Nessun passo indietro. «Non rinuncerò mai all’Azienda Zero, a costo di andare avanti da solo. È un impegno che ho preso con i veneti e lo porterò fino in fondo». Così il governatore Luca Zaia ha messo definitivamente a tacere qualunque ipotesi di revisione, o addirittura di abbandono, dell’ormai famigerato «progetto di legge 23», il più importante di questa legislatura e probabilmente di entrambi i suoi mandati, destinato com’è a rivoluzionare (solo il tempo dirà se in meglio o in peggio) il sistema sociosanitario del Veneto. Un sistema che è «un’eccellenza» a detta di tutti e metter mano a «un’eccellenza» certo è un bel rischio. Tant’è, Zaia non ha mostrato alcun tentennamento e in appena due ore ha archiviato la pratica del consiglio straordinario chiesto a gran voce dal Pd dopo la nomina del nuovi direttori generali, che ora sono 7 (uno per provincia) più 2 (Bassano e il Veneto Orientale), più i 2 direttori delle Aziende Ospedaliere di Padova e Verona e quello dello Iov.
Un consiglio straordinario che i capigruppo di Lega e Lista Zaia, Nicola Finco e Silvia Rizzotto, hanno definito all’uscita da Palazzo Ferro Fini un «assist straordinario» a Zaia, e a ragione, visto che il Pd, che alla vigilia aveva minacciato sfracelli, non è manco riuscito a depositare una mozione da mettere ai voti nei modi e nei tempi previsti dal regolamento. «Lo faremo in occasione del bilancio» assicurano i dem , ma per allora è sicuro che l’attenzione sarà concentrata su tutt’altro. Ad ogni modo, se ci fosse stata, la mozione avrebbe contato essenzialmente due punti, esplicitati in aula dalla capogruppo Alessandra Moretti, dal responsabile Welfare del Pd Claudio Sinigaglia e dagli altri consiglieri di minoranza: ritiro del pdl 23 e riscrittura del piano socio sanitario varato nel 2012, che in effetti così com’è pare totalmente fuori binario rispetto alla rotta tracciata da Zaia.
I dem hanno sgombrato subito il campo dall’obiezione più spinosa oppostagli finora dal governatore, quella per cui pure loro, in campagna elettorale, proponevano una Usl per provincia e un’Agenzia regionale socio sanitaria che pare la fotocopia dell’Azienda Zero. «Dunque adesso che problema c’è?» chiede Zaia. Le volevamo sì, ribattono loro, ma non così. «La riforma delle Usl è doverosa e necessaria – ha detto Moretti – ma l’Azienda Zero mostra gravi profili di incongruità e illegittimità, l’impianto complessivo è debolissimo e fa venir meno quell’integrazione sociosanitaria che è all’origine del modello veneto che tanti consensi raccoglie. Il pdl 23 non va nella direzione di potenziare il welfare, come invece si dovrebbe fare tenendo in considerazione l’evoluzione demografica, e provoca uno scollamento dal territorio, come dimostrano le proteste dei sindaci».
Tutti i partiti di opposizione si sono alternati al microfono, da Giovanna Negro dei «Tosiani» a Marino Zorzato di Area Popolare, fino a Patrizia Bartelle del Movimento Cinque Stelle (il suo capogruppo, Jacopo Berti, a seduta finita dirà: «Soliti giochi di Palazzo per un pugno di primari», così, senza però circostanziare) ma è stato soprattutto il Pd a cannoneggiare, anche sulla scelta di nominare 12 dg, anziché 25. «Quale legge ha permesso a Zaia questa riduzione? Il presidente da chi ha ricevuto il mandato visto che il pdl 23 non è ancora stato approvato? – ha chiesto Sinigaglia -. Perché tutte le Usl hanno subìto l’accorpamento forzoso, tranne Bassano e il Veneto Orientale? E non si dica che è stata una scelta dettata dai tagli di Roma perché il fondo sanitario è lo stesso del 2015 e dal 2010 è cresciuto di 6 miliardi. Diteci piuttosto perché la Regione non contribuisce con fondi propri, come altre Regioni, al fondo per la non autosufficienza».
Zaia, tra i consueti ringraziamenti «per il bel confronto» e l’ormai altrettanta consueta minaccia di rispondere con querele a chiunque avanzi il benché minimo sospetto di illegalità, ha spiegato che alcune delle richieste emerse durante le audizioni in commissione Sanità saranno accolte ma la legge quella è e quella rimane «e arriverà in aula subito dopo l’approvazione del bilancio». Tre, in particolare, i punti su cui la maggioranza apre, sotto la regia del presidente della commissione Fabrizio Boron: un direttore del Sociale per ciascuna Usl così com’è stato fino ad ora, senza riunioni sotto un’unica figura provinciale; difesa dei compiti di programmazione del consiglio, peraltro previsti da una legge dello Stato; coinvolgimento delle conferenze dei sindaci, che molto probabilmente resteranno come sono, in corrispondenza dei distretti, senza mega assemblee da cento e passa fasce tricolori.
