Camera, tagli agli stipendi dei dipendenti per 20 milioni. Sindacati sul piede di guerra: “Siamo pronti a fare ricorso”
Scure della Boldrini sui salari dei 1442 dipendenti di Montecitorio: dal segretario generale ai commessi Cura dimagrante anche al Senato. Sindacati sul piede di guerra: “Siamo pronti a fare ricorso”
La ghigliottina è ormai pronta. Nonostante resistenze e mille veleni, si abbatterà prima della pausa estiva sugli stipendi dei dipendenti parlamentari. Stando alle tabelle limate in queste ore dalle Presidenze di Camera e Senato, se il taglio venisse esercitato in un’unica soluzione farebbe risparmiare solo a Montecitorio circa venti milioni di euro l’anno. La novità più significativa sarà il nuovo tetto ai salari. Anzi, i nuovi tetti: uno per ogni categoria di dipendenti. Nuovi limiti – ispirati a quello di 240 mila euro introdotto nella pubblica amministrazione – capaci di dimagrire drasticamente la busta paga dei lavoratori. Con una coda infinita di polemiche.
Le cifre che seguono non considerano gli oneri previdenziali. Ciononostante, l’intervento resta a gamba tesa. Basta leggere i numeri: oggi, ad esempio, il segretario generale appena nominato percepisce 406 mila euro, con la riforma guadagnerà 300 mila euro (240 mila euro in base al tetto, 60 mila di indennità di funzione). Il suo vice, invece, passerà dagli attuali 305 mila a 270 mila euro. Oltre il tetto della PA, dunque, ma parecchio più giù delle vette raggiunte dopo alcuni anni di servizio. La scure, in realtà, colpirà tutti i 1.442 dipendenti di Montecitorio. E sarà più dolorosa per quei 645 che già superano le nuove soglie massime (88 di loro infrangono quella dei 240 mila euro). Dovranno adeguarsi ai parametri, con la garanzia però di un “piano di rientro” quadriennale.
Se si confrontano vecchie e nuove tabelle, è possibile toccare con mano la portata dell’intervento. Un consigliere parlamentare al massimo dell’anzianità percepisce oggi 358 mila euro, senza oneri previdenziali. Con la riforma non potrà superare i 240 mila euro. Scendendo la piramide, chi riveste l’incarico di documentarista, tecnico o ragioniere passerà dagli attuali 238 mila euro a un tetto di 165.500 euro. I segretari parlamentari al massimo della carriera vedranno ridurre la busta paga da 156 mila a 115.500 euro, mentre lo stipendio dei collaboratori tecnici calerà da 152 mila a 105.500 euro. Gli assistenti parlamentari e gli operatori tecnici, infine, scenderanno da quota 136 mila euro (percepiti dopo il quarantesimo anno di servizio) a 98.500 euro. È come se la curva retributiva venisse congelata nel punto toccato dagli stipendi dopo ventitrè anni di servizio. Oltre non si potrà andare. Per i nuovi assunti, invece, la curva si svilupperà con valori più bassi del 20%, fermandosi fino ai nuovi tetti fissati.
La partita, però, è condizionata ancora da troppe incognite. Le novità allo studio dei Presidenti Piero Grasso e Laura Boldrini – e dai vicepresidenti Marina Sereni e Valeria Fedeli – sono da mesi al centro di un pesantissimo braccio di ferro interno alle istituzioni. Lo strumento studiato per intervenire sugli stipendi maturati, e cioè il contributo di solidarietà, è destinato a finire nel mirino dei ricorsi dei dipendenti. Al Senato, poi, il nuovo corso ha incontrato più di qualche resistenza. Per non parlare dei sindacati dei lavoratori, pronti a dare battaglia. E neanche tra le forze politiche le ricette sono condivise fino in fondo.
Già la prossima settimana è in agenda l’ultima riunione tecnica tra Camera e Senato, poi i due uffici di presidenza saranno chiamati ad approvare una proposta “fotocopia”, con i nuovi indirizzi per i due rami del Parlamento. Dovrebbero farlo entro il 21 luglio, prima che il bilancio della Camera approdi in Aula. A quel punto partirà una delicatissima trattativa con i sindacati. I bookmaker parlamentari considerano improbabile un’intesa, anche se chi lavora alla riforma inquadrerà il piano nell’ottica di un’amministrazione unica delle Camere e della valorizzazione delle professionalità. Indipendentemente dall’esito del negoziato, comunque, l’ufficio di presidenza tornerà a riunirsi prima della pausa estiva per sancire il via libera definitivo alla riforma.
Repubblica – 3 luglio 2014