In pensione a 67 anni così come in tutta Europa e Consiglio dei ministri probabilmente già lunedì per «mandare avanti misure finora pensate e non realizzate per i dissapori della maggioranza».
Così il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi ha prontamente risposto in maniera concreta ai richiami dell’Europa per «rassicurare i mercati entro mercoledì». «Non c’è stato e non c’è un rischio-Italia», ha detto uscendo da Palazzo Lipsius a Bruxelles, al termine della riunione del Consiglio europeo dei 17 durante il quale sono stati fatti progressi importanti per risolvere la crisi del debito sovrano europeo.
Sul duro atteggiamento tenuto dal presidente francese Nicolas Sarkozy durante la conferenza stampa congiunta con il cancelliere tedesco Angela Merkel, il premier ha giustificato l’irritazione del capo dell’Eliseo con il rifiuto del membro della Bce Lorenzo Bini Smaghi di lasciare il suo posto a un francese. «Sarzoky se l’è presa personalmente e questo lo porta a questo atteggiamento» verso l’Italia, ha spiegato il premier, chiudendo con una battuta sullo stesso banchiere fiorentino, al quale ha detto di avere offerto tanti incarichi importanti ma tutti rifiutati: «Che faccio, lo uccido?».
«Nella Ue si è parlato di un’età pensionabile per tutti a 67 anni. Lo farò presente alla Lega, anche perchè siamo l’unico Paese ad avere anche le pensioni di anzianità – ha detto il premier per rafforzare la volontà di portare avanti la riforma in tempi rapidi -. Bossi ha a cuore i pensionati e li difende ma questo non collide con la riforma. Gliene parlerò». Berlusconi ha ricordato che in Italia l’età media è di 80 anni: «Ormai per i giovani mantenere delle persone che vanno in pensione a 58 anni e poi vanno avanti fino a 80 anni e oltre è francamente un carico ingiusto».
Infine, quasi rivolgendosi ai mercati che apriranno lunedì mattina con un poco o nulla di fatto a Bruxelles, Berlusconi ha ribadito l’obiettivo di arrivare al pareggio di bilancio per il 2013 con misure coraggiose, «anche riducendo il debito ponendo sul mercato immobili del patrimonio pubblico». Il premier ha riconosciuto la gravità di un debito salito a quota 1.900 miliardi, anche se «recentemente diminuito» ed ereditato dal passato. E sul rischio Italia ha elencato tutti i punti di forza del Paese tra i quali un debito privato che insieme al debito pubblico è inferiore solo a quello della Germania, il deficit che è tra i più bassi d’Europa, il tasso di disoccupazione sotto la media europea, l’82% delle famiglie ha la casa in proprietà con un mercato immobiliare che non è crollato e non ha eroso la ricchezza degli italiani. Infine le banche sono solide.
ilsole24ore.com – 24 ottobre 2011
Pensioni, stretta sull’anzianità. Così le ipotesi per Bruxelles
«Non ho fretta, il decreto per sviluppo lo vareremo quando sarà convincente», diceva il premier appena giovedì scorso. Dopo tre giorni, e un vertice europeo drammatico, l’urgenza cresce in modo esponenziale, così come l’esigenza di approvare misure serie non solo per la crescita, ma anche per blindare i deboli conti pubblici dell’Italia, redarguita dalla Ue con la stessa enfasi usata per la Grecia. A cominciare dalla riforma delle pensioni. Il piano potrebbe essere approvato già oggi dal Consiglio dei ministri, in tempo per essere presentato a Bruxelles mercoledì, quando i capi di Stato e di governo torneranno a riunirsi. Insieme agli interventi sulla previdenza potrebbero essere varate altre misure già abbozzate e accantonate, e che in questa fase di emergenza potrebbero resuscitare. Come la patrimoniale e la liberalizzazione degli ordini professionali per accompagnare le misure già studiate per il decreto sviluppo: la semplificazioni dei controlli sulle imprese, la de-certificazione, l’abrogazione di leggi che limitano la libertà d’iniziativa, le agevolazioni sul lavoro part-time e sull’apprendistato, l’accelerazione delle infrastrutture e l’anticipo della riforma fiscale. Lo snodo cruciale sarà, però, la nuova, ennesima, riforma delle pensioni. Da fare più per dare credibilità, che non per fare cassa. L’aumento progressivo dell’età per raggiungere la pensione di vecchiaia è già assicurata.
Parità Uomini e donne a 65 anni La parità dell’età tra uomo e donna è già scattata nel pubblico impiego, è prevista la parificazione graduale anche nel settore privato dall’agganciamento “automatico” alle aspettative di vita, con il primo adeguamento in programma nel 2013. Potrebbe essere accelerato di un anno, al 2012, ma tra questo ed il gioco delle “finestre” l’età minima di 67 anni evocata ieri a Bruxelles per la pensione di vecchiaia, in Italia, è già di fatto una realtà. I veri problemi sono l’età di pensione delle donne e, soprattutto, le pensioni di anzianità. L’innalzamento dell’età pensionabile delle donne nel settore privato da 6o a 65 anni è già previsto, ma con un percorso progressivo molto lento, che si concluderà solo nel 2032. Per le donne occupate nel pubblico impiego lo scatto dai 60 ai 65 anni è avvenuto dalla sera alla mattina, nel 2010, e a questo punto non si esclude più di adottare lo stesso criterio nel privato. L’altro vero nodo è quello delle pensioni di anzianità, che consentono a chi ha iniziato molto presto a lavorare, ed ha almeno 40 anni di contributi versati, di andare in pensione a 57, 58 anni. Restando a carico del sistema per ancora lunghissimo tempo. Per risolvere il problema, che pesa non poco sulle casse previdenziali, si torna quindi a ragionare su tutti i possibili disincentivi per scoraggiare le uscite anticipate. Come il passaggio secco al sistema di calcolo della pensione basato sui contributi effettivamente versati: chi aveva già 18 anni di contributi nel ’96 può ottenere l’uscita anticipata calcolando l’assegno con il sistema misto “retributivo-contributivo”. Una delle ipotesi sul tavolo è quella di passare direttamente al sistema retributivo. Se anche fosse in questi termini, e sarebbe durissima, la riforma delle pensioni non porterebbe granché nelle casse dello Stato nel 2012. Nel 2013 il gettito potrebbe essere di 2 o 3 miliardi di euro, per salire con il tempo. La riforma servirebbe a blindare i conti pubblici futuri. Ma non a ridurre il debito. Per quello si pensa piuttosto alla dismissione degli immobili pubblici, ma anche alla tassazione dei capitali italiani detenuti in Svizzera.
Corriere della sera – 24 ottobre 2011