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Brexit. L’addio alle direttive dà una «stretta» alla mobilità del lavoro. Riconoscimenti da definire per autonomi e professionisti. Effetti sulla libera circolazione delle persone tutti da verificare

Effetti della Brexit sulla libera circolazione delle persone ancora tutti da verificare. Se il messaggio spedito dai cittadini britannici che hanno votato per l’uscita dall’Unione europea è netto, le conseguenze sulla principale libertà fondamentale garantita dal Trattato Ue e chiave di volta dell’intero sistema del mercato comune, non sono ancora tracciate.

Primo tra tutti l’effetto sulla libera circolazione dei lavoratori. Due gli scenari da qui a due anni. Il Regno Unito potrebbe stipulare un accordo simile a quello che ha la Norvegia e far parte dello Spazio economico europeo con Svizzera, Liechteinstein e Islanda, con pochi cambiamenti; oppure, decidere di andare avanti senza intese e puntare a un accordo unicamente doganale. In quest’ultimo caso, che segnerebbe l’out da tutto il sistema della libera circolazione delle persone, gli effetti, per certi aspetti disastrosi, saranno in una duplice direzione: verso i cittadini degli altri Stati membri che seguono il tragitto per Londra e dintorni alla ricerca di un lavoro, e dei britannici verso gli altri Paesi. Ue.

Sotto il primo profilo, in assenza di accordo – difficile, però, che si scelga un’uscita al buio – i cittadini degli Stati membri saranno privati dei vantaggi insiti nel sistema della libera circolazione dei lavoratori che ha portato all’eliminazione dei permessi di lavoro, con le autorità nazionali tenute a chiedere unicamente la sussistenza del permesso di soggiorno. Che vuol dire, in sostanza, cancellazione del diritto a cercare lavoro sul suolo britannico, soggiornarvi liberamente per motivi lavorativi e usufruire di un’uguaglianza con i lavoratori britannici. Londra potrebbe decidere, inoltre, di fissare quote per i cittadini dei 27 Stati membri.

La conseguenza più grave proprio su chi cerca un lavoro per il quale non è richiesta una particolare qualifica. Saranno così le attività lavorative più semplici a subire il maggiore contraccolpo. Strada più in discesa per i lavoratori più qualificati che, in ogni caso, perderanno tutti i vantaggi della cittadinanza europea. In questo caso, infatti, c’è anche in gioco l’interesse del Paese ad avere lavoratori altamente qualificati, ma tutto passerà attraverso un sistema di visti.

La Brexit spazzerà via anche i diritti consolidati nella direttiva 2004/38/Ce sul diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri.

Un danno non solo per i tanti cittadini italiani e di altri Stati membri in entrata nel Regno Unito, ma anche per i britannici che perderanno la cittadinanza europea. Un effetto duplicemente negativo sia per chi lavora o cerca lavoro in un altro Stato membro, sia per chi cerca impiego nelle istituzioni dell’Unione. Nessun dubbio che da domani in poi i concorsi per lavorare nelle istituzioni dell’Unione, per i quali è richiesta la cittadinanza di uno Stato membro, saranno preclusi ai britannici. Un effetto negativo, ma che potrebbe essere positivo e con maggiori spazi per i cittadini di altri Stati, inclusi gli italiani.

Colpite anche le persone giuridiche come le multinazionali registrate nel Regno Unito per avere una porta di accesso per il mercato interno e i lavoratori autonomi. Mobilità compromessa, infatti, sia per il diritto di stabilimento, sia per la libera prestazione dei servizi, dall’impossibilità di utilizzare la tessera professionale europea e dalla disapplicazione della direttiva 2013/55 sul riconoscimento delle qualifiche professionali così come del regolamento 1024/2012 sulla cooperazione amministrativa attraverso il sistema di informazione del mercato interno.

Marina Castellaneta – Il Sole 24 Ore – 27 giugno 2016 

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