La Pubblica amministrazione per l’assunzione di nuovo personale deve attingere dalle graduatorie ancora valide ed efficaci relative ai precedenti concorsi. Tale principio non viene scalfito neppure da un’eventuale sopravvenienza normativa in grado di modificare requisiti ulteriori per l’ingresso e lo svolgimento delle medesime attività per l’amministrazione.
Il Consiglio di Stato, sesta sezione, con la sentenza 4 luglio 2014, n. 3407, è ritornato sulle modalità di assunzione di nuovo personale pubblico. Nel caso di specie si trattava di un concorso bandito nel 2006 da un ateneo per la copertura di posti del profilo professionale già oggetto di concorso precedente del quale permaneva la relativa graduatoria, con la presenza di soggetti ritenuti idonei e non ancora assunti.
In tale circostanza, l’ateneo aveva sostenuto di non avere interesse allo scorrimento della graduatoria precedente, stante l’esigenza di avere a disposizione personale più qualificato alla luce delle modifiche normative intervenute dopo l’entrata in vigore del nuovo ordinamento universitario (legge 240/10) con l’introduzione di rilevanti novità nel settore amministrativo e contabile non richieste, come requisiti, nel concorso precedente.
Il Consiglio di Stato ha tenuto fermo il principio di diritto già affermato in passato dall’Adunanza plenaria con il pronunciamento del 28 luglio 2011, n. 14, in virtù del quale la presenza di graduatorie concorsuali valide ed efficaci impone all’Amministrazione di utilizzare prioritariamente queste ultime. In quella circostanza ci si era, tuttavia, limitati a fissare il principio come regola di carattere generale, mentre ora, con la sentenza 3407/14, si precisa che il suddetto principio si applica anche nell’ipotesi di sopravvenienze normative che abbiano modificato o preteso requisiti o condizioni ulteriori rispetto a quelle previste dal precedente concorso per il reclutamento di personale del medesimo profilo professionale.
Un nuovo concorso rappresenta, quindi, una situazione eccezionale, letta con sfavore dall’ordinamento vigente più recente in quanto contraria ai principi di economicità ed efficacia dell’azione amministrativa sanciti dallo stesso articolo 1 della legge 241/90.
Diversi i riferimenti normativi presi in considerazione nell’emettere la sentenza. Si tratta del Testo Unico degli impiegati civili dello Stato (Dpr 3/57), del regolamento sull’accesso agli impieghi nelle Pa (articolo 15, comma 7, del Dpr 487/94), dell’articolo 35, comma 5 ter, del Dlgs 65/01 in base al quale le graduatorie dei concorsi per il reclutamento del personale presso le Pa rimangono vigenti per un termine di tre anni dalla data di pubblicazione e, infine, dell’articolo 91, comma 4, del Dlgs 267/00 (Testo unico degli enti locali), secondo cui «per gli Enti locali le graduatorie concorsuali rimangono efficaci per un termine di tre anni dalla data di pubblicazione».
Il Consiglio ritiene insufficiente, per motivare un nuovo concorso, il mero richiamo alla sopravvenienza normativa, sulla base della considerazione che i continui interventi normativi e le relative modifiche rappresentano ormai «tratti indistinguibili coessenziali e comuni ad ogni settore della Pubblica amministrazione». In relazione alla prassi che contraddistingue l’attuale periodo storico, quindi, il «continuo mutamento del quadro normativo di riferimento di per sè elide la consistenza della motivazione adotta a sostegno dell’opzione del nuovo concorso».
Sicché, solo una maggiore continenza del legislatore e, con essa, il mutamento dell’attuale prassi normativa, potrà a questo punto giustificare, motivandola, la scelta di bandire un nuovo concorso in luogo dello scorrimento delle graduatorie vigenti per il reclutamento del personale.
Il Sole 24 Ore – 18 luglio 2014