Se Sergio Mattarella, «il custode della Costituzione» come ama ripetere il governatore Luca Zaia, chiede che si passi per le Camere, allora si passerà per le Camere. «Il dibattito parlamentare non ci spaventa – ha detto ieri Zaia alla Consulta per l’autonomia riunita a Palazzo Grandi Stazioni -. Anzi: siamo convinti che sarà una grande occasione per smontare le tante sciocchezze basate non sui fatti ma sugli stereotipi che circolano in questi giorni, dalla “secessione dei ricchi” al collasso della sanità del Sud».
La Regione è convinta della solidità della sua proposta e vede nel passaggio a Montecitorio e Palazzo Madama una chance per convincere i parlamentari riottosi a ragionare «sulle carte» e non sui titoli dei giornali e i post sui social. Attenzione però: «Il dibattito parlamentare non può diventare l’alibi per insabbiare la riforma, non accetterò che si faccia melina. Se si vuole andare alle Camere si vada subito, basta aspettare».
Assodato che il parlamento dovrà essere coinvolto prima della firma dell’intesa (le modalità sono allo studio dei presidenti Roberto Fico ed Elisabetta Casellati), a preoccupare Palazzo Balbi non sono solo le tempistiche ma anche la profondità dell’intervento delle Camere. «La Costituzione parla chiaro – ha sottolineato il governatore confortato dal costituzionalista del Bo Mario Bertolissi, seduto accanto a lui – a firmare l’intesa sono la Regione e il governo, nessun altro. È come un contratto: viene chiuso tra due parti e non è che lo può scrivere un terzo che non c’entra niente». È stato allora lo stesso Zaia a suggerire un possibile iter: chiusura con il governo di una bozza di pre-intesa; firma; passaggio del testo provvisorio in parlamento ed eventuali modifiche; se queste sono accolte da governo e Regione, scrittura di una nuova intesa; firma definitiva; approvazione della nuova intesa, così rivista e corretta, da parte di Camera e Senato a maggioranza assoluta dei loro componenti. Se ne parlerà, probabilmente, durante l’incontro di domani, l’ennesimo (ormai siamo oltre quota trenta), a Roma, tra il ministro degli Affari regionali Erika Stefani e i governatori di Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna.
Zaia ha fatto sfoggio del consueto ottimismo («Solo i pessimisti non fanno fortuna»), sferzato le burocrazie ministeriali («Non possiamo aspettarci che i capponi apparecchino la tavola a Natale»), rivendicato la bontà delle politiche regionali, più vicine ai cittadini («L’occhio del padrone ingrassa il cavallo») ma contrariamente al passato, in platea si sono registrati più dubbi che entusiasmi. I continui rinvii (22 ottobre 2018, Natale, Capodanno, 15 gennaio, 15 febbraio, inizio della primavera, elezioni Europee, entro l’estate, per fine 2019), uniti alla novità del passaggio non formale ma sostanziale in parlamento, dove gli eletti del Centro-Sud sono maggioranza, inducono gli stakeholder se non al pessimismo, quanto meno alla prudenza.
«L’autonomia può valere molte manovre economiche – dice il presidente di Confindustria Matteo Zoppas – è un vero strumento di spending review. Chiediamo che le parti coinvolte trovino quanto prima una mediazione definendo un percorso strutturato verso l’efficientamento del Paese. Vanno assolutamente accorciati i tempi per la proposta a Camera e Senato. Facciamo presto! C’è una recessione in corso e l’economia italiana ha bisogno di piani strutturali». Scettico il presidente di Confturismo Marco Michielli: «Il brodo si allunga. Temo che demandare tutto al parlamento sia un modo per “non decidere”, rinviando la questione a dopo le Europee, se non alla prossima legislatura. Di questo passo rischiamo di perdere il treno».
La presidente di Anci Maria Rosa Pavanello e quello dell’Upi Stefano Marcon chiedono che sia coinvolto il territorio («Comuni e Province devono essere il motore di questo processo e rappresentano le gambe su cui deve camminare l’autonomia») mentre il segretario della Cgil, Christian Ferrari, contesta il metodo adottato da Zaia: «È una Consulta che non consulta nessuno, l’ennesimo show mediatico privo di confronto che di certo non avvicina la riforma federale dello Stato». Una critica mossa anche dal capogruppo del Pd Stefano Fracasso: «Bene che Zaia abbia riunito la consulta. Non si dimentichi però che esiste anche un consiglio regionale dove il presidente non riferisce da un anno sul negoziato». E Simonetta Rubinato di Veneto Vivo mette in allerta: «Se Zaia continuerà a giocare la partita in solitaria rischia un clamoroso autogol».
corveneto