I nomi «riletti» a tre anni dalla campagna elettorale. Tiozzo: «No a sospetti o la politica la faranno solo i ricchi». C’è poco da fare: le ferie agostane sono sacrosante e l’opinione dei tesorieri di partito vale evidentemente di più di quella degli elettori. Non si spiega altrimenti la decisione del parlamento di rimandare a metà settembre il pacchetto di provvedimenti sul finanziamento pubblico ai partiti. Eppure non é ancora così chiaro a che cosa servano i 56,3 milioni di euro di rimborsi elettorali erogati quest’anno, visto che, almeno per le regionali del 2010, sono stati soltanto tre su sessanta i consiglieri che hanno avuto aiuti economici sostanziosi dai rispettivi partiti.
E di questi solamente Pietrangelo Pettenò ha basato la sua campagna elettorale sui 35 mila euro dati da Rifondazione comunista, mentre Franco Bonfante e Mauro Bortoli (che dal Pd hanno ricevuto rispettivamente 26 mila e 14 mila euro) hanno usufruito anche dell’aiuto di comitati e di alcuni privati.
Tutti gli altri consiglieri eletti invece si sono dovuti arrangiare per ottenere finanziamenti o hanno chiesto aiuto alla famiglia. È il caso dell’assessore Renato Chisso (Pdl) che ha ottenuto quasi 22 mila preferenze grazie al contributo di 34 mila euro di suo padre Primo Chisso, del consigliere Stefano Valdegamberi, che ne ha ricevuti 8 mila da Francesco Valdegamberi, e del leghista Andrea Bassi che conta su un contributo di 6 mila euro da parte di Plinio Bassi. La maggioranza dei consiglieri però ha preferito lanciarsi in raccolte fondi all’americana coinvolgendo comitati di simpatizzanti o aziende del territorio che non hanno fatto mancare i danari alla campagna elettorale contribuendo con più di 700 mila euro, tutti rendicontati nei registri della Corte d’appello di Venezia. Una delle società che maggiormente ha contribuito alla campagna elettorale è stata Net Engineering che ha versato ben 55 mila euro distribuiti tra Pdl e Udc nonostante i due partiti fossero antagonisti. Nei rendiconti di Leonardo Padrin (Pdl), Clodovaldo Ruffato (Pdl), Remo Sernagiotto (Pdl) e Stefano Peraro (Udc) il nome della società che avrebbe dovuto realizzare la metropolitana di superficie, la Sfmr, appare nero su bianco.
E qui sorgono alcune domande obbligatorie visto che Net Engineering, durante la campagna elettorale del 2010, era già in affari con la Regione, come si può leggere in decine di atti della giunta regionale. «È vero che ho ricevuto un finanziamento da questa società – ammette l’assessore Sernagiotto – ma è altrettanto vero che quando c’è stato da votare in giunta il ricorso legale contro Net Enegineering non mi sono tirato indietro». E in effetti, va detto perché non sembri che ci siano state indebite pressioni da parte di aziende private sui consiglieri, che nonostante la spesa trasversale, la società padovana presieduta da Giovanni Battista Furlan non ci ha guadagnato molto nel sostenere i consiglieri. Poco dopo le nomine Net Engineering infatti ha iniziato un lungo contenzioso con palazzo Balbi con il quale è ancora in causa. «Tutti questi finanziamenti sono dichiarati proprio perché se qualche consigliere o qualche assessore fa degli interessi di parte si possa vedere subito», continua Sernagiotto, che in occasione della campagna elettorale aveva aperto un sito internet per accogliere finanziamenti come tanti altri candidati. Un altro benefattore più o meno trasversale della politica regionale è Furio Bragagnolo di Pasta Zara che ha diviso ventimila euro tra l’assessore del Pdl Elena Donazzan (che ha ricevuto finanziamenti anche da Unicomm, il gruppo commerciale della famiglia Cestaro a cui fanno capo i Famila e gli Emisfero) e il consigliere della Lega Luca Baggio.
