo scorso 24 ottobre e prevede sostanzialmente tre paletti: la forma scritta per i contratti di cessione di beni agricoli e alimentari, le sanzioni per i comportamenti sleali e i termini di pagamento per le cessioni di prodotti agricoli e alimentari, ovvero 60 giorni per i prodotti non deperibili e 30 giorni per quelli deperibili. Intorno a questo schema, semplice e chiaro, si è però creato un forte dibattito.
Tra chi produce, che si vede più tutelato dalla nuova legge per via della tutela normativa dei contratti e dei tempi di incasso, e chi distribuisce, che si sente penalizzato soprattutto nei termini di pagamento. Il ministro delle Politiche agricole, Mario Catania, nel celebrare il suo lavoro come un passo in avanti epocale, ha aperto la porta ed eventuali correttivi della legge per andare incontro al coro di voci alzatosi con la partenza del provvedimento. «Da parte di molte organizzazioni non sono stati fatti sostanziali rilievi – ha precisato Catania mentre alcune, invece, si sono riservate di mandarci delle note specifiche. Ci sarà una disponibilità, tutti insieme, a vedere se ci sono correttivi da fare e miglioramenti da apportare». Le voci di protesta sono arrivate soprattutto dai presidenti di Confindustria, Giorgio Squinzi e di Confcommercio, Carlo Sangalli, che hanno posto attenzione sulle «pesanti conseguenze per le imprese del settore produttivo e distributivo».
Una protesta che raccoglie i malumori di Giovanni Cobolli Gigli, presidente di Federdistribuzione. «Il venire meno di importanti flussi di liquidità determinerà – scrivono i due presidenti – un sostanziale blocco degli investimenti». Per Squinzi e Sangalli, la norma arriva «in un momento in cui le imprese registrano ancora forti difficoltà per l’accesso al credito bancario» e secondo le organizzazioni «si arriverà alla chiusura di molti esercizi commerciali con gravi ripercussioni anche sul mercato immobiliare».
I calcoli li ha fatti Federdistribuzione: «Il decreto – spiega Cobolli Gigli – comporta dei termini di pagamento precisi per quel che riguarda tutti i prodotti agroalimentari a 30 e a 60 giorni, e nel caso questi termini non vengano rispettati prevede delle forti penali. Abbiamo calcolato che sarebbero sei miliardi di finanza a trasferirsi dalla Grande distribuzione alla base della catena agroalimentare. Bisognerà trovare delle negoziazioni con i fornitori per dare loro maggiore finanza, ma avere delle compensazioni in termini di sconti finanziari o di maggiori sconti». Il presidente di Confagricoltura, Mario Guidi, pur vedendo i risvolti positivi che l’articolo 62 avrà sul mondo degli agricoltori, pone tuttavia in rilievo alcune problematiche per comparti importanti come il florovivaismo, la zootecnia e il vitivinicolo, in quanto la nuova legge non terrebbe adeguatamente conto delle specificità dei cicli produttivi e commerciali di questi settori.
«Un produttore – spiega Guidi – che acquista una piantina o del mangime e fa crescere la pianta o l’animale, si troverà nella condizione di dover pagare a 60 giorni, ma poi a rivendere a distanza di mesi». Non adeguatamente considerate anche le dinamiche di specifici mercati, soprattutto sul fronte delle contrattazioni internazionali. Il rischio, avverte Confagricoltura, è che «crolli la competitività delle aziende, perché saranno preferiti fornitori di altri Paesi che operano con condizioni più flessibili».
A tracciare i meriti dell’articolo 62 è invece Sergio Marini, presidente della Coldiretti. «La norma qualifica determinati comportamenti come illeciti a prescindere dalla dimostrazione della “posizione dominante” o dello “stato di dipendenza economica” che si è rivelata nei fatti quasi impossibile. È molto positivo, in particolare che le nuove disposizioni considerino pratica commerciale sleale le condizioni contrattuali che determinano prezzi palesemente al di sotto del costo di produzione medio dei prodotti agricoli». La Coldiretti ha espresso un giudizio positivo anche sul fatto che la normativa richieda l’obbligatorietà della forma scritta dei contratti di cessione e della presenza di elementi essenziali in vista della realizzazione dei principi di trasparenza, correttezza e lealtà commerciale e che fissi dei termini di pagamento togliendoli dalla disponibilità contrattuale delle parti.
«Le nuove norme – puntualizza Marini – che intervengono per riequilibrare il potere contrattuale lungo la filiera agroalimentare tra distribuzione e produttori e prevedono il rispetto dei termini di pagamento non devono però rappresentare un alibi per la parte acquirente a rivedere al ribasso i compensi che spettano ai produttori».
Piacciono anche alla Copagri la formula dei contratti scritti, le sanzioni dei comportamenti sleali e i tempi certi dei pagamenti: «si determinano gli strumenti per favorire la trasparenza e per ripristinare sufficiente potere contrattuale per la produzione agricola. Ora che la legge è fatta, sarà importante vigilare sulla sua corretta e fedele applicazione».
Per il presidente di Assocarni, Luigi Scordamaglia, «l’articolo 62 nella parte relativa ai termini di pagamento è una norma di civiltà e di moralizzazione che porrà fine a situazioni non più accettabili all’interno della filiera».
La Repubblica – Affari Finanza – 19 novembre 2012