«Risparmieremo a regime 60 milioni l’anno» ha ribadito una volta di più Zaia, che ha poi messo fretta al consiglio: «Ho voluto riconoscere le specificità di Bassano e del Veneto Orientale perché la prima è l’Usl della Pedemontana e la seconda, oltre ad essere attratta sia da Treviso che da Venezia, è l’Usl di riferimento per i turisti del mare. Al consiglio non va bene? I commissari scadono il 31 dicembre 2016. Se per allora l’aula avrà approvato la riforma dandomi indicazioni diverse, le rispetterò». Il governatore ha infine rinnovato l’impegno sul nuovo ospedale di Padova («Lo stanziamento da 50 milioni l’anno per tre anni è confermato») ed è sbottato: «Leggo fantasiosi retroscena sullo spostamento di Dario dall’Azienda ospedaliera all’Usl 16. La sua conferma era condivisa col rettore Rizzuto ma saltata l’ipotesi, che ho valutato fino alla fine, di accorpare Usl e Azienda, e non potendo nominare Benazzi all’Usl perché avrebbe dovuto sovrintendere alla sua vecchia Usl, alla fine ho scelto lui, Dario, cui va tutta la mia fiducia». (Marco Bonet – Il Corriere del Veneto – 2 febbraio 2016)
SANITÀ, ZAIA NON CEDE DI UN PALMO: «NOVE ULSS CON L’AZIENDA ZERO». MORETTI: NO ALLO STRAPOTERE DEL GOVERNATORE E DI MANTOAN
di Filippo Tosatto. L’opposizione segna un punto strappando la convocazione straordinaria del Consiglio sulle nomine in sanità, poi però si presenta in aula sparando a salve e Luca Zaia, furbone, dorme sonni tranquilli. Succede che il Pd (promotore della seduta con il sostegno di tosiani, M5S e Area popolare) chieda il ritiro del progetto del governatore che accorpa le Ulss e istituisce l’Azienda Zero – sollecitando invece l’approvazione prioritaria del nuovo Piano sociosanitario 2017-2022 – ma pasticci sui tempi di presentazione della mozione: anziché in avvio, il fatidico documento spunta a dibattito in corso e regolamento alla mano – com’è lesto a precisare il presidente Roberto Ciambetti – la sua messa in votazione richiede il consenso dei due terzi dell’assemblea a prevalenza leghista. Morale della favola? Voto negato, mozione nel cassetto e buonanotte ai suonatori: l’atteso Consiglio si concluderà in un paio d’ore, senza uno straccio di risoluzione.
Per parte sua, Zaia avverte che non modificherà di un palmo la rotta intrapresa: «Ho tenuto fede all’impegno con gli elettori di ridurre il numero delle Ulss. Già nel 2010 avevo proposto di costituire una sola unità per provincia e ora, a scadenza di mandato dei 23 direttori generali in carica, ho ritenuto doveroso assumere la responsabilità di questa scelta, nominando sette direttori generali provinciali per 5 anni e dando il via alla riforma della governance della sanità veneta. I contratti con i nuovi dg sono stati siglati a parità di stipendio con i direttori precedenti, attingendo all’albo dei manager validati e rispettando quindi tutti i requisiti di legge e senza alcun timore di danno erariale. L’Azienda Zero? Sarà il primo argomento in discussione dopo il bilancio, pronti ad accogliere alcune modifiche suggerite nelle audizioni, come il mantenimento del sociale nel territorio e della figura del direttore sociale in ogni Ulss. Il suo varo è una priorità, poi andremo ad aggiornare insieme il piano sociosanitario».
Dal gruppo democratico Alessandra Moretti in primis e poi Bruno Pigozzo, Claudio Sinigaglia, Orietta Salemi, Francesca Zottis e Piero Ruzzante, la rivendicazione di un ruolo nel processo di riforma – «II destino della sanità non può rimanere nelle sole mani di Zaia e Mantoan» – e una critica trasversale a maggioranza e opposizione: «Siamo l’unica forza politica che ha obbligato il governatore a presentarsi in Consiglio per spiegare le linee di un progetto che mette le mani su un settore cruciale come la sanità, dove si deve cambiare per migliorare i servizi ai cittadini agendo però con il massimo della trasparenza e del coinvolgimento istituzionale. Rimaniamo perplessi e preoccupati per l’atteggiamento di passività e silenzio che è venuto da larga parte dell’assemblea: non abbiamo sentito una parola da parte dell’assessore alla sanità, ma neppure dal presidente leghista e dal vicepresidente 5 Stelle della commissione competente. Un generale appiattimento che non fa che consegnare nelle mani di due sole persone, il destino della sanità veneta peri prossimi anni. È uno scenario inaccettabile».
I 5 Stelle per voce di Patrizia Bardelle denunciano «rette e ticket per prestazioni disgustosamente alti» e il capogruppo Jacopo Berti graffia: «Siamo al nulla cosmico, Zaia imita Renzi e governa a colpi di titoli sui giornali, nel frattempo il Pd ruggisce con il vigore di un gattino bagnato, anziché in aula sembrava di essere al mercato del pesce. Anzi, al mercato dei primari».
«Minoranza frustrata e incapace di fare proposte», ribattono gli speaker leghisti Nicola Finco e Silvia Rizzotto. «Le priorità non sono le nomine bensì il riparto dei costi standard e la riduzione delle liste d’attesa», sostiene la tosiana Giovanna Negro; «Non è chiaro il filo logico che sta alla base di queste scelte», sentenzia Marino Zorzato, vecchia volpe alfaniana. (Il Mattino di Padova – 2 febbraio 2016)
2 febbraio 2016