Gli uffici della giunta non riescono a chiudere il bilancio di previsione 2013. Ruffato scrive a Zaia: «In ritardo di un mese. Doveva essere presentato il 30 ottobre»
Il presidente del consiglio regionale Valdo Ruffato, incalzato dai partiti di stanza a Palazzo Ferro Fini, ha scritto mercoledì una lettera al governatore Luca Zaia, sollecitando l’invio in aula, quanto prima, del bilancio di previsione 2013. Stando al nuovo statuto, infatti, il documento contabile dovrebbe essere depositato in consiglio entro il 30 ottobre (siamo quindi già in ritardo di un mese) ed essere approvato in via definitiva entro il 31 dicembre, così che gli assessori e le loro strutture possano stabilire dove, come e soprattutto quanto spendere il prossimo anno. Il bilancio del 2012, è vero, fu approvato soltanto nel marzo scorso, dunque abbondantemente dopo la scadenza dei termini previsti dalla legge, ma il ritardo non fu comunque indolore: la Regione fu infatti costretta ad approvare l’esercizio provvisorio e gli uffici (compresi quelli delle Usl) si ritrovarono a lavorare per tre mesi nell’incertezza più totale. Stavolta la situazione rischia di essere ancora più grave, perché il bilancio di previsione non solo sta slittando, ma proprio non si riesce a chiudere: mancano infatti all’appello 60 milioni di euro.
L’assessore al Bilancio Roberto Ciambetti (volato a Roma anche ieri) ed i suoi tecnici stanno facendo i salti mortali per far quadrare i conti ma l’impresa, almeno per il momento, sembra impossibile: comunque si tiri la coperta, tagliata dalle forbici del governo quanto ai trasferimenti e da quelle della crisi quanto alle entrate tributarie, molti, troppi settori restano scoperti. Un problema analogo si presentò anche l’anno passato ed alla fine si riuscì a far quadrare i conti (almeno nella forma) grazie alla previsione dell’incasso delle vendita dei palazzi «non più strategici» messa a punto dal vice presidente Marino Zorzato. Si sa com’è andata a finire: due aste su due sono andate deserte e nell’assestamento approvato una settimana fa Ciambetti s’è trovato a dover fronteggiare un buco improvviso di 79 milioni, colmato grazie agli incassi sopra ogni più rosea aspettativa derivati dalla lotta all’evasione fiscale. Stavolta non si può fare affidamento sullo stesso escamotage: perché il recupero delle tasse non dà sempre lo stesso risultato (e se i veneti quest’anno avessero pagato tutto fino all’ultimo centesimo?) e perché, ed è questo il punto chiave, i palazzi non si riescono a vendere e questo è sotto gli occhi di tutti, dunque inserirne nuovamente l’incasso alla voce «entrate» rischierebbe di infilare il bilancio nel mirino dell’opposizione e chissà, magari pure di qualche consigliere di maggioranza. Ergo, che si fa? Per l’appunto, non si sa. Gli uffici sono al lavoro e si spremono le meningi sulla calcolatrice, nella consapevolezza che tutto il tagliabile è già stato tagliato e l’unico modo per arrivare al pareggio è iniziare a toccare l’intoccabile: la sanità, il trasporto pubblico locale, i servizi sociali.
Miracoli, questo è chiaro, non se ne potranno fare. Anche perché da Roma continuano ad arrivare solo pessime notizie. Dopo il via libera della Camera alla Legge di Stabilità, ieri, la Conferenza delle Regioni ha diramato un documento pesantissimo, sottoscritto anche dal Veneto, in cui si avverte che se non saranno apportate delle modifiche al Senato, «la legge non consentirà di assicurare l’erogazione dei servizi per i cittadini e prefigurerà per tutte le Regioni nel 2013 un concreto rischio in merito alla tenuta dei conti». Spiega Ciambetti, di ritorno dalla capitale: «I tagli alla sanità, in particolare, si annunciano dolorosissimi, con in più la beffa che, a quel che filtra dagli ambienti governativi, il commissario per la spending review Enrico Bondi sarebbe intenzionato a riferirsi alla Sicilia, e dico alla Sicilia, per i futuri parametri di virtuosità. Un paradosso che nasce dal fatto che Bondi si limita alla lettura dei numeri a bilancio, che com’è ovvio non dicono tutta la verità». Ciambetti è assediato da ogni parte: «Comuni e Province chiedono alla Regione di cedere loro altre quote di Patto di stabilità, così da poter far quadrare le spese. Il punto è che dopo l’abbassamento del tetto imposto dal governo, non abbiamo più spazi finanziari a disposizione». E intanto il presidente nazionale dell’Upi Antonio Saitta torna a minacciare l’abbassamento del riscaldamento nelle scuole: «Purtroppo non era affatto una boutade – chiosa Ciambetti – da quel che ci hanno detto a Roma, davvero le bollette sono rimaste una delle poche voci che si possono ancora ridurre».
Corriere del Veneto – 23 novembre 2012