Consiglio e Parlamento hanno trovato nella notte tra martedì e mercoledì un accordo finale sulla politica agricola comune ( Pac) nel periodo 2014-2020. L’obiettivo del pacchetto, che vale circa il 40% del bilancio comunitario, è di rendere l’agricoltura europea più sostenibile e più ecologica. Il compromesso, dopo lunghe e difficili trattative, apre la porta al voto definitivo in Parlamento (a partire dal 30 settembre) e all’entrata in vigore dell’intera riforma fin dall’inizio del 2014. I parlamentari – ha detto il presidente della commissione agricoltura del Parlamento, l’italiano Paolo De Castro (Pd) – hanno ottenuto concessioni per una “ridistribuzione più equa” dei sussidi agricoli. «L’obiettivo dell’equità è stato raggiunto», ha affermato, anche se ha precisato: «Avremmo sperato di strappare qualcosa in più».
Il nodo più complicato era quello della degressività degli aiuti alle fattorie più grandi. Germania e Gran Bretagna si sono opposte a eventuali tetti in questo campo. Ma alla fine è stato deciso di tagliare del 5% gli aiuti oltre 150mila euro. Riduzione che non vale per gli stati membri che redistribuiranno il 5% del proprio budget ai primi ettari di tutte le aziende.
Le grandi linee dell’accordo raggiunto in giugno sono state confermate. Per meglio distribuire il denaro, è stato deciso che nessun paese riceverà meno del 75% della media europea degli aiuti da qui al 2019. In uno stesso paese membro o in una stessa regione, i divari di aiuto da una azienda all’altra saranno ridotti. L’aiuto per ettaro non potrà essere inferiore al 60% della media dei sussidi da qui al 2019. Oltre 100 miliardi di euro saranno investiti nei 28 paesi dell’Unione per assicurare la qualità delle terre. Il pacchetto, che ha messo a dura prova gli interessi nazionali dei 28, prevede anche la possibilità di trasferire fondi da un’area all’altra della politica agricola comune. Il singolo stato membro potrà trasferire allo sviluppo rurale un massimo del 15% dei fondi a lui riservato per i pagamenti diretti. Lo stesso potrà avvenire nell’altro senso. La quota massima in questo caso sale al 25% per quei paesi che ricevono meno del 90% della media nazionale in pagamenti diretti.
La nuova Pac prevede che il 30% dei pagamenti diretti dipendano dalla messa in pratica di tre abitudini: la diversificazione delle culture, il mantenimento di superfici verdi permanenti, e la preservazione di zone ecologiche. Il 30% almeno dei fondi per lo sviluppo rurale dovrà essere utilizzato per misure agro-alimentari o per il sostegno all’agricoltura biologica. Da ora in poi tutti gli aiuti saranno resi pubblici, salvo quelli di ammontare più piccolo.
Il presidente della Coldiretti, Sergio Marini, promuove l’accordo. «Oltre ai sensibili miglioramenti che sono stati ottenuti nell’intesa di giugno sulla convergenza, sul sostegno ai giovani nonché alla promozione e allo sviluppo di filiere corte, sull’inverdimento a tutela dei vigneti, frutteti ed uliveti italiani, un ulteriore risultato positivo è stato raggiunto anche sulla decisione di applicare per la prima volta su base obbligatoria un tetto agli aiuti per combattere le rendite fondiarie. L’accordo premierà chi vive e lavora di agricoltura».
Agrinsieme (il coordinamento tra Cia, Confagricoltura e Alleanza delle cooperative italiane) avrebbe voluto «più coraggio» dalle istituzioni europee per rilanciare l’agricoltura. «Gli ultimi accordi – sostiene – confermano la riduzione del budget complessivo. Per l’Italia il taglio dei pagamenti diretti si attesta (a prezzi costanti 2011) intorno al 18% per il meccanismo della cosiddetta convergenza esterna». Per Agrinsieme ora è necessario procedere a una rapida approvazione dei regolamenti «in modo da avere un maggiore quadro di certezze e soprattutto l’avvio di un approfondito confronto in Italia per definire i numerosi aspetti da dirimere a livello di stato membro».
