Fino alle Europee, non una parola. Poi, si vedrà. Ma nonostante il silenzio imposto dall’ennesima campagna elettorale, nella Lega sono in molti a mugugnare per i ritardi dell’autonomia. Tra i colonnelli c’è chi si chiede: «Per quanto ancora potremo incolpare i Cinque Stelle?», mentre altri si domandano se la promessa finora mancata di avvicinare il Veneto al Trentino Alto Adige, ad un anno e mezzo dal referendum, non avrà i suoi primi effetti già il 26 maggio (difficile: i sondaggi danno la Lega al 52% in Veneto e al 45% nel collegio Nordest).
La situazione, c’è poco da dire, è di stallo totale. L’ha confermato il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Giancarlo Giorgetti lunedì a Venezia («Siamo all’impasse, non si va né avanti né indietro ma non possiamo tirarla lunga»), l’ha ribadito mercoledì a Roma il ministro per gli Affari regionali Erika Stefani («Ad oggi non sono stati sciolti i nodi politici che devono essere analizzati e sviscerati») ed anche la giornata trascorsa dal governatore Luca Zaia nella capitale l’altro giorno, tra incontri nei ministeri e audizioni in parlamento, non ha rasserenato l’orizzonte, anzi.
Zaia non ha fatto che ribadire le richieste di sempre, a cominciare dal trasferimento della bozza d’intesa alle Camere, «qui e ora». I presidenti Roberto Fico ed Elisabetta Casellati, però, non hanno ancora sciolto il rebus sull’iter da seguire, mentre il Consiglio dei ministri non pare avere la riforma in cima alle sue priorità elettorali (prima ci sono i rimborsi ai «truffati» delle banche, le sanatorie, lo sblocca cantieri, mentre in parlamento si dibatte di castrazione chimica), sicché sempre là si sta, fermi.
«La madre di tutte le battaglie rischia di trasformarsi nella nuova Guerra dei cent’anni e allora Zaia fa retromarcia – ironizza il dem Graziano Azzalin -. L’urlo bellicoso dell’ottobre 2017 è diventata una timida supplica: firmiamo qualcosa giusto perché ci sono le elezioni e può tornare utile per fare propaganda». Rincara Piero Ruzzante di Leu: «Ci sono voluti 530 giorni ma alla fine il bluff di Zaia è crollato: addio residuo fiscale, addio al principio del 90% da trattenere per i veneti, addio intesa “blindata” col governo e benvenuto iter parlamentare. Ma ve la ricordate la proposta di legge per il Veneto regione a statuto speciale?». Roberto Caon, ex leghista ora in Forza Italia, racconta che «tra i banchi della Camera, i colleghi grillini dicono: “abbiamo vinto noi”, “Zaia si è dovuto arrendere”, “abbiamo fermato la secessione dei ricchi”. Salvini raccontava che l’autonomia si sarebbe fatta “in 15 minuti” e invece non si farà mai».
Tiepidi anche gli industriali: «Ci siamo confrontati con i presidenti delle nostre associazioni regionali – spiega il leader di Confindustria Vincenzo Boccia – e abbiamo una visione molto chiara, l’autonomia deve servire per recuperare efficienza e dare competitività al Paese non deve costruire nuovi centralismi. Servono clausole di supremazia per dirimere i conflitti tra Stato e Regione, ad esempio su energia e infrastrutture e va tenuta sempre presente la politica di coesione».
corveneto