Per una volta possiamo dirlo senza paura di smentita: il Veneto è decisamente più efficiente di Roma. Un caso come quello dei vigili che disertano in massa tutti i turni di Capodanno, degli autisti che spariscono nel nulla e degli spazzini che non si presentano al lavoro a queste latitudini non è mai capitato. Anzi. Numeri alla mano, i lavoratori pubblici di questa parte d’Italia godono di una salute di ferro e sono i meno assenteisti di tutto il Paese. Non che non si ammali nessuno, per carità.
Ma anche se il 50% dei dipendenti della pubblica amministrazione presenta almeno un certificato medico all’anno per stare a casa dal lavoro, in tutto, le assenze per malattia rilevate dall’Inps si contano in due settimane su un totale di 365 giorni. Poca roba se si pensa che in Calabria Io stesso tipo di assenze superano mediamente il mese intero e che nel resto del Paese si arriva a circa venti giorni.
Ma in Veneto non succede solo questo. Capita anche i lavoratori pubblici si ammalino meno di quelli che lavorano per aziende private: i primi stanno a casa 15,2 giorni all’anno, i secondi 15,5. A dire il vero, il rapporto dell’Inps inviato al ministro della Funzione pubblica Marianna Madia dimostra che in Veneto su un totale di un milione e 400 mila lavoratori privati, nel 2013 sono rimasti a casa per malattia circa in 430 mila, mentre su un totale di 230 mila lavoratori pubblici i malati sono arrivati a 130 mila (più di uno su due).
I lavoratori pubblici però stanno a casa meno giorni rispetto ai colleghi del settore privato che, però, a loro volta inviano meno certificati. Se nel pubblico le malattie sono mediamente più frequenti la tendenza è quella di tornare in piena forma dopo uno o due giorni, mentre nel privato generalmente chi sta male resta a casa almeno una settimana piena. E nel manifatturiero questa tendenza si accentua ulteriormente: nell’edilizia e nelle fabbriche la durata media delle malattie è di quindici giorni che diventano una decina nel settore del commercio e del turismo.
Curioso il fatto che più piccola è l’azienda meno probabile è la tendenza ad ammalarsi. Nelle aziende artigiane con meno di dieci dipendenti si guarisce più in fretta che in quelle da cinquanta lavoratori, mentre in quelle da cento ci si ammala meno spesso che in quelle da mille. Insomma, maggiore è il numero dei dipendenti (e quindi minore è la responsabilità del singolo lavoratore) maggiore è la probabilità che un leggero mal di pancia o mal di testa passeggero sia un buon motivo per stare a casa. Va detto inoltre che in settori come l’edilizia, i traslochi, i trasporti o la sicurezza un blando mal di schiena o un accenno di dolore sciatico si trasforma ovviamente in un ostacolo insormontabile, mentre le stesse patologie non ren dono impossibile la vita dell’impiegato o di chi deve stare seduto di fronte a computer.
Tornando ai lavoratori pubblici, anche nel virtuoso véneto c’è stato un aumento delle assenze per malattie in questi ultimi due anni. A voler pensare male la risposta è data dalla progressiva riduzione del cosidetto effetto Brunetta che aveva incentrato le sue battaglie contro i fannulloni (dal dicembre del 2011 a oggi, cioè da quando non è più lui ministro della Funzione pubblica c’è stato un aumento del 27% delle malattie), a sentire i sindacati è semplicemente invecchiato il parco macchine e quindi si finisce più spesso dal meccanico. Vero è che negli ultimi due anni il blocco del turnover ha portato a un aumento dell’età media dei dipendenti pubblici e che, statistiche alla mano, gli over 50 si ammalano molto più frequentemente rispetto ai più giovani. Al netto del fatto che la maggior parte dei certificati medici vengono consegnati di lunedì (non tanto perché il mondo del lavoro sia fatto di furbetti, quanto perché è all’inizio della settimana che si presentano i postumi dei weekend di bufera), quasi un quinto delle malattie del settore pubblico riguarda gli over 50 che in media sommano più giorni di assenza di tutti gli altri lavoratori messi insieme. Il problema però non sono tanto le malattie reali (per i lavoratori pubblici c’è una riduzione delle indennità accessorie nei primi dieci giorni di malattia), quanto chi ci marcia a colpi di certificati (sia nel pubblico che nel privato) perché è molto difficile comminare punizioni o, come vorrebbe il governatore Luca Zaia, «licenziare per fare spazio a giovani me ritevoli che hanno voglia di lavorare».
Nel Rodigino i 77 lavoratori della Regione pizzicati nel 2012 mentre facevano la spesa in orario di lavoro sono stati reintegrati con lo stipendio pieno «perché non è provato il danno cagionato dall’assenza» mentre ai dipendenti delle Ulssi veronesi pescati con le mani nella marmellata da Striscia la Notìzia è stato restituito lo stipendio un paio di mesi fa con tante scuse «perché il danno economico derivante dal comportamento dei dipendenti era secondario ed esiguo».
Alessio Antonini – Il Corriere del Veneto – 4 gennaio 2015