A spoglio completato, l’Italia che esce dalle urne in queste elezioni politiche 2013 corre il rischio caos e ingovernabilità. L’alleanza tra Pd e Sel vince di un soffio alla Camera, il Movimento 5 Stelle diventa il primo partito a Montecitorio e il Senato appare spaccato: il centrosinistra ottiene il 31,63% (Pd al 27,43%) ed è il partito di maggioranza relativa, mentre la coalizione composta da Popolo della Libertà e Lega Nord si ferma al 30,72% (Pdl al 22,30%), il Movimento 5 Stelle al 23,79%, la lista di Mario Monti al 9,13%, Rivoluzione civile all’1,79%, Fare per fermare il declino allo 0,90%. In termini assoluti, il centrosinistra ha ottenuto il maggior numero di voti (oltre 9 milioni e 686mila), mentre al centrodestra sono andati nove milioni e 400mila voti, con una differenza tra le due parti di circa 280mila voti.
Secondo i dati del Viminale, al centrosinistra vanno 123 senatori (compresi i sei del Trentino Alto Adige), 117 alla coalizione di centrodestra (anche in questo caso è computato un seggio del Trentino Alto Adige), 19 a quella di Mario Monti; 54 al Movimento 5 Stelle. Per avere la maggioranza assoluta al Senato occorre raggiungere quota 158 seggi: nessuna coalizione ce l’ha.
Alla Camera, in attesa dell’attribuzione dei 12 deputati eletti dagli italiani all’estero, il Movimento 5 Stelle é il secondo gruppo parlamentare più numeroso con 108 deputati. Il centrosinistra grazie a una manciata di voti raggiunge il 29,54% e si aggiudica il premio di maggioranza del 55%, pari a 340 seggi. Il centrodestra è al 29,18 per cento, con 124 seggi. Tra le due coalizioni la differenza – a favore del Pd e di Sel – è di circa 124mila voti (lo scarto è dello 0,36%). La coalizione di Mario Monti supera lo sbarramento del 10% (Scelta Civica, Udc e Fli si attestano al 10,56%) e ottiene 45 seggi (37 per Scelta civica e otto per l’Udc). Fini resta fuori. Rimangono fuori dal Parlamento anche la lista Rivoluzione Civile di Antonio Ingroia e Antonio Di Pietro. Ha votato il 75,1% degli italiani, in calo di circa il 6%. Gli scrutini per le elezioni regionali a partire dalle 14 di oggi. (Il Sole 24 Ore)
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Tutti i risultati e gli eletti in Veneto
Al centrosinistra la maggioranza dei deputati, al centrodestra quella dei senatori. Per Grillo 10 rappresentanti alla Camera e 4 al Senato
I risultati definitivi in Veneto assegnano il premio di maggioranza al Senato al centrodestra che porta a casa 14 senatori su 24, mentre alla Camera, in virtù della vittoria a livello nazionale, il centrosinistra – che al Senato si era fermato a 4 eletti – si aggiudica in tutto (tra i due collegi Veneto 1 e Veneto 2) 23 deputati, staccando nettamente il centrodestra fermo a 12 e il Movimento 5 Stelle che ha eletto 10 rappresentanti alla Camera. Questo il dettaglio dei risultati e degli eletti.
