Portata in Italia dall’uomo, ora dovrà essere eliminata fino all’ultimo esemplare.. È il destino che la Provincia di Rovigo ha deciso per la lepre del Silvilago, meglio nota come «minilepre» o «coda di cotone» per la coda a forma di batuffolo. Una specie originaria del centro-nord America, trasportata illegalmente in territorio italiano negli anni ’60 per essere cacciata. Nel Rodigino è arrivata a partire dagli anni ’80, sempre introduzioni non autorizzate. Scelta per l’incredibile rapidità di riproduzione, oggi la popolazione è in crescita esponenziale: coda di cotone è in grado di partorire dalle 2 alle 4 volte per ogni stagione riproduttiva, arrivando fino a 35 nati.
Dalle dimensioni ridotte e più rotonda rispetto alla lepre nostrana, la sua presenza si concentra in modo particolare nella zona sud del Veneto. È in grado di adattarsi facilmente a diversi ambienti, ma predilige le campagne o quelli con vegetazione bassa. Vive anche in prossimità dei centri abitati, non avendo paura dell’uomo. Si muove principalmente al tramonto o nella notte. Per questo ha trovato un habitat particolarmente favorevole nel parco del Delta del Po, tra i comuni di Adria e Porto Tolle. La popolazione maggiore pare concentrarsi nell’isola di Ariano, entroterra di Rosolina e Porto Viro. Ma la sua diffusione è in rapido aumento: mancano stime precise, ma si parla di ben oltre mille esemplari.
Solo nella zona di San Basilio, comune di Ariano nel Polesine, durante una ricognizione notturna è emersa una densità di 32 esemplari per chilometro quadrato. «La massiccia presenza può causare gravi danni all’agricoltura», dice Marco Trobini, presidente della Provincia. La lepre a stelle e strisce sarebbe nefasta per soia, giovani piante di frumento, mais, vite ed alberi da frutto, tutti prodotti tipici delle campagne polesane. Ma sono anche altri i rischi. In America l’animale è portatore di alcune gravi patologie, che possono contagiare altre specie di lepre. Non è da escludere, inoltre, che possa entrare in competizione con le specie locali, con danni all’ecosistema.
Ecco perché la Provincia ha predisposto un piano di «eradicazione» della «minilepre», che dovrebbe portare all’eliminazione o alla significativa riduzione della popolazione in cinque anni. Una misura imposta dalla legge nazionale, che prevede l’abbattimento delle specie non autoctone. Verranno impiegate reti di cattura, ma anche gabbie trappola selettive. Strumenti sperimentali, che dovrebbero permettere di catturare solamente la lepre del Silvilago, senza comunque danneggiare l’animale preso e quindi permettendo la liberazione in caso di errore. Oltre a questo, saranno organizzate vere e proprie battute di caccia, anche oltre la stagione venatoria e con la previsione di abbattimenti notturni.
Gli interventi saranno coordinati dalla Provincia e concentrati nel periodo ottobre-marzo, quando l’individuazione della lepre risulta più semplice. Continueranno anche nel resto dei mesi, anche se con indicazioni più stringenti dettate dalla vigilanza provinciale. Le zone in cui sarà possibile cacciare saranno appositamente individuate e delimitate ed i risultati monitorati. Oltre alle guardie forestali e comunali con licenza, potranno agire anche i proprietari dei terreni all’interno delle aree di caccia, sempre se muniti della regolare documentazione, «selecontrollori», cacciatori speciali formati ed iscritti all’albo provinciale, e guardie volontarie.
Il Corriere del Veneto – 9 maggio 2018