Non esistono più corrotti. Solo corruttori. Quasi un quarto di secolo dopo Tangentopoli la criminalità degli appalti cambia modi, non certo pericolosità. Lo scandalo Mafia Capitale ha mostrato come il malaffare non abbia più bisogno di comprarsi i favoru abusivi delle istituzioni: le infiltra, le controlla e le usa da padrone. Intervistato dal direttore di Repubblica Ezio Mauro in chiusura di Repubblica delle Idee a Pescara, il magistrato Raffaele Cantone, da un anno e mezzo presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione, disegna il nuovo volto di un vizio troppo antico.
Per la Corte dei conti si stima in oltre 67 miliardi di euro l’ammontare delle tangenti in Italia.
La metà della corruzione europea. Un disastro non solo morale ma economico, che deprime la concorrenza, allontana gli investitori, abbassa la qualità delle opere pubbliche.
«Contesto quella cifra, nasce dal calcolo ipotetico di quanto varrebbe la corruzione se fosse un due-tre per cento del Pil, in verità potrebbe essere persino maggiore, per i costi invalutabili che dice lei. Ma l’effetto di queste cifre rischia di essere la rassegnazione: è troppo, non ce la faremo mai, arrendiamoci. Io non credo che la corruzione sia un cancro che ha conquistato il paese, è innervato ma non invincibile, se potremo lavorare in tempi abbastanza lunghi senza che cali l’attenzione».
Non si rischia invece una sconfitta? Guardiamo solo agli ultimi giorni: il vicepresidente della Lombardia arrestato, tre arresti a Roma per il primo appalto del Giubileo. È un assedio.
« Quando emergono fatti di corruzione vuol dire che che una parte del paese fa il suo dovere. Quegli arresti, mica li hanno fatti poliziotti norvegesi. La cosa del Giubileo è venuta fuori perché abbiamo lavorato in modo diverso, controllando tutti i soggetti partecipanti all’appalto. Abbiamo evitato un grande scandalo italiano, dobbiamo esserne orgogliosi ».
Ma come è possibile che dopo Mafia Capitale nessuno si sia accorto che quasi tutti gli appalti Atac sono gestiti senza gara?
«Me lo chiedo anche io, purtroppo, e penso non sia un caso unico nelle società pubbliche, il vero disastro per la corruzione in Italia. Del resto, sono state create come escamotage per trasferire gli affari a questi meccanismi, ed ecco collegi sindacali pletorici, assunzioni senza concorso. Bisogna che, come è accaduto con la mafia, ci convinciamo tutti che non si tratta solo di un problema morale, ma di una rovina economica. I concorrenti migliori eliminati, l’appaltatore che poteva risparmiare. Se vinco corrompendo non ho bisogno di migliorare le mie capacità d’impresa, di assumere buoni tecnici. Non è un caso se i paesi più corrotti sono anche quelli che fanno meno ricerca e innovazione. Ma, ripeto, oggi un pezzo di Italia vuole davvero cambiare.
Aumentare la soglia dei pagamenti in contanti non va nella direzione opposta?
« La riduzione della soglia non eliminava la corruzione. Ma sono contrario a quell’innalzamento, perché ha un valore simbolico, sembra dire: purché tu spenda va tutto bene. Senza contare che il cambio continuo delle regole è il contrario della certezza che serve alla lotta contro la corruzione ».
Parliamo allora anche di noi, società civile e incivile nello stesso tempo. La corruzione prospera anche perché è spesso considerata peccato veniale, e lo Stato un avversario da fregare. Possiamo parlare di una opinione pubblica distratta, rassegnata o connivente?
« In tempi recenti la corruzione è stata non solo sottovalutata, ma perfino considerata un meccanismo che fa funzionare il sistema. Quella mentalità ha fatto danni rilevantissimi».
Dopo Tangentopoli il sistema politico non ha rigettato i tecnici delle mazzette, è tornato a farli entrare nelle stanze del potere, perché?
«Attorno all’Expo sono entrati in azione dei mediatori d’appalto, dei lobbisti, due persone già condannate».
Frigerio e Greganti.
«Non si nascondevano, avevano incontri ufficiali con imprenditori, politici, e nessuno che dicesse: ma voi cosa c’entrate? Purtroppo il post- Tangentopoli ha prodotto norme che hanno finito per facilitare la corruzione: abuso d’ufficio, falsi fiscali, prescrizione. La più criminogena è la riforma del titolo quinto della Costituzione che ha spostato la capacità di spesa in zone sottratte al controllo: le rimborsopoli delle Regioni sono frutto di questo. Ha ragione chi dice che Tangentopoli ha prodotto un effetto darwiniano, ha eliminato i corruttori fessi lasciando sul campo quelli più abili. Le tecniche ora cambiano, Mafia Capitale è uno spaccato eccezionale. Il malaffare non ha più bisogno di corrompere funzionari pubblici, i suoi interlocutori sono corrotti in partenza, allevati apposta per essere inseriti in un sistema illegale».
E questo è gravissimo. Con Tangentopoli la politica era seduta a capotavola, ora è gregaria, subalterna, in stato di cattività. Non c’è più neppure bisogno delle mazzette.
« È incredibile, se uno legge gli atti non capisce chi è il corrotto e chi il corruttore. La struttura classica della corruzione è quella di un contratto criminale, uno si vende la funzione e uno la compra, qui invece no, certi funzionari e politici fanno parte integrante della struttura organizzativa del crimine, sono lì per quello».
Si può parlare di mafia per questo sistema, o è un termine improprio?
« La mafia non è solo quella che spara. La corruzione anzi preferisce non sparare: un uomo minacciato prima o poi lo perdi, uno coinvolto è sempre tuo. Non ci sarà soluzione se la politica non tornerà a prendersi la responsabilità delle persone che sceglie. La corruzione si può battere solo se c’è una svolta nella politica».
Abbiamo avuto un ministro degli Interni che sosteneva che non c’era mafia al Nord, sconfessò Saviano che lo diceva, ottenendo perfino una trasmissione riparatoria dalla Rai.
«Bisognerebbe spiegare perché se cambia un prefetto, Milano improvvisamente fa più interdittive di Napoli, Palermo e Reggio Calabria. Pasquale Zagaria a Parma si presentava col suo nome, aveva rapporti con politica e imprenditori, l’allora prefetto disse che Saviano si inventava la camorra a Parma, forse non era molto attento a quel che gli accadeva intorno. A parole, la legalità è invocata ovunque. Non costano nulla le parole. La più abusata è proprio legalità, ha ragione don Ciotti, aboliamola, sostituiamola con responsabilità. Conta quello fai, non quello che dici».
Repubblica – 19 ottobre 2015