È illegittimo il blocco dei contratti e degli stipendi Pa, ma non per il passato. È questa la decisione della Corte Costituzionale, chiamata a esaminare la legittimità delle norme che hanno imposto il blocco dei contratti e degli stipendi nella Pubblica Amministrazione. La notizia è stata confermata nel pomeriggio dal comunicato ufficiale della Corte. «La Corte Costituzionale – recita lo scarno comunicato della Corte racchiuso in sei righe – in relazione alle questioni di legittimità costituzionale sollevate con le ordinanze R.O. n. 76/2014 e R.O. n. 125/2014, ha dichiarato, con decorrenza dalla pubblicazione della sentenza, l’illegittimità costituzionale sopravvenuta del regime del blocco della contrattazione collettiva per il lavoro pubblico, quale risultante dalle norme impugnate e da quelle che lo hanno prorogato. La Corte ha respinto le restanti censure proposte».
Dunque la pronuncia della Corte non ha effetto retroattivo. I giudici della Consulta hanno disinnescato quella che poteva rappresentare una bomba per i conti pubblici. Una memoria dell’Avvocatura dello Stato, firmata dall’avvocato dello Stato Vincenzo Rago, aveva quantificato l’onere della contrattazione di livello nazionale, per il periodo 2010-2015, relativo a tutto il personale pubblico: non sarebbe stata « inferiore a 35 miliardi», con «effetto strutturale di circa 13 miliardi» annui dal 2016.
La sentenza, da un lato, salva i conti pubblici evitando il ripetersi di un caso-pensioni, ma dall’altro a questo punto rende obbligatorio per il governo riaprire la partita dei contratti che secondo gli ultimi dati interessa oltre 3 milioni e 300mila lavoratori. Ora appare inevitabile la riapertura dei contratti, e per la sanità anche delle convenzioni, pure per la parte economica.
Sono passati quasi sei anni, oltre 2mila giorni, dall’ultimo rinnovo del contratto del pubblico impiego che riguarda più di tre milioni di dipendenti, un numero che si è ridotto di 300mila unità dal 2002 al 2013. Secondo i dati dell’Aran gli occupati nella Pa nel 2013 erano 3.336.498.
Trattative da riavviare
Il dopo sentenza porterà dunque nuovi scenari dopo il lungo stallo. C’è da aspettarsi che i sindacati non restino a guardare e chiedano con forza al Governo di ridiscutere i contratti del Pubblico impiego, inclusi quelli dei lavoratori della Sanità.
Per Marco Carlomagno, segretario generale della Flp, uno dei sindacati che hanno preso parte al giudizio davanti alla Corte «possiamo dire da subito che giustizia è fatta ed è stata restituita ai lavoratori pubblici la dignità del proprio lavoro. Ora il Governo non ha più scuse. Apra subito il negoziato e rinnovi i contratti».
“La Corte ha cancellato un’ingiustizia nei confronti dei lavoratori pubblici. E’ una piccola vittoria, ma per noi è anche un momento di commozione” dice Massimo Battaglia, segretario generale di Confsal-Unsa promotore del ricorso contro la norma. “I giudici – prosegue Battaglia – hanno riconosciuto che l’eccezionalità ha un termine e questo termine finisce adesso. Di certo non manderemo in rovina i conti dello Stato”. D’altra parte senza la rivalutazione del passato, l’impatto calcolato dal sindacato per il 2015 è di circa 600 milioni, ma il costo strutturale – tolti gli oneri di cassa – non dovrebbe superare i 300 milioni, mentre dal 2016 l’aggravio netto sui conti pubblici dovrebbe essere di circa 900 milioni.
Tuttavia, sulla decisione, soprattutto per quanto riguarda il pregresso, sarà battaglia. Ad annunciarla è il segretario Uil Barbagallo: “Il Governo, dunque, ci convochi immediatamente per rinnovare i contratti di tutti i lavoratori del settore: non c’è da aspettare un minuto in più degli anni che abbiamo già perso. Certamente il nostro Presidente del Consiglio e la ministra Madia saranno pronti a rispettare la sentenza e a procedere conseguentemente: se così non fosse, saremmo di fronte a un atto gravissimo contro il quale non resteremmo a braccia conserte. Abbiamo sempre detto che il 2015 deve essere l’anno dei contratti: ora ci sono tutte le condizioni perché questa nostra rivendicazione e questo nostro impegno vengano rispettati. Infine, il fatto che il blocco non sia stato considerato illegittimo per il passato non ci impedisce di rivendicare il “maltolto” in sede di trattativa sindacale. E’ un diritto che vogliamo e dobbiamo esercitare, nelle forme e nei modi che potranno scaturire dal confronto, per restituire ai lavoratori del pubblico impiego il potere d’acquisto perduto in questi anni.
Ecco il comunicato ufficiale della Consulta:
La Corte Costituzionale, in relazione alle questioni di legittimità costituzionale sollevate con le ordinanze R.O. n. 76/2014 e R.O. n. 125/2014, ha dichiarato, con decorrenza dalla pubblicazione della sentenza, l’illegittimità costituzionale sopravvenuta del regime del blocco della contrattazione collettiva per il lavoro pubblico, quale risultante dalle norme impugnate e da quelle che lo hanno prorogato.La Corte ha respinto le restanti censure proposte.
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