Il prestito pensionistico che i tecnici governativi stanno studiando come forma di flessibilità sostenibile per le finanze pubbliche potrebbe avere un doppio utilizzo. Il primo riguarda i lavoratori senior con un contratto in corso e che si trovano a tre o quattro anni dai requisiti di pensionamento di vecchiaia. Il secondo riguarda invece i disoccupati nelle medesime condizioni con un ammortizzatore in scadenza.
Naturalmente siamo nel campo delle ipotesi, una delle «tante ipotesi» sul tavolo, come ha ribadito per l’ennesima volta ieri il ministero del Lavoro. Anche se fonti diverse vicine al dossier convergono nel sostenere che la misura alternativa, ovvero una forma di flessibilità generalizzata anche con penalizzazioni ma a carico della fiscalità generale in fase di avvio, sarebbe quasi uscita dal “toto Stabilità” perché giudicata troppo onerosa.
Il prestito allo studio per lavoratori con contratto in corso prenderebbe le mosse da una rivisitazione dell’articolo 4 della legge 92 (riforma Fornero del mercato del lavoro) che dal 2012 incentiva l’esodo dei lavoratori più anziani in aziende con più di 15 dipendenti, consentendo ai datori il pagamento dei contributi e di un assegno pensionistico anticipato pari alla pensione che il lavoratore maturerebbe al raggiungimento dei requisiti. Anticipo che poi viene rimborsato con mini-prelievi sull’assegno finale Inps una volta a regime. Diverse grandi aziende hanno già utilizzato quello strumento che ora potrebbe essere esteso a tutti e reso fruibile sulla base di accordi sindacali.
I paletti su cui si sta ragionando sono diversi e spaziano dai limiti da porre all’assegno anticipato dall’azienda (1,7 volte la pensione sociale equivarrebbe per esempio a circa 800 euro mensili), ai tipi di finanziamento e di garanzie cui potrebbero ricorre le aziende interessate, alle modalità di rimborso da parte dei lavoratori che utilizzeranno il prestito pensionistico. Ieri una prima reazione positiva a questa ipotesi di misura è arrivata da Roberto Pessi, ordinario di Diritto del lavoro e prorettore alla Ricerca alla Luiss di Roma, secondo il quale si tratta di una proposta percorribile, da studiare bene e per la quale vale la pena fare una sperimentazione. Per Pessi il dubbio è «quanti effetti operativi potrà avere questa misura senza ulteriori interventi di flessibilità legislativi, visto che comunque comporterà degli oneri, anche se ripagati, per le imprese; e si sa che sono le imprese più grandi e strutturate a potersi permettere questi oneri». Diversa l’opinione di Annamaria Furlan, segretario generale della Cisl, che ha parlato di misura «complicata da applicare» in Italia: «Può trovare – ha spiegato il numero uno della Cisl – risposte positive nelle grandi aziende, ed è stata sperimentata in passato in determinate situazioni; ma l’Italia è un Paese di piccole e medie imprese e la vedo complicata da applicare».
Il prestito per i disoccupati sarebbe invece finanziato dall’Inps che poi con lo stesso meccanismo delle aziende avrebbe una successiva restituzione da parte del pensionato della somma complessivamente percepita come anticipo con piccolo prelievo dall’assegno finale. In Stabilità restano “prenotate” le misure annunciate per gli esodati e per l’«opzione donna» estesa fino a fine anno. E potrebbero entrare anche misure di semplificazione in materia di ricongiunzione e totalizzazione, che potrebbero a loro volta consentire uscite anticipate senza oneri per i lavoratori che hanno versamenti contributivi cumulati in gestioni diverse.
Il nodo più difficile da risolvere resta quello a monte, vale a dire le risorse da reperire a copertura, sapendo che sulla voce “pensioni” in manovra è già appostata una somma di mezzo miliardo, necessaria per finanziare la perequazione degli assegni tre volte sopra il minimo, conseguenza della sentenza della Corte costituzionale della primavera scorsa. La scelta sulle risorse da utilizzare per le misure previdenziali avrà effetti su altri due dossier del Lavoro: i nuovi incentivi per le assunzioni e i contratti di secondo livello (si veda altro articolo a pagina 3), e le misure annunciate di contrasto alla povertà.
Davide Colombo – Il Sole 24 Ore – 7 ottobre 2015