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Buoni pasto, da settembre via libera al cumulo di otto ticket. Si possono usare anche in agriturismi e mercati. Decreto in Gazzetta

Si accettano buoni pasto fino a un massimo di otto. Questa è la scritta che campeggerà in molti supermercati a partire dal 9 settembre, data di entrata in vigore del decreto ministeriale del 7 giugno 2017, n. 122 (pubblicato sulla «Gazzetta Ufficiale» 186 del 10 agosto 2017). Per la prima volta sarà consentito l’uso cumulativo dei tagliandi, seppure non oltre il limite di otto buoni.

La novità non è di poco conto perché dovrebbe sgombrare il campo da una serie di dubbi sulla possibilità di fruire dei benefici fiscali a seguito dell’utilizzo di più ticket in contemporanea, ad esempio per fare la spesa al supermercato.

Non solo, ma potrebbe anche contribuire a far decollare il mercato dei ticket in formato elettronico, penalizzato forse dalla combinazione dell’immediata tracciabilità degli stessi (e facile accertabilità degli abusi) con le incertezze interpretative.

Andiamo con ordine. Il decreto dello Sviluppo economico del 7 giugno 2017, n. 122, disciplina i servizi sostitutivi di mensa di cui al decreto legislativo 50/2016, il Codice dei contratti di appalto pubblici.

Pur essendo un provvedimento di esecuzione e attuazione del Codice dei contratti pubblici in realtà ha una portata piuttosto ampia, tanto è vero che individua «gli esercizi presso i quali può essere erogato il servizio sostitutivo di mensa reso a mezzo dei buoni pasto, le caratteristiche dei buoni pasto e il contenuto degli accordi stipulati tra le società di emissione di buoni pasto e i titolari degli esercizi convenzionabili».

Il provvedimento è rilevante anche per le imprese private interessate da tali servizi.

Rispetto all’articolo 285 del Dpr 207/2010, che disciplinava la medesima materia, è previsto un ampliamento degli esercizi convenzionati presso i quali si può usufruire del servizio di mensa (articolo 3) e vengono introdotte dettagliate previsioni sul contenuto degli accordi tra società emittenti ed esercizi convenzionati (articolo 5).

In relazione agli esercenti che possono erogare il servizio sostitutivo di mensa, oltre alla vendita al dettaglio di generi alimentari e quelle per il consumo sul posto dei prodotti provenienti dai fondi di imprenditori agricoli e coltivatori, sono previsti anche gli agriturismi e gli ittiturismo.

Con riferimento ai termini di pagamento nei confronti degli esercizi convenzionati, la società emittente è tenuta a rispettare le disposizioni del decreto legislativo 231/2002, come modificato dal decreto legislativo 192/2012. Inoltre l’accordo deve contenere l’indicazione dello sconto incondizionato riconosciuto alla società emittente dai titolari degli esercizi convenzionati.

Dal punto di vista fiscale, l’articolo 51, comma 2, lettera c) del Tuir prevede che nessuna tassazione né contribuzione previdenziale è dovuta relativamente ai buoni pasto cartacei corrisposti ai lavoratori, fino a 5,29 euro al giorno, o in alternativa, fino a 7 euro per i ticket in formato elettronico (in quest’ultimo caso, con decorrenza 1°luglio 2015). Se si considera il numero degli otto buoni, il limite complessivo dovrebbe essere 42,32 euro nel caso di buoni cartacei e 56 euro nel caso dei ticket elettronici.

Finora, la non cumulabilità dei ticket postulata dall’articolo 285 del decreto 207/2010 poneva il sostituto di imposta nella scomoda situazione di dover decidere se l’utilizzo multiplo dei ticket non consentito dalla legge avesse ricadute anche fiscali. Ossia, se si dovessero applicare le ritenute fiscali e previdenziali sui valori eccedenti i 5,29 o i 7 euro giornalieri conseguenti l’utilizzo in contemporanea di più buoni.