Commissione, Consiglio e Parlamento europeo hanno raggiunto martedì sera l’intesa sulla Politica agricola comune. De Castro: “Un successo importante”. Lunedì prossimo sarà votato dalla Commissione Agricoltura del Parlamento che dovrà dare il via libera definitivo in seduta plenaria. Ora la riforma della Politica agricola comune (Pac) può dirsi davvero conclusa: Consiglio e Parlamento europeo hanno definito tutti i dettagli in un ultimo incontro negoziale, martedì 24 settembre. Sono stati così inquadrati nella riforma anche quegli aspetti che erano rimasti in sospeso dallo scorso febbraio, quando i capi di Stato e di governo avevano cercato di imporre la propria visione. Per il Parlamento europeo si è trattato soprattutto di una questione di principio
Per la prima volta, dopo il Trattato di Lisbona, l’agricoltura, e quindi la riforma, sono materie in cui il Consiglio, dove siedono i ministri responsabili dei diversi governi europei, e l’Eurocamera, rappresentante dei cittadini, hanno lo stesso peso. “Sarebbe stato un precedente pericolosissimo – ha spiegato Paolo De Castro, presidente della Commissione agricoltura al Parlamento europeo (Comagri) –permettere ai leader europei di decidere quali aspetti lasciare al Parlamento europeo e quali no”. Insomma, la prossima volta i leader europei probabilmente eviteranno di mettere il naso nelle questioni che non spettano loro, sia perché è illegale secondo le regole comunitarie, ma soprattutto per non essere nuovamente smentiti.
Capping, flessibilità tra pilastri, convergenza esterna
Tre gli aspetti che erano stati lasciati da parte rispetto all’accordo di fine giugno: il capping, cioè la fissazione di un tetto per i pagamenti diretti; la flessibilità tra pilastri, ovvero la possibilità di spostare risorse dagli aiuti diretti ai programmi di sviluppo rurale, e viceversa, e laconvergenza esterna, ovvero l’equiparazione degli aiuti percepiti da agricoltori di diverse nazionalità.
A causa della strenua opposizione di Paesi come la Germania e il Regno Unito, dove le aziende agricole sono in media di grandi dimensioni, è stata ridimensionata l’ambizione di ridurre drasticamente i pagamenti diretti superiori a 150mila euro, e addirittura abolire gli aiuti oltre i 300mila euro.
Non è stato fissato, invece, nessun tetto, e la riduzione, per i pagamenti oltre 150mila euro, sarà del 5% appena. Ogni Stato membro, poi, potrà decidere di destinare il 5% dell’ammontare totale dei propri fondi europei per il sostegno al reddito alle aziende di piccole dimensioni: in quel caso, anche i pagamenti diretti superiori a 150mila euro non saranno toccati.
Anche sulla flessibilità tra pilastri la posizione del Consiglio è stata intransigente: così, non solo gli Stati membri potranno trasferire il 15%della dotazione nazionale di pagamenti diretti allo sviluppo rurale, ma il flusso di denaro potrà avvenire anche in direzione contraria. IlParlamento europeo avrebbe invece voluto evitare che il 15% dei fondi per i programmi comunitari di sviluppo rurale (25% per chi riceve meno del 90% della media europea) potessero essere dirottati al sostegno agli agricoltori.
Infine, le dotazioni nazionali per gli aiuti diretti dei singoli Stati membri saranno progressivamente riequilibrate. Così, i Paesi che ricevono meno del 90% della media UE, vedranno un aumento graduale, pari a un terzo della differenza tra la loro situazione e il 90% di quella media comunitaria. Il che implica, evidentemente, un aggiustamento anche per i Paesi che si trovano sopra l’asticella della media.
Prossimi passaggi
“Rendo omaggio ai ministri e agli eurodeputati per il modo in cui sono stati in grado di trovare un compromesso – ha commentato il Commissario all’agricoltura europea, Dacian Ciolos – ora però bisogna procedere all’adozione formale entro il 2013, per dare certezza agli agricoltori europei”.
Il prossimo obiettivo, infatti, dopo il voto in Comagri lunedì 30 settembre, sarà l’approvazione da parte dell’Europarlamento riunito in sessione plenaria, a ottobre o al più tardi a novembre, per poi passare all’adozione da parte del Consiglio. Di modo da poter lavorare al più presto per rendere operative le misure transitorie e far sì che non ci siano vuoti tra la vecchia e la nuova Pac.
Il Sole 24 Ore e Agronotizie – 26 settembre 2013