Il 90% dei consumatori europei vuole sapere da dove arriva la carne che comprano, che si tratti di una bistecca o di un ingrediente dei piatti pronti. Una volontà che trova ragione di essere negli ultimi scandali, come quello della carne di cavallo, in cui si fatica a rintracciare la provenienza e l’origine dei lotti oggetto di ritiro.
Per adesso in UE, è possibile leggere sulle etichette l’origine esclusivamente per le carni bovine fresche: che devono indicare il paese di nascita, allevamento e macellazione dell’animale. Dall’aprile del 2015, anche sulle confezioni delle carni suine, ovine, caprine e del pollame, dovrà comparire il paese di allevamento e di macellazione, ma non quello di origine.
Un altro discorso meritano le carni trasformate, e quelle impiegate come ingrediente di piatti pronti (lasagne, polpette, cotolette), crocchette di pollo, wurstel, prosciutti e salumi. In tutti questi casi non c’è l’obbligo di indicarne l’origine, e non è neppure previsto un piano in questa direzione. I consumatori non avranno idea quindi della provenienza della carne che si trovano nel piatto, anche perché secondo le aziende inserire quest’informazione in etichetta sarebbe troppo costoso e poco pratico.
L’Organizzazione europea dei consumatori (Beuc), ha avviato una campagna intitolata “Can we trust our meat” (Possiamo fidarci della nostra carne?) in cui si chiede più chiarezza riguardo all’origine in etichetta, e misure adeguate riguardo l’abuso di antibiotici negli allevamenti e per contenere le frodi. Di seguito una galleria fotografica in cui emergono tutte le perplessità sulla rintracciabilità di questa categoria di alimenti da parte dei consumatori.
Valeria Nardi – Il Fatto alimentare – 25 settembre 2014