Al vertice di maggioranza, convocato in mattinata per ricucire gli strappi dell’ultima seduta, il governatore del Veneto Luca Zaia si è presentato scuro in volto: «Sono inferocito con Trenitalia, quello che è successo nella fase d’avvio dell’orario cadenzato è inammissibile, ci avevano garantito un servizio all’altezza e i nostri pendolari hanno viaggiato su convogli freddi, gremiti e in ritardo.
Non finisce qui, stiamo riesaminando la convenzione e agiremo per via legale, chiedendo i danni. Se fosse la Regione a gestire il trasporto ferroviario, la musica cambierebbe. Sì, puntiamo a una gara d’appalto su base veneta, non è semplice ma ci stiamo lavorando». Ad ascoltare la sfuriata preliminare, i capigruppo e vice della coalizione: Federico Caner con Paolo Tosato (Lega), Dario Bond e Piergiorgio Cortelazzo (Ncd), Leonardo Padrin e Mauro Mainardi (Forza Italia). Poi Zaia è tornato sulla legge di riordino delle società partecipate, approvata dall’assemblea contro il parere della giunta grazie al voto trasversale di Nuovo centrodestra e Pd: «È inapplicabile, contiene profili di illegittimità, avevamo avvertito il Consiglio, ora non chiedeteci di sanarla». A sollecitare l’incontro era stato Bond, favorevole a un “patto di fine legislatura” imperniato su pochi obiettivi qualificanti; convinto che la Legge di Stabilità sia incostituzionale laddove conferisce maggiore autonomia fiscale e impositiva al Trentino-Alto Adige (diretto concorrente del Veneto grazie ai vantaggi tributari di cui gode), l’alfaniano ha chiesto a Zaia di impugnare il provvedimento dinanzi alla Corte Costituzionale: «Non possiamo lasciar passare questa ingiustizia, è l’ennesimo atto di spregio nei confronti delle regioni ordinarie, in particolare delle aree più deboli come il Bellunese». Il governatore ha accolto l’istanza, annunciando che firmerà il ricorso alla Consulta, con soddisfazione dell’alleato che promette «totale sostegno in questa battaglia difficile, coraggiosa e lungimirante». Parco di parole Padrin, che tuttavia ha sottolineato l’estraneità dei forzisti alla controversa legge Toniolo-Ruzzante («È un pasticcio, noi siamo usciti dall’aula per non votarla, la regola è che se non c’è accordo di maggioranza si rinvia la decisione, inutile fare i coccodrilli a giochi fatti») e poi ha invitato il governatore a porre il nuovo ospedale di Padova in cima alle priorità dell’esecutivo, sciogliendo riserve, dubbi e criticità tuttora esistenti. Scontato l’appoggio di Caner, che ha garantito la compattezza del gruppo leghista, invitando però a concentrare gli sforzi sulle questioni di ampio respiro – lavoro, sanità, infrastrutture – evitando l’assalto alla diligenza delle clientele locali che caratterizza da sempre l’ultimo scorcio legislativo. Di rimpasto neanche a parlare, nonostante la palese insofferenza del Ncd verso l’assessore ai servizi sociali Remo Sernagiotto, il cui operato è giudicato balbettante: «Non cambio nulla in giunta, abbiamo un programma e dobbiamo portarlo a compimento», la replica zaiana «vi chiedo invece una collaborazione leale in fase di bilancio 2014, abbiamo molta carne al fuoco e non dobbiamo deludere le aspettative di chi ci ha eletto. Se emergono nuove proposte dai capigruppo sono pronto a discuterne ma niente gare a chi la spara più grossa». In extremis, ha fatto capolino nella saletta il vice di Palazzo Balbi, Marino Zorzato. Che ha salutato i convenuti e poi è rimasto muto come un pesce. Chi tace acconsente. Sarà vero?
Il Mattino di Padova – 28 dicembre 2013