L’occasione di passare alla storia si sta rivelando un bluff. Il Veneto, lo ricordate?, è stata la prima Regione a vietare di tenere i cani a catena. La disposizione è contenuta nella legge regionale 17 approvata all’unanimità dal Consiglio regionale nel giugno 2014. Detenere un cane a catena viene considerato un illecito «punibile con una sanzione amministrativa da 100 a 300 euro». La legge, giustamente definita epocale perché espressione di un innovativo rispetto nei confronti degli animali, è stata però oggetto di un ricorso del governo e successivamente respinta al mittente dalla Corte Costituzionale.
Sotto la lente dei giudici, nello specifico, era finito l’articolo 2 della legge, che prevede per i detentori di cani la possibilità di realizzare, nell’ambito dei terreni di proprietà e in deroga anche alla normativa nazionale, recinzioni per consentire libertà di movimento al’animale e questo ha di fatto congelato l’applicazione della legge e delle sanzioni.
Anche la Polizia municipale di Verona, ad esempio, in quasi due anni non ha fatto una sola sanzione. La legge ancor oggi è nel limbo, come conferma il consigliere regionale Andrea Zanoni (Pd), sensibile alle tematiche animaliste. «In linea teorica il divieto di tenere i cani a catena è entrato in vigore dopo la pubblicazione della legge sulla Bur, quindi nel giugno 2014, ma di fatto non viene applicata in quasi tutti i Comuni veneti. Questo, sostengono, perché manca il regolamento sollecitato dalla Corte Costituzionale. Ma il regolamento si riferisce a altre questioni. Una scusa, quindi. Il dato oggettivo è che la Regione è inadempiente, perché non ha ancora stilato questo benedetto regolamento, a riprova dello scarso, se non nullo, interesse nei confronti degli animali di affezione. La situazione nel Veneto non è delle migliori: per le sterilizzazioni le Ulss non dispongono di finanziamenti adeguati e di conseguenza il problema del randagismo è presente in molte zone del nostro territorio. Avevo presentato un emendamento al bilancio per sollecitare un contributo, ma il governatore Zaia ha detto no. A differenza del suo omologo Maroni, che per cani e gatti della Lombardia ha stanziato 2 milioni di euro».
Per il consigliere Zanoni non resta altro «che protestare affinchè la Regione fornisca i chiarimenti richiesti e pretendere che i Comuni facciano rispettare il divieto, sanzionando chi tiene il cane a catena. Cosa che purtroppo continua a accadere».
Sulla legge impugnata si era espresso anche l’ufficio legale della Lav, sostenendo che «il divieto è in vigore indipendentemente dal pronunciamento della Corte Costituzionale, perché il Governo ha sollevato solo l’illegittimità dell’articolo 2».
L’Arena – 10 ,maggio 2016