Senato (4.724 sezioni su 4.724). A livello di coalizione il centrodestra ha raccolto 32,8%, acquisendo il premio di maggioranza, il centrosinistra il 25%, il Movimento 5 stelle il 24,5%; Monti l’11%. Il premio di maggioranza per il Senato ha aggiudicato 14 dei 24 senatori previsti. La ripartizione dovrebbe essere di 9 senatori per il Pdl (in Veneto ha preso il 19,2%), 5 per la Lega (10,9%), 4 per il Pd (23,2%), 4 per il M5S (24,5%) e 2 di Con Monti per l’Italia (11%). Questi, in via ufficiosa, gli eletti. Pdl: Niccolò Ghedini, Maurizio Sacconi, Anna Bonfrisco, Pierantonio Zanettin, Marco Marin, Maria Elisabetta Alberti Casellati, Mario Dalla Tor, Giovanni Piccolo. Silvio Berlusconi, capolista, se dovesse scegliere un’altro collegio rispetto a quello del Veneto, lascerebbe il posto a Franco Conte. Lega: Massimo Bitonci (capolista), Patrizia Bisinella, Rafaela Bellot, Emanuela Munerato e Erika Stefani. Pd: Laura Puppato (capolista), Felice Casson, Giorgio Santini e Rosanna Filippin. M5S: Enrico Cappelletti (capolista), Paola De Pin, Giovanni Endrizzi e Gianni Pietro Girotto. Scelta Civica con Monti: Gianpiero Dalla Zuanna (capolista) e Antonio De Poli. Non passerebbero, invece, ex parlamentari, come Fabio Gava, uscito dal Pdl, e Maurizio Fistarol, ex sindaco di Belluno. (Ansa)
Alla Camera Veneto 1 (Verona, Vicenza, Padova, Rovigo) 2841 sezioni su 2841: Monti al 11,9% (Scelta civica al 10; Udc al 1,6, Fli allo 0,26); Berlusconi al 33,1% (Pdl 19,2 Lega al 10,85 Fratelli d’Italia all’1,67); Bersani al 22,2 (Pd 20,3 Sel 1,7); Beppe Grillo al 25,6; Fare per fermare il declino al 2,4%; Ingroia all’1,3. Gli eletti del collegio dovrebbero essere: 14 deputati per Bersani di cui 13 del Pd (Davide Zoggia, Alessandro Naccarato, Alessandra Moretti, Federico Ginato, Diego Zardini, Giulia Narduolo, Gian Pietro Dal Moro, Diego Crivellari, Daniela Sbrollini, Margherita Miotto, Vincenzo D’Arienzo, Filippo Crimi, Alessia Rotta) e 1 di Sel (Alessandro Zan); 8 per Berlusconi, di cui 5 del Pdl (Giancarlo Galan, Alberto Giorgetti, Piero Longo, Lorena Milanato, Catia Polidori) e 3 della Lega (Matteo Bragantini, Filippo Busin, Roberto Caon), 3 per Monti di cui 2 di Lista civica per Monti (Ilaria Capua, Stefano Quintarelli) e 1 dell’Udc (Mario Catania, se non opterà per questo collegio Stefano Valdegamberi); 6 del Movimento 5 Stelle (Francesca Businarolo, Silvia Benedetti, Gessica Rostellato, Marco Brugnerotto, Mattia Fantinati, Turco Tancredi).
Veneto 2 (Venezia, Treviso, Belluno) 1.883 sezioni su 1.883: Monti al 11,7% (con Scelta Civica al 10,2 Fli allo 0,26 e l’Udc all’1,3); Bersani al 25 (Pd al 22,8 e Sel al 2); Berlusconi al 29,5 (Pdl al 17,7 e Lega al 10); Beppe Grillo con il suo Movimento 5 stelle al 27,4 per cento; Fare per Fermare il declino al 2,1; Rivoluzione Civile di Ingroia all’1,4. Gli eletti del collegio dovrebbero essere: 10 per Bersani di cui 9 del Pd (Pier Paolo Baretta, Michele Mognato, Simonetta Rubinato, Delia Murer, Andrea Martella, Floriana Casellato, Roger De Monech, Oreste Pastorelli, Sara Moretto) 1 Sel (Giulio Marcon); 4 per Berlusconi di cui 2 del Pdl (Renato Brunetta, Valentino Valentini), e 2 della Lega (Marco Marcolin e Emanuele Prataviera); 2 di Scelta civica con Mario Monti (Alberto Bombassei ed Enrico Zanetti); 4 del Movimento 5 stelle (Arianna Spesotto, Marco Da Villa, Federico D’Incà, Emanuele Cozzolino). (Corriere del Veneto)
Veneto. Gli eletti al Senato e alla Camera: ecco l’elenco
SENATO
Pdl (9): Niccolò Ghedini, Maurizio Sacconi, Anna Bonfrisco, Pierantonio Zanettin, Marco Marin, Maria Elisabetta Alberti Casellati, Mario Dalla Tor, Giovanni Piccolo. Silvio Berlusconi, capolista, se dovesse scegliere un’altro collegio rispetto a quello del Veneto, lascerebbe il posto a Franco Conte.
