Nata a Roma da padre istriano e madre fiorentina, Beatrice Lorenzin ha quarantatrè anni, maturità classica, deputata dal 2008, mantiene l’incarico di ministro della Salute assegnatole da Letta nel precedente governo. Nel ‘99 coordina i giovani di Forza Italia nel Lazio, nel 2001 è consigliere comunale a Roma e dal 2006 al 2008 è coordinatore nazionale dei Giovani per la Libertà. A novembre lascia Berlusconi per il Ncd. Beatrice Lorenzin 2 rappresenta la continuità. Entrata e uscita dal totoministri in una ridda di voci e di tentativi di conquista del sua posto, l’ex fedelissima berlusconiana ha conservato una poltrona che resta al rango della «serie A» dei ministeri, superando il rischio di finire inglobato nel super Welfare. E che dunque sarebbe finito sempre di più nella ridotta controllata dall’Economia.
Tra i vari tweet succedutisi in queste ore, il ministro della Salute Lorenzin, dopo la sua conferma ufficiale al dicastero di Lungotevere Ripa ha scritto: “Portiamo avanti il lavoro cominciato in questi mesi, con entusiasmo, impegno e determinazione. Per cambiare l’Italia”.
Con la conferma di Lorenzin a capo del dicastero, è la sesta volta che una donna guida il ministero della Salute. Precedentemente la poltrona era andata a Tina Anselmi, Maria Pia Garavaglia, Rosy Bindi e Livia Turco e appunto alla stessa Lorenzin con il governo Letta.
Ma proprio la “questione spesa” di un settore che quest’anno solo di fondi pubblici vale 109,9 miliardi, per salire (forse) di altri 7,6 miliardi entro il 2016, resta la questione più spinosa che «super Bea», come ormai Lorenzin viene definita trasversalmente dalle categorie dell’universo della salute, si troverà a dover tenere a briglie corte. Come dire che in ogni caso il ruolo del ministero dell’Economia mai potrà essere bypassato, tanto più sotto spending review in una fase che si annuncia ancora di stretta della spesa pubblica. E questa resta infatti, anche nel suo secondo mandato, la vera scommessa che la ministra della Salute si trova a dover governare da subito. Con un impegno raddoppiato.
Le carte del resto sono già tutte sul tavolo. E fanno capo a quel «Patto per la salute», con orizzonte triennale, al quale Lorenzin e i governatori hanno lavorato a lungo nei nove mesi del primo incarico. Con risultati non distanti e quasi a portata di mano, ma che sarebbero stati spazzati via in caso di cambio di guardia al ministero. Finanziamento, ospedali, cure h24, personale, farmaci, ricerca, assetto delle asl: questi i capitoli nevralgici che il «Patto» dovrà riformare. Per non dire degli interventi sul federalismo. E di quella spending review su cui con Cottarelli non sono mancate frizioni: Lorenzin e le regioni vogliono tenere in casa Ssn i risparmi e fare da sé la spending, chissà che dirà e che vorrà ora, da via XX Settembre, Pier Calo Padoan.
Il «Patto per la salute», di durata triennale, è l’accordo chiave tra Governo e regioni per la riforma e la razionalizzazione anti-spreco del Ssn. Dagli ospedali alle asl, passando per gli acquisti e i livelli d’assistenza, toccherà gli aspetti cruciali del sistema. Potrebbe arrivare in porto entro 1 mese.
ALDO GRASSELLI (FVM-Federazione Veterinari e Medici) – Il governo Renzi sia il benvenuto. Ma a condizione che la continuità alla Salute del ministro Lorenzin corrisponda a una decisiva discontinuità nella politica di scarnificazione del welfare. Se per ridurre il peso del fisco si riducono le tutele ai cittadini si aggiunge benzina sull’incendio della crisi e della disoccupazione. Se non si apre una stagione di contratti non si può sperare in un aumento della domanda e dell’economia. Se non si taglia la spesa improduttiva e si potenzia il sistema di sostegno alle fragilità è del tutto inutile che Renzi dica a Grillo di uscire dallo streaming ergendosi lui a interprete del dolore del paese. Se non ci sarà una politica sociale secondo lo spirito di La Pira, uno dei modelli cui Renzi dice di ispirarsi, il dolore aumenterà e assisteremo alla progressiva spoliazione dei diritti fondamentali delle persone normali. Che Renzi sappia comunicare è certo, speriamo sappia anche ascoltare. Abbiamo molto da fare.
Il Sole 24 Ore e altre fonti – (a cura di c.fo) – 22 febbraio 2014