Con il decreto 122/2017 la questione si semplifica, in quanto i limiti all’esenzione di 5,29 o 7 euro al giorno, dovrebbero essere relativi alla corretta erogazione dei ticket, giacché ne è consentito l’uso cumulativo fino a otto buoni. Perciò, il datore di lavoro dovrebbe innanzi tutto concentrarsi sulla corretta distribuzione dei tagliandi, più che sul loro corretto utilizzo.

A tal proposito, i ticket devono essere corrisposti alla totalità o a gruppi omogenei di lavoratori; i beneficiari possono essere dipendenti sia a tempo pieno che parziale e anche collaboratori; come base di calcolo, infine, i ticket agevolati vanno commisurati al numero di giorni in cui il lavoratore effettua la propria prestazione lavorativa.

Agriturismi e mercati, spesa con i buoni pasto

Nei mercatini, negli spacci aziendali, negli agriturismi. Praticamente ovunque. Perché nella grande distribuzione, nelle tavole calde e nei bar i buoni pasto sono già ampiamente utilizzati. Un decreto del ministero dello Sviluppo economico ne ha esteso l’ambito di utilizzo anche ad attività finora escluse, a partire dal prossimo 9 settembre. Il dicastero guidato da Carlo Calenda ha anche deciso di introdurre la cumulabilità giornaliera dei buoni fino ad un massimo di otto. Finora era possibile usare un solo ticket al giorno, il cui valore nominale è in media di 6 euro, anche se i controlli sono pochi e non è infrequente vedere consegnare alle casse dei supermercati blocchetti di buoni per pagare la spesa.

Nati come servizio sostitutivo delle mense aziendali per i lavoratori assumeranno così sempre più la forma di buoni spesa, tramutandosi in una moneta parallela de-fiscalizzata e de-contribuita fino alla soglia di sette euro per i ticket elettronici, come dispose la legge di Stabilità 2016. Si tratta di una decisione che ha avuto una gestazione piuttosto lunga. Due anni di rimpalli, di pareri contraddittori da parte delle associazioni di categoria e delle imprese di largo consumo. Che finisce per disattendere quanto Camera e Senato ad aprile scorso hanno espresso chiaramente nel decreto correttivo al codice degli appalti. I due rami del Parlamento hanno votato a favore di un innalzamento del valore monetario del buono pasto a 21 euro, come avviene in Francia, sconsigliando la cumulabilità dei ticket. Così non è stato.

La novità preoccupa molto gli esercenti. Secondo Aldo Cursano, presidente vicario di Fipe-Confcommercio, «si alimenta sempre più il sistema speculativo che affligge la filiera dei buoni pasto. Snaturando il valore facciale del ticket e concedendo un maggiore peso negoziale allo Stato e alle aziende private che bandiscono le gare per le società emettitrici di buoni pasto». Queste ultime — per portare a casa clienti importanti come la pubblica amministrazione (tramite la centrale appaltante Consip) e alcune grosse multinazionali — finiscono spesso per presentare offerte al massimo ribasso scaricando il costo a valle. Sugli esercenti. Secondo Cursano «le gare al ribasso si chiudono con un sconto che oscilla tra il 20 e il 22% e qualcuno alla fine lo deve pagare. Il datore di lavoro fornisce ai propri dipendenti un buono da sei euro circa, l’impiegato va nel bar o in pizzeria e consuma per quell’importo, ma quando l’esercente va a riscuotere quel ticket lo trova decurtato almeno del 10%. Pur di avere clienti e non rimanere fuori dal giro lavora sottocosto e in più deve attendere mesi (in media 4, ndr. ) prima di riscuotere i soldi che ha anticipato».

Paolo De Leonardis, consigliere di una società di Qui Group (uno dei principali attori di mercato con Edenred e Sodexo), esprime apprezzamento per la misura «perché dà una maggiore libertà al consumatore» però invita «ad intensificare i controlli sulla cumulabilità dei buoni per non snaturarne il ruolo».

Il Sole 24 Ore e Il Corriere della Sera – 12 agosto 2017

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