Lega (5): Massimo Bitonci, Patrizia Bisinella, Rafaela Bellot, Emanuela Munerato e Erika Stefani.
Pd (4): Laura Puppato, Felice Casson, Giorgio Santini e Rosanna Filippin.
Movimento Cinque Stelle (4): Enrico Cappelletti, Paola De Pin, Giovanni Endrizzi e Gianni Pietro Girotto.
Lista Monti (2): Gianpiero Dalla Zuanna, Antonio De Poli.
VENETO 1
Pd (12): Davide Zoggia, Alessandro Naccarato, Federico Ginato, Diego Zardini, Giulia Narduolo, Gian Pietro Dal Moro, Diego Crivellari, Daniela Sbrollini, Anna Margherita Miotto, Vincenzo D’Arienzo, Filippo Crimì, Alessia Rota.
Pdl (5): Giancarlo Galan, Alberto Giorgetti, Piero Longo, Lorena Milanato, Catia Polidori.
Lega Nord (3): Matteo Bragantini, Filippo Busin, Roberto Caon.
Lista Monti (2): Ilaria Capua, Stefano Quintarelli.
M5S (6): Francesca Businarolo, Silvia Benedetti, Gessica Rostellato, Marco Brugnerotto, Mattia Fantinati, Turco Tancredi.
VENETO 2
Pd (9): Pier Paolo Baretta, Michele Mognato, Simonetta Rubinato, Delia Murer, Andrea Martella, Floriana Casellato, Roger De Menech, Oreste Pastorelli (Socialisti), Sara Moretto.
Pdl (2): Renato Brunetta, Valentino Valentini.
Lega Nord (2): Marco Marcolin e Emanuele Prataviera.
Lista Monti (2): Alberto Bombassei ed Enrico Zanetti.
M5S (4): Arianna Spessotto, Marco Da Villa, Federico D’Incà, Emanuele Cozzolino.
Grillo svuota la Lega ed è il primo partito. Ma il Veneto resta di centrodestra
Ai berlusconiani rimangono sette punti in più del centrosinistra. Tracollo padano, ha fatto meglio anche la lista Monti. Boom del Movimento 5 stelle ovunque, agli altri le briciole
La sensazione era fortissima, ora abbiamo anche la conferma dei numeri: la formidabile ascesa di Beppe Grillo e del suo Movimento 5 Stelle è un fenomeno che resetta la politica italiana dalle Alpi al Canale di Sicilia ma qui, nel Veneto (che fu) cassaforte leghista, il voto grillino ha portato via a tutti e ha svuotato per prima proprio la Lega Nord. Anche se il politologo Paolo Feltrin offre una lettura un po’ diversa: «Al contrario delle aspettative, il movimento di Grillo in Veneto ha sottratto più voti al centrosinistra che al centrodestra. La Lega ha perso quello che ci si immaginava». Tanto per cominciare, è accaduto l’inaudito: in soli tre anni, i 5 Stelle sono diventati il primo partito del Veneto per numero di consensi, con un’avanzata che li colloca di botto al 26%, anche se la vittoria complessiva arride ancora una volta alla coalizione di centrodestra, che ha conquistato la maggioranza relativa e vinto la battaglia campale per il Senato.
