Il “nemico” da combattere, dal Nord al Sud dell’Europa, è uno solo: il Moloch della burocrazia. Per rendere la macchina dello Stato più leggera ed efficiente, in grado di dialogare direttamente con i cittadini con un semplice click. Ma anche misure per favorire una maggiore flessibilità del lavoro dei dipendenti pubblici con l’ambizione di arrivare a una gestione più manageriale.
Mentre in Italia il governo ha appena approvato i primi 11 decreti attuativi della legge Madia anche in altri Paesi il cantiere della riforma della Pa è aperto. E, al di là dei tagli previsti con le rispettive spending review, almeno sulla carta compaiono misure per imprimere un cambio di passo, con un dividendo anche in termini di risparmio per le casse dello Stato.
«Per alcuni, soprattutto nel Sud Europa e in Irlanda – spiega Steven Van de Walle, docente di pubblica amministrazione e coordinatore di Cocops, la rete europea per il settore pubblico del futuro – la riforma della Pa è una novità resa necessaria dalla crisi per ridurre i costi e dare una mano ai conti pubblici. Per altri, come la Gran Bretagna e i Paesi scandinavi il percorso è iniziato a cavallo tra gli anni ’80 e ’90 con il progressivo alleggerimento del ruolo dello Stato nell’economia. Per questa ragione questi ultimi sono a uno stadio più avanzato del percorso».
A Londra i dipendenti pubblici rappresentano circa il 21% del totale degli occupati e l’8,3% della popolazione, il record trai Paesi considerati. Qui l’ultimo tentativo di riforma risale al 2012. Si è partiti dalla creazione di un unico portale per tutta la Pa – gov.uk – una piattaforma digitale che riunisce informazioni pratiche per i cittadini e li mette in contatto con 250 amministrazioni competenti. Il piano conta 26 azioni, finora solo in parte attuate. Tra queste la digitalizzazione di 25 servizi pubblici essenziali.
In Germania, dove gli sforzi sono cominciati nell’era di Helmut Kohl, nel 2014 il governo ha rilanciato con un piano a colpi di digitalizzazione, riduzione degli oneri per le imprese e un potenziamento del «numero unico 115», nato nel 2009 in alcuni Länder, che consente di entrare in contatto con la pubblica amministrazione al telefono o via internet. «Berlino – fa notare van der Walle – ha compiuto passi avanti, ma il sistema pubblico resta molto tradizionale e dovrebbe essere svecchiato».
In Francia – dove il fiore all’occhiello della Pa è l’Ena, l’École nationale d’administration che ha formato l’attuale presidente Hollande, i suoi predecessori e numerosi funzionari – i conti pubblici fuori rotta hanno reso urgente un intervento sul pesante ingranaggio statale. Gli sforzi più recenti, denominati «shock di semplificazione» risalgono al 2012 con la creazione di un’unica cabina di regia, il Cimap, il Comitato interministeriale per la modernizzazione della Pa. Nel 2013 viene fissata la regola del silenzio-assenso nei rapporti tra cittadino, imprese e settore pubblico e inizia il lento percorso di sfoltimento delle commissioni consultive.
L’Irlanda, dal 2010 al 2013 sotto il paracadute del salvataggio di Ue e Fmi, ha approvato una riforma in due tempi. La seconda è il piano 2014-2016 e prevede un’accelerazione della digitalizzazione, una razionalizzazione degli organismi della Pa, che a regime saranno 181 in meno rispetto al 2011, e una carta unica dei servizi che finora ha raggiunto il 25% della popolazione. Dublino ha anche reso più stringente le regole sui permessi di malattia.
In Spagna il protagonista della riforma si chiama «Cora», la Commissione ministeriale per l’efficienza della Pa. Lo sforzo più ambizioso riguarda lo sfoltimento degli organismi pubblici: quando il puzzle sarà completato, quelli statali saranno un centinaio in meno e la forbice colpirà anche 600 enti regionali. E si punta anche sulla digitalizzazione.
Dietro le quinte in tutta Europa, intanto, è in atto un dibattito sullo status del funzionario pubblico. «Con il congelamento delle assunzioni in seguito alla crisi – dice l’esperto – i dipendenti della Pa stanno diventando sempre più vecchi e sempre meno specializzati. La professione sta così perdendo appeal».
In Francia il dibattito è iniziato sulla necessità di rivedere il loro statuto che risale al 1983. A fine dicembre l’esecutivo ha inoltre annunciato l’intenzione di passare a una gestione più manageriale dei dipendenti pubblic i. In Gran Bretagna da qui al 2017 è in atto un piano per identificare il deficit di competenze da colmare, anche attraverso programmi di scambio con il settore privato.
In Germania, Irlanda e Spagna si spinge l’acceleratore su una maggiore flessibilità del lavoro e una remunerazione più legata alla performance. «Una misura – conclude van de Walle – che potrebbe rivelarsi un ottimo antidoto contro i fannulloni».
Pagina a cura di Chiara Bussi – Il Sole 24 Ore – 25 gennaio 2016