Più complessa invece la posizione dell’assessore Marino Finozzi, che è stato uno dei più abili ad attrarre aiuti economici (quasi 57 mila euro) ma anche il più esposto a eventuali critiche. Diecimila euro infatti sono arrivati dalla Siram di Milano collegata alle indagini sullo scandalo dell’ex tesoriere della Lega Francesco Belsito e gestore del riscaldamento degli ospedali di Treviso, Belluno, Venezia e Rovigo. Gli altri fondi arrivano invece dallo studio Altieri, dalla Saiv e dalla Maltauro Costruzioni che con la Regione lavora e ha lavorato parecchio. «Si tratta di fondi dichiarati avuti tramite contatti di alcuni amici durante la campagna elettorale o di titolari di studi e società che conosco da tempo – interviene Finozzi – Ma in questi anni non ho mai ricevuto pressioni. E poi, diciamolo, nel 2010 nessuno immaginava che avrei avuto sedicimila preferenze e sarei diventato assessore al Turismo». A sentire Finozzi, chi ha dato una mano sapeva di non doversi aspettare nulla in cambio. Tranne forse Giovanni Masello, che a un anno di distanza dalle elezioni alle quali ha contribuito con tremila euro, è diventato presidente della neonata Veneto Promozione, società partecipata dalla Regione e da Unioncamere. «Non diciamo sciocchezze – puntualizza Finozzi – Masello è un imprenditore serio e aveva il curriculum adatto. E poi da questa nomina non arriva a prendere 15 mila euro all’anno che devolve interamente alla Città della speranza di Padova».
Ancora più esposte a possibili critiche sono però le posizioni di Giampiero Marchese (che ha incassato 178 mila euro durante la campagna elettorale) e Lucio Tiozzo (59 mila euro). Entrambi infatti hanno ricevuto finanziamenti dalle cooperative indagate per lo scandalo del Consorzio Venezia Nuova (Coveco e San Martino). «Nel 2010 le coop che hanno finanziato la mia campagna elettorale non risultavano indagate – ribatte Tiozzo – e poi sono stato per anni il vicepresidente regionale di Legacoop. Quello delle cooperative è il mio mondo». Tiozzo inoltre sottolinea che da parte sua non c’è alcun atto in consiglio regionale a favore delle cooperative di Chioggia e che «è sbagliato demonizzare i finanziamenti regolarmente rendicontati. Senza questi il rischio è che facciano politica solo i ricchi o non ci sia più trasparenza». «Il sistema dei finanziamenti trasparenti è l’unico che permette di vedere se ci sono forzature – aggiunge il presidente della Commissione sanità Leonardo Padrin -. È normale che un consigliere che proviene dai sindacati faccia alcuni interessi e che uno che viene da Confcommercio ne faccia degli altri, un’altra cosa sono le forzature. E queste si vedono eventualmente dagli atti firmati in consiglio».
Anche i finanziamenti allo stesso Padrin da parte delle case di cura Villa Maria e Abano Terme non devono essere male interpretati. «Quando ho fatto la campagna elettorale non ero presidente della commissione sanità – continua Padrin – e tra i miei atti non ce ne sono a favore di queste due case di cura». D’altra parte è evidente che le aziende decidono di finanziare le campagne elettorali dei consiglieri sulla base della territorialità. Senza che ci sia alcun illecito o atto torbido è normale che tutti vogliano un consigliere della propria zona tra gli scranni di palazzo Ferro Fini. Anche, per esempio, Mattia Galbero che dopo aver finanziato con 9 mila euro la campagna elettorale del veronese Giancarlo Conta (Pdl) è finito nel consiglio di amministrazione della Fondazione Arena di Verona. Non mancano infine i consiglieri che hanno investito parte del loro patrimonio nella loro carriera politica. L’assessore Franco Manzato ha messo sul piatto più di 40 mila euro per essere eletto e così hanno fatto anche Arianna Lazzarini (37 mila euro), Giuseppe Bortolussi (20 mila euro), Federico Caner (18 mila) e Mariangelo Foggiato (15 mila). L’ex leghista Santino Bozza invece ha fatto un fifty-fifty: 7 mila euro li ha messi lui e 7 mila la sua amica e collega di partito Paola Goisis. Per qualcuno infine la campagna elettorale è stata quasi del tutto indolore. «Io ho detto ai sostenitori di dare i soldi direttamente alla sezione provinciale della Lega – conclude Giovanni Furlanetto – perché non ho fatto campagna elettorale per me stesso, ma per il partito».
Corriere del Veneto – 13 agosto 2013