Via il ballottaggio e via la possibilità per i capilista bloccati pluricandidati di scegliersi discrezionalmente il collegio di elezione. La Corte costituzionale consegna al Parlamento una legge elettorale della Camera tendenzialmente proporzionale, con premio di maggioranza solo alla lista che superi il 40%, e con i capilista bloccati destinati al collegio di elezione sorteggiato tra tutti quelli in cui si sono candidati.
È questa la «normativa di risulta» dell’incostituzionalità dell’Italicum dichiarata ieri dalla Consulta dopo sei ore di camera di consiglio. Un sistema «suscettibile di immediata applicazione», si legge nel comunicato stampa diffuso dopo la decisione, vale a dire applicabile anche subito, se necessario, per andare a votare. Un sistema che, ovviamente, il Parlamento può prendere così com’è oppure cambiare, per esempio individuando, per la scelta del collegio del capolista bloccato pluricandidato, un criterio diverso dal sorteggio. Che «allo stato» – sottolinea il comunicato stampa – è quello che resta in vita dopo l’incostituzionalità della scelta discrezionale e al quale la Corte si è dovuta attenere pur non considerandolo né il più opportuno né il più logico, non potendosi sostituire al legislatore nella individuazione, assolutamente discrezionale, di un criterio alternativo. Ne parlerà la sentenza, affidata al relatore Niccolò Zanon, che sarà depositata tra una quindicina di giorni e conterrà una serie di indicazioni al legislatore.
Le previsioni della vigilia sono state dunque rispettate. Con qualche ora di ritardo rispetto al tabellino di marcia, ieri pomeriggio i 13 giudici di Palazzo della Consulta (due i vuoti, per la mancata sostituzione da parte del Parlamento del dimissionario Giuseppe Frigo e per l’assenza di Alessandro Criscuolo per motivi di salute) hanno reso noto il verdetto sull’Italicum, la legge attualmente in vigore per l’elezione della Camera, bocciandola in due punti fondamentali – il ballottaggio e la scelta discrezionale del collegio da parte del capolista pluricandidato – e promuovendo invece il premio di maggioranza. Preliminarmente, la Corte ha ribadito che le leggi elettorali in vigore sono impugnabili anche prima della loro concreta applicazione (cioè prima del voto) e persino prima della loro concreta efficacia, se questa è stata differita a una data certa, come nel caso dell’Italicum, approvato il 6 maggio 2015 ma destinato a produrre effetti – in base ad un’esplicita disposizione della legge – solo dal 1° luglio 2016. La Corte ha perciò respinto le eccezioni di inammissibilità proposte, contro i Tribunali di Messina, Torino, Perugia, Trieste e Genova, dall’Avvocatura generale dello Stato. Così come ha respinto la richiesta di alcuni avvocati anti-Italicum, tra cui il “veterano” Felice Besostri, di sollevare di fronte a se stessa la questione di costituzionalità del procedimento di formazione dell’Italicum (perché approvato con tre voti di fiducia).
La decisione ha avuto «una grandissima condivisione» ed è stata presa in un «clima sereno», dicono i giudici quasi all’unisono, anche se i voti sono stati espressi per punti e quello «meno unanime» è stato sull’abolizione del ballottaggio, che qualcuno avrebbe voluto conservare. Peraltro, non è passata la tesi più radicale dell’assoluta incostituzionalità del ballottaggio, ma quella più soft dell’incostituzionalità del doppio turno per come è stato realizzato nel sistema elettorale della Camera. Sarà un passaggio importante della motivazione, come quello sulle pluricandidature, su cui la discussione è stata più lunga e complicata del previsto. La Corte ha bocciato l’articolo 85 del Dpr 361/1957 sull’elezione della Camera come modificato dall’Italicum, che consentiva al capolista eletto in più collegi di scegliere a sua discrezione il proprio collegio di elezione. A quel punto, bisognava sostituire l’opzione discrezionale con un altro criterio, per rendere il sistema elettorale in grado di funzionare. Zanon ha proposto tre soluzioni alternative, nessuna «a rime obbligate», due delle quali ad «alto tasso di creatività» mentre la terza – il sorteggio – poco convincente ma ancorata al dato normativo, perché «sopravvissuto» alla bocciatura della norma. Quanto basta per rendere immediatamente funzionante il sistema elettorale della Camera, anche se fin dal comunicato di ieri si capisce che la Corte suggerisce al legislatore di sceglierne un altro criterio, diverso dal sorteggio.
Donatella Stasio – Il Sole 24 Ore – 26 gennaio 2017