Marco Bonet, il Corriere del Veneto. Chi si accontenta, gode. Ma il Veneto vuol davvero accontentarsi? Se ne parla in queste ore, dopo che si è saputo che il ministero degli Affari regionali ha recapitato in Regione una bozza d’intesa, con l’urgenza che venga firmata entro la prossima settimana, che prevede forme più ampie di autonomia su cinque materie (istruzione, lavoro, sanità, ambiente e relazione con l’Ue), da finanziarsi col criterio della spesa storica, ossia tot spendeva lo Stato per gestire quelle materie qui, tot verrà dato alla Regione per gestire le stesse materie da sé.
E «il modello Trento e Bolzano»? E le 23 competenze, «tutte quelle che la Costituzione ci consente di chiedere»? E i 9/10 delle tasse? Le domande ronzano nelle teste (e sui profili social) dei leghisti e non soltanto nelle loro, perché su questo si è giocato il referendum del 22 ottobre (oltre 2 milioni di veneti alle urne) e su questa narrazione il governatore Luca Zaia ha portato avanti fino ad ora la sua battaglia, smarcandosi dall’Emilia Romagna che ora potrebbe raggiungere lo stesso risultato senza manco aver speso i 14 milioni della consultazione. Firmare un’intesa simile, per quanto «pre» e per quanto «quadro», non rischia di trasformarsi in un autogol in campagna elettorale?
Il presidente del consiglio regionale Roberto Ciambetti lo dice chiaramente: «Questo testo così com’è non si può firmare. Va tolto il riferimento alla spesa storica, come ha già detto chiaramente Zaia, e va inserito un cronoprogramma che stabilisca che certo, si parte da queste cinque materie, ma poi toccherà a tutte le altre, secondo un preciso calendario». I leghisti assistono guardinghi alle evoluzioni di questi giorni (oggi il governatore riunirà la sua delegazione trattante) mentre il consigliere indipendentista Antonio Guadagnini dà voce alle loro paure: «L’avevo detto fin dall’inizio: viva il referendum, che è prova di democrazia, ma finirà tutto in una bolla di sapone perché Roma non mollerà mai i soldi. Sta andando proprio così: ci danno le materie, poche, e non ci danno le risorse per gestirle. Questo significa prendersi rogne, altroché autonomia».
E quindi, che farà Zaia? Si rifiuterà di firmare? Difficile. Lo scetticismo («Che non manca mai – sorridono da Palazzo Balbi – anche il referendum doveva essere un flop…») può starci in questa fase, a trattativa non ancora chiusa. Il governatore, insieme ai suoi tecnici, verificherà che i contenuti delle cinque materie siano esattamente quelli stabiliti ai tavoli romani; chiederà la sostituzione del criterio della spesa storica regionale con quello dei costi standard (o della spesa storica media nazionale) così che un domani il Veneto possa sfruttare il surplus garantito dalla sua virtuosità; pretenderà che sia inserito il cronoprogramma di cui parlava Ciambetti, in modo che sia chiaro a chi verrà che il lavoro non finisce qui, ma proseguirà su tutte le 23 materie previste dalla Costituzione. E questo perché se è vero che l’intesa vincola il prossimo governo, allo stesso tempo inchioda al binario pattuito pure la Regione, che non vuole sorprese.
«Da parte del presidente c’è l’assoluta volontà di firmare» assicurano da Palazzo Balbi, dunque no, non salterà il banco, anche perché si sapeva dal principio che in due mesi non si sarebbero potuti fare miracoli. Ma una «preintesa quadro» viene considerata comunque un «capolavoro» per il momento politico. E le opposizioni sono d’accordo. «Comprendo la delusione di chi aveva creduto a certe promesse roboanti – dice Stefano Fracasso del Pd – ma ciò non toglie che siamo di fronte ad un fatto epocale. Il superamento della spesa storica giustamente chiesto da Zaia, può rivoluzionare il rapporto tra lo Stato e gli enti locali». Invita a non demordere anche Jacopo Berti dei Cinque Stelle: «Farsi sbattere la porta in faccia in questo momento, per un puntiglio, sarebbe una follia dopo tutta la fatica fatta. Siamo nel mezzo di una trattativa, trattiamo. Consapevoli che si dovrà trovare una sintesi». E dalla dem Simonetta Rubinato arriva un suggerimento sul come trattare: «Zaia alzi la posta, chieda lo sblocco del miliardo di euro di avanzi dei nostri Comuni, una cifra che investita potrebbe generare un aumento dello 0,7% del Pil regionale e 13,4 mila posti di lavoro».
Il Corriere del Veneto – 7 febbraio 2018