«Se crescono i volumi tutti gli impianti funzionano a pieni giri e quello che si perde con la compressione dei margini lo si recupera dalla maggiore produzione. Chi fa industria può capire la soddisfazione di vivere una fase di crescita»: l’ad di Barilla Claudio Colzani ha commentato in questo modo i risultati di bilancio del 2013 e quelli dei primi quattro mesi dell’anno corrente. L’anno scorso i volumi prodotti sono aumentati del 4% (dell’1% in Italia contro un dato di mercato del -3%) e nei primi 4 mesi del 2014 continuano a correre del 3% (+2,1% in Italia contro -0,8% del mercato), come il fatturato e con un Mol stabile.
La crescita sui nuovi mercati è molto robusta (anche se le basi di partenza sono ridotte), specie in Brasile e Russia. In quest’ultimo Paese Barilla convertirà uno dei due stabilimenti di biscotti ex Kamps, nella regione di Mosca, per produrre pasta destinata al quarto mercato mondiale per consumo. «Costruiremo tre linee produttive – ha detto Colzani – in generale vogliamo crescere in modo aggressivo in Asia e in Sud America».
Barilla ha chiuso il 2013 con un utile di 109 milioni di euro, in crescita rispetto ai 60,2 milioni del 2012 quando però aveva spesato una maggiore svalutazione della partecipazione nella tedesca Lieken, poi ceduta nel corso dell’ultimo anno. L’Ebitda ricorrente è stato pari a 425 milioni (433 milioni nel 2012). I ricavi si sono attestati a 3,535 miliardi di euro. Il confronto con l’esercizio precedente evidenzia una contrazione dell’11,5% dovuta all’uscita di Lieken dal perimetro del gruppo nel mese di maggio. A perimetro costante, i ricavi hanno mostrato una crescita dell’1,4% (+2,5% se si esclude l’impatto negativo dell’effetto cambio) a 3,2 miliardi mentre i volumi sono saliti del 4%. Alla fine l’azienda è cresciuta nelle categorie principali: pasta, sughi e prodotti da forno.
Prosegue anche la riduzione dell’indebitamento: a 347 milioni dai 574 milioni del 2012 con una leva che si è ridotta a 0,8 volte l’Ebitda e che nel 2014 è attesa in ulteriore contrazione a 0,7 volte. Un dato centrale quello del debito che in due anni si è dimezzato: tutto ossigeno per finanziare soprattutto il processo di acquisizione che dovrebbe contribuire al raddoppio del fatturato (a 6 miliardi nel 2020) con 1,2 miliardi; il resto arriverà dalla crescita organica, il 5% medio annuo.
«Nell’esercizio 2013 – ha spiegato ieri durante la presentazione dei dati il presidente Guido Barilla – è entrata nel vivo la nuova strategia, permettendo all’azienda di superare la difficile congiuntura. La strategia passa attraverso una concentrazione sulle attività centrali per offrire prodotti di qualità superiore e la crescita mirata nei principali mercati e in selezionate economie emergenti».
Nel 2013 il gruppo ha continuato a risentire della difficile situazione del mercato italiano che rappresenta il 45% dei volumi realizzati dal gruppo. Nonostante tutto l’azienda continuerà a investire ancora in Italia, a Parma: 13 milioni per collegare l’area di stoccaggio del grano alla linea ferroviaria. Dopo gli 11 milioni del magazzino automatizzato di Pedrignano nel 2013 e i 42 dello stabilimento dei sughi di Rubbiano nel 2012. A proposito di investimenti in nuovi prodotti, la multinazionale emiliana rivendica la leadership nella pasta senza glutine negli Stati Uniti (25% di quota di mercato) e in Italia, conquistata in pochi mesi nel mass market grazie alla confezione da 400 grammi in vendita a 1,79 euro. Infine il rilancio del marchio Voiello, prodotto con “grano aureo” interamente coltivato in Italia.
Diverso lo scenario internazionale nel 2013: in Europa, eccetto l’Italia, i volumi sono saliti del 5%; in America e nell’area Australia, Asia e Africa del 9%. Dal prossimo luglio Barilla ritornerà sull’importante mercato britannico, «non in punta di piede – ha concluso Colzani – ma da big mondiale del settore e con un prodotto che dà valore alla pasta. Oggi le catene inglesi maltrattano questo prodotto, collocandolo male persino sugli scaffali». ve si realizzano venti prodotti tra merende, biscotti, pane e fette biscottate Mulino Bianco e Pavesi) escono 26mila pezzi di focaccia ogni ora, 5.500 tonnellate l’anno, con 13 persone dedicate alla linea produttiva 24 ore su 24. «Abbiamo la potenzialità produttiva per arrivare a 7.200 tonnellate, ma ciò richiederà altri tre milioni di investimenti per potenziare la zona packaging», precisa Ferrari. Investimento che sarà completato quando retailer e consumatori italiani avranno accettato la nuova focaccella «e in vista del debutto sui mercati oltreconfine», aggiunge il vicepresidente.
Il Sole 24 Ore – 28 maggio 2014