Confermata la presenza dell’insetto nella Bassa: l’Ulss 21 ha già preso le misure di sicurezza necessarie. Tutti i centri trasfusionali hanno attivato immediatamente i test di controllo per il virus. Territorio mappato, nessun caso
La febbre del Nilo occidentale non coglie impreparati gli oltre 3.000 donatori di sangue della Bassa, né i 32mila che abitano del resto della provincia. Sembra un paradosso, ma l’inserimento del territorio veronese nell’elenco delle zone italiane in «quarantena» – ossia sottoposte a sorveglianza speciale dopo il rinvenimento a Casaleone da parte dell’Istituto zooprofilattico sperimentale delle Venezie (Izs) di un esemplare di zanzara «Culex pipiens», positivo al virus di «West Nile disease» – fa più paura a chi risiede al di fuori dei confini scaligeri che ai veronesi. Tutto ciò perché i centri trasfusionali del territorio hanno attivato immediatamente i test, sovvenzionati dalla Regione, per rilevare eventuali contagi, sia sui campioni già raccolti che sui donatori. Accade il contrario nella vicina Lombardia, dove la Regione, per risparmiare risorse, non copre i costi dei test aggiuntivi sul sangue, applicando la norma che prevede la sospensione precauzionale per 28 giorni per i donatori che abbiano trascorso almeno una notte nel veronese, compresa la zona del Garda.
È stato Giuliano Grazzini, direttore del Centro nazionale sangue, a diramare a tutti gli enti interessati e ai responsabili delle associazioni di volontari del sangue, la circolare con cui sancisce l’inserimento della provincia veronese nelle zona a rischio «West Nile». Il direttore, nella nota, ha disposto l’applicazione di 28 giorni di sospensione temporanea ai donatori, non sottoposti a test, «che abbiano soggiornato a Verona o nella sua provincia anche solo per una notte». «Le donazioni raccolte nel Veronese», dice la comunicazione, «saranno sottoposte a test effettuati per ogni singolo campione».
Dopo la segnalazione della presenza del virus nella Bassa, l’Ulss 21 ha proseguito nel monitoraggio per sondare l’eventuale diffusione del virus, anche se non è stato ancora registrato alcun caso sull’uomo. «Stiamo mappando il territorio», conferma Paolo Coin, direttore del Dipartimento di prevenzione dell’Azienda sanitaria 21, «per verificare l’esistenza del virus oltre la zona dove è stato rilevato l’esemplare di zanzara infetta. È importante sapere come si evolve la contaminazione, visto che gli uccelli selvatici sono portatori del virus, che poi viene trasmesso, attraverso le punture, dalle Culex all’uomo». Il dirigente ribadisce: «La malattia deve ormai essere considerata endemica, cioè costantemente presente sul territorio. Nell’80 per cento dei casi, l’infezione è asintomatica. Nel 20 per cento, può comparire una febbre che si risolve in una settimana. Forme più gravi sono molto rare».
L’arrivo nella Bassa della febbre «West Nile» non ha influito sul flusso di sacche di sangue e plasma raccolte nelle strutture dell’Ulss 21 dove, ogni anno, vengono effettuate 12mila donazioni. «Per chi dona», dice Francesco Bertola, direttore del Centro trasfusionale dell’Ulss 21, «non è cambiato nulla. Infatti, ai precedenti esami di routine prima del prelievo, si è aggiunta una provetta in più, per verificare la presenza o meno del virus. Il lavoro viene coordinato dal Dipartimento interaziendale di Medicina trasfusionale, che ha già adattato i macchinari per i nuovi test». «Da più di una settimana», osserva Mauro Zocca, presidente provinciale dell’Avis, «nei centri trasfusionali veronesi viene effettuato lo screening su tutti i donatori. È una prassi che viene comunque attivata quando si verificano casi di massima attenzione. Il costo per ulteriori analisi, lo sostiene la Regione. I controlli tempestivi non hanno scoraggiato i nostri donatori».
23 agosto 2013