Nell’ultimo decennio in tutta Europa, a seguito di alcune crisi alimentari culminate con la BSE, si è cercato di migliorare i processo di valutazione del rischio (risk assessment) sia da un punto di vista scientifico che sociale.
La messa a regime di agenzie indipendenti a livello nazionale per la valutazione del rischio, oltre a quella europea (EFSA) ha permesso di migliorare prassi, protocolli e criteri scientifici di valutazione; ma anche di approfondire il peso di fattori pre-scientifici (indipendenza dei ricercatori, trasparenza, modalità di lavoro dei gruppi, percezione sulla comunicazione del rischio da parte dei cittadini, solo per citarne alcuni).
Ma la stessa attenzione non è stata data alla gestione del rischio. Ora servirebbe un nuovo quadro di lettura, per giustificare scelte politiche perfettamente legittime e che rispondono ai desideri dei cittadini. Riconoscere la piena legittimità di fattori pre-scientifici di tipo economico, sociale o politico rappresenta quindi il prossimo passaggio. La Food Standard Agency (FSA) del Regno Unito, ha presentato queste richieste in un rapporto insieme alle Agenzie di Belgio, Svezia, Germania, Olanda e Norvegia.
Sono ben 6 così le agenzie nazionali di sicurezza alimentare in Europa che hanno chiesto un cambio di passo alla Direzione Generale Salute e Consumatori della Commissione Europea: per una maggiore ricognizione degli aspetti che condizionano il Risk Management. Servirebbe rendere più trasparenti, e quindi giustificate le decisioni prese a tutela della salute dei cittadini europei. Motivando le scelte stesse, e rendendo espliciti i fattori che hanno pesato. In particolare, si dovrà tenere in massima considerazione l’insieme degli aspetti non scientifici che hanno influito sull’adozione o meno di linee di policy.
Su tutta una serie di temi caldi: laddove ancora non vi è una forte evidenza scientifica, occorrerebbe-questa la richiesta- portare allo scoperto le motivazioni politiche e sociali che pesano sui gestori del rischio, in modo da evitare sfiducia da parte della cittadinanza in pareri che in ultima analisi possono apparire non motivati.
In particolare, su temi come gli OGM, bisfenolo A, bisogna essere chiari circa le preoccupazioni dei consumatori e delle parti interessate, nonché su una valutazione che possa cominciare a considerare i rischi e i benefici. Insomma: andare oltre richiami generici e che fino ad oggi a poco sono serviti, a principio di precauzione e incertezze scientifiche varie.
E’ di assoluto rilievo come questo approccio possa combattere l’atteggiamento tecnocratico che ha prevalso fino ad oggi, laddove le life-sciences costituivano la unica disciplina in grado di stabilire pareri di verità. Negando le preoccupazioni e le richieste dei cittadini e dei gruppi di consumatori. Proprio sugli OGM ad esempio, per decenni si è proseguito facendo riferimento solo a valutazione di sicurezza alimentare, ma senza andare al cuore della reale avversione degli europei in merito. Al punto tale che la stessa legislazione in materia non prevede specifici motivi di contrarietà politica che possano essere chiamati in causa dagli Stati membri.
Se la legislazione infatti, con la Direttiva 2001/18 (art.23) prevede misure di salvaguardia; ed il reg. 1829/2004, con l’art. 34 prevede invece misure di emergenza, va notato che entrambe dipendano da presupposti di sicurezza alimentare o ambientale. Quindi, possano considerare solo aspetti di valutazione del rischio scientificamente intesa. Ma le cose stanno cambiando anche nella sensibilità delle istituzioni europee, se è vero che lo scorso marzo 2012 il Consiglio- sebbene non sia riuscito a trovare una posizione condivisa degli stati UE- ha accolto la comunicazione della Commissione circa misure propriamente politiche per limitare la coltivazione di OGM sul suolo dei paesi europei. La proposta di regolamento, avanzata dal parlamento europeo, segnala così un mutare della sensibilità in materia.
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Report on the transparent use of risk assessment in decision making
sicurezzaalimentare.it – 12 gennaio 2013