ricchezza delle famiglie italiane prosegue nella sua china discendente e fa segnare, a fine 2013, un nuovo calo in termini reali(via deflattore dei consumi) dell’1,7%. Dalla fine del 2007, l’anno della crisi dei mutui subprime Usa che ha poi aperto il lungo ciclo delle recessioni italiane, il calo cumulato arriva così all’8%. E la tendenza non cambierà neppure nel 2014, visto che già nel primo semestre le stime preliminari indicano un’ulteriore variazione negativa, questa volta in termini nominali, dell’1,2% rispetto al dicembre 2013.
La desolante fotografia arriva dal Supplemento al Bollettino statistico di Bankitalia diffuso ieri, a ruota dei dati con il nuovo record del debito pubblico segnato a ottobre. Poiché il peso della attività reali (abitazioni, terreni eccetera) vale il 60% della ricchezza lorda (il 40% è rappresentato da attività finanziarie e il 9,2% dalle passività) non è difficile trovare uno dei principali driver di questo impoverimento: il valore delle abitazioni. Le case, che pesano per più dell’85% delle attività reali degli italiani (il 4% i terreni), si sono svalutate nel corso del 2013 del 4,4% in termini reali (-4,1% con l’inflazione). Come ricordano gli analisti di Via Nazionale, la crescita media annua del valore delle abitazioni è stata pari al 6,9% nei dodici anni che hanno preceduto la crisi finanziaria internazionale (1995-2007), mentre dalla fine del 2007 il loro valore a prezzi correnti è pressoché invariato (-0,2% annuo).
In valori assoluti ecco il flash di fine 2013: una ricchezza netta complessiva pari a 8.728 miliardi, ovvero 144mila euro procapite e 356mila euro per famiglia. La ricchezza abitativa, sempre a fine dell’anno scorso valeva, 4.900 miliardi di euro. La variazione della ricchezza complessiva può essere attribuita a due fattori, si legge del documento di Palazzo Koch, il risparmio e i capital gain, che riflettono la variazione netta dei prezzi delle attività reali e finanziarie. Ebbene l’anno scorso il risparmio, dopo otto anni di diminuzioni, è tornato a crescere, risultando pari a 46 miliardi di euro contro i 34 dell’anno precedente. Ma i capital gain sono stati negativi per 195 miliardi di euro, per effetto del calo dei prezzi delle abitazioni e delle altre attività reali non completamente compensati dai capital gain finanziari. Il risultato è stato una riduzione della ricchezza netta complessiva (in termini reali) di 150 miliardi (-123 miliardi nominali).
Guardando al lungo periodo il risparmio (1995-2013) ha contribuito alla costruzione della ricchezza degli italiani per due terzi, mentre i capital gain per il terzo restante. E questi ultimi sono da ascrivere, nel periodo, per il 70% alle abitazioni e agli altri asset reali e per il 30% alle attività finanziarie. Solo che nel periodo il risparmio ha sempre mostrato un andamento discendente tranne che nel 2013, appunto, quando ha fatto segnare un timido rimbalzo dello 0,5% sull’anno prima. Mentre i capital gain sono cresciuti sempre tra il 1996 e il 2000 per poi scendere in negativo (tranne la parentesi 2004-2005 e 2012-2013). I guadagni da capitale sulle attività reali, in particolare, sono stati sempre in crescita (in termini nominali) dal 2000 al 2007 grazie alla rivalutazione degli immobili, mentre negli anni più recenti (2009 escluso) l’andamento è stato negativo.
Ma in quest’ultimo scorcio della crisi è cambiato il rapporto tra ricchezza netta e reddito disponibile? La risposta è negativa. A fine 2013 il rapporto era 7,9, in linea con gli anni precedenti (il rapporto ha oscillato tra il 7,8 e l’8,2 nel periodo 2006-2013). Si tratta di un rapporto comparabile con quelli delle famiglie francesi, giapponesi o britanniche ma superiore rispetto alle medie di Stati Uniti, Germania o Canada. Il peso del mattone in rapporto al reddito degli italiani si vede anche con un altro indicatore: quello che mette in relazione le attività reali al reddito disponibile. Nel 2012 è stato pari a 5,4 volte; solo la Francia ha fatto di più (5,94), mentre negli Usa ci si è fermati al 2,04%.
Il Sole 24 Ore – 17 dicembre 2014