Ma i numeri del successo sono da brivido, per i vincitori: l’intera armata berlusconiana oggi vale il 33%, quando appena tre anni fa, alle trionfali regionali del 2010 che portarono il leghista Luca Zaia sulla poltrona di governatore, il bottino elettorale fu quasi doppio, sfiorando il 60%. E alle politiche del 2008 fu comunque una maggioranza assoluta del 54,5. Dentro questo scenario, nel centrodestra veneto si è consumato il controsorpasso. Il Pdl, che alle regionali venne brutalizzato nella competizione interna dall’effetto Zaia, finendo dietro di oltre 10 punti, questa volta ha ribaltato gli equilibri, riprendendosi nettamente il primato interno. Il problema, perché di problema si tratta, è che il sorpasso è avvenuto in frenata. E che frenata: il Pdl viaggia al 19%, la Lega arriva a mala pena all’11. Per trovare un risultato così negativo del Carroccio bisogna tornare alle politiche del 2006, quelle vinte per modo di dire dall’Ulivo di Romano Prodi.
L’attesa e la delusione leghista
A Treviso città, (ex) capitale leghista che a maggio andrà al voto per il sindaco, i padani sono ridotti sotto il 10%. È vero che il voto leghista ha storicamente avuto un andamento caratterizzato da alti e bassi, ma questo risultato elettorale non è un semplice arretramento, va oltre il dimezzamento e supera anche l’idea di crollo. Assomiglia piuttosto a un precipizio: dal 35,2% delle regionali, centinaia di migliaia di consensi sono stati dissipati in pochi anni, pur avendo la guida della Regione, di tre Province, due città capoluogo e centinaia di Comuni. Persino la coalizione centrista di Monti, che ha temuto seriamente di non superare lo sbarramento nazionale del 10% alla Camera e quindi di non eleggere deputati, in regione è andata un pochino meglio della Lega. Di questo autentico smottamento, i principali competitori non possono dire di averne approfittato. È vero, il divario tra centrodestra e centrosinistra in Veneto si è ridotto a 7 punti percentuali – un’inezia, rispetto ai 30 delle regionali – ma solo perché i tradizionali dominatori della scena elettorale sono precipitati in basso.
Il Partito Democratico ha tenuto a fatica il suo bacino elettorale, che qui non è mai stato particolarmente ampio. I democrats avevano impostato tutta la loro campagna elettorale sul fatto che il Veneto, per la prima volta, sarebbe stato contendibile al centrodestra anche al Senato: una bella suggestione per motivare il proprio elettorato ma, alla resa dei conti, solo di suggestione si è trattato. Non soltanto la vittoria di coalizione, nella realtà dei fatti, non è mai stata in discussione. Di più c’è il fatto che il centrosinistra ha dovuto giocarsi sul filo del voto anche la posizione di rincalzo, minacciato dall’avanzata imperiosa delle truppe grilline. Con le quali la partita si è conclusa sostanzialmente in parità: secondo le proiezioni riguardanti gli eletti, Pd e Movimento 5 Stelle hanno impattato per 4 senatori a 4. Agli altri competitori in corsa sono rimaste giusto le briciole, e a volte neanche quelle. Partiti radicati come l’Udc, stritolato dall’alleanza con Monti, hanno portato a casa la miseria dell’1,5%. Sel, stampella di sinistra del Pd, si ferma sotto il 2. I finiani di Futuro e Libertà sono ridotti all’inconsistenza di uno zero virgola. Nel pulviscolo delle sigle minori, tutto sommato se l’è cavata meglio di tutti Fare per fermare il declino, nonostante le disavventure curriculari di Oscar Giannino. E gli indipendentisti veneti? Messi tutti insieme (Veneto Stato, Indipendenza Veneta e Liga Veneta Repubblica) scavallano il 2%. Il Veneto non vuole la separazione dall’Italia, caso mai dalla politica italiana (Corriere del Veneto).
26 febbraio 2013