Un prosciuttificio in liquidazione. Una cooperativa di 13 dipendenti che punta a rilevarne l’attività e che ora chiede per lo meno l’appoggio delle istituzioni per far avanzare il progetto. Un consorzio di tutela, al quale l’azienda aderisce, che interviene acquistando il magazzino e sottraendo, perciò, agli aspiranti neo imprenditori, il «volano» fondamentale per riattivare l’operatività della struttura.
Accade a Meledo di Sarego, nel Vicentino, alla Brendolan prosciutti. Che aveva deciso di chiudere, a novant’anni dalla fondazione, presentando all’inizio di gennaio la domanda di ammissione al concordato preventivo.
A proporsi di gestire la prosecuzione della produzione, tuttavia, nel maggio scorso, si è presentata una coop chiamata «I ham Italy» formata da un gruppo di lavoratori i quali, investendo il proprio Tfr e chiedendo finanziamenti alla confederazione delle cooperative, avevano illustrato un piano per poter subentrare. Salvo scoprire che fra la proprietà, il consorzio mantovano Latterie Virgilio, e il Consorzio del prosciutto San Daniele, a cui la Brendolan appartiene, erano già in corso trattative per la cessione del magazzino. Cioè di 250 mila prosciutti, intorno al 15% della produzione dei 31 soci del consorzio, che, alla fine, due giorni fa, sono stati venduti per 14 milioni di euro ad una società veicolo formata da una decina di produttori friulani sostenuti finanziariamente da un pool di banche e anche dalla finanziaria regionale Friulia.
«Abbiamo agito per due obiettivi – spiega il direttore del consorzio, Mario Cichetti – e cioè tutelare il marchio del prosciutto di San Daniele evitando che un quantitativo così elevato di produzione potesse essere svenduto, ed agire in termini mutualistici verso un nostro associato, la Brendolan, che aveva la necessità di portare a conclusione un percorso di liquidazione. È stata un’acquisizione su cui abbiamo lavorato un anno».
La posizione dei soci di «I ham Italy» è molto diversa. «Questa scelta ha spogliato la Brendolan del suo bene di maggior valore economico – spiega il vicepresidente, Giovanni Faccio – senza imporre al beneficiario un qualsiasi impegno rispetto al proseguimento dell’attività produttiva e dell’occupazione. Ora cercheremo di capire se l’azienda possa considerarci come acquirenti di altri asset. Non ci arrenderemo ad un destino di mobilità e disoccupazione».
Corriere del Veneto – 14 giugno 2014