Aumento dallo 0,1 allo 0,8 per mille delle aliquote Tasi e flessibilità ai sindaci su come spalmare la maggiorazione tra abitazione principale e altri immobili. È quanto prevede un emendamento che il governo ha deciso di presentare al decreto Enti locali: ma i sindaci potranno incrementare le aliquote «esclusivamente allo scopo di deliberare a favore delle famiglie e dei ceti più deboli ulteriori detrazioni rispetto a quelle già previste dalla legge di stabilità».
Il correttivo studiato ieri moltiplica il ventaglio di opzioni per le amministrazioni locali: previsti aumenti rilevanti soprattutto in centri più piccoli, si salvano le grandi città. Quanto alla mini-Imu, confermato il pagamento entro il 24 gennaio nei Comuni dove è stata alzata l’aliquota sulla prima casa.
Aumento Tasi tra 0,1 e 0,8 per mille
Il maggior gettito dovrà essere destinato dai sindaci a incrementare le detrazioni – No di Scelta civica
FLESSIBILITÀ Ai primi cittadini è concessa la facoltà di ripartire il ritocco delle aliquote tra prima casa e altri immobili
Aumento dallo 0,1 allo 0,8 per mille delle aliquote e piena flessibilità ai sindaci su come spalmare la maggiorazione Tasi tra abitazione principale e prelievo su tutti gli altri immobili. Il che tradotto in numeri potrebbe voler dire, alla luce delle innumerevoli soluzioni che potranno essere adottate dai sindaci, che nel 2014 si potrebbe avere un’aliquota massima del 3,3 (2,5 previsto dalla stabilità più lo 0,8 di maggiorazione) e un tetto del 10,6 per mille di Imu su tutti gli altri immobili. Oppure l’estremo opposto: un 2,5 per mille di Tasi per l’abitazione principale e un tetto massimo dell’11,4 per mille da applicare a tutti gli altri immobili diversi dalla prima casa dato dalla somma tra la nuova maggiorazione dello 0,8 e il 10,6 per mille comprensivo di Imu e Tasi.
Il tutto condito da un vincolo ben preciso: i sindaci che ricorreranno alla maggiorazione Tasi dallo 0,1 allo 0,8 per mille dovranno destinare le maggiori risorse incassate – come spiega espressamente una nota di Palazzo Chigi – «esclusivamente allo scopo di deliberare a favore delle famiglie e dei ceti più deboli ulteriori detrazioni rispetto a quelle già previste dalla legge di stabilità». L’obbligo di introdurre ulteriori sconti sulle abitazioni principali – precisa sempre la nota – garantisce che l’incremento eventualmente introdotto dai Comuni «non comporterà alcun aumento della pressione fiscale». Nessuna copertura dunque a una maggiore autonomia finanziaria dei sindaci come chiedeva l’Anci.
È questo l’accordo politico – che comunque traballa fin dal principio con il no di Scelta Civica agli aumenti Tasi – raggiunto nel pomeriggio di ieri tra maggioranza e Governo e che sarà formalizzato oggi ai Comuni. Con i quali, sottolinea il sottosegretario all’Economia Pier Paolo Baretta, il Governo «si impegna comunque a rivedere nel suo complesso la fiscalità locale e soprattutto a definire nuovi margini di allentamento del patto di stabilità interno». Intanto con una maggiorazione massima dello 0,8 per mille sulla Tasi i Comuni si garantiscono da subito un maggior gettito di circa 1,4 miliardi (l’Anci chiedeva 1,5 miliardi) che sommato ai 500 milioni già previsti dalla stabilità portano le risorse complessive per le detrazioni sulle abitazioni principali a 1,9 miliardi di euro.
Le modifiche alla Tasi saliranno in corsa sul Dl enti locali, più noto come decreto “salva-Roma bis” ora all’esame del Senato. Che, nonostante l’incidente di 7È l’imposta sui servizi indivisibili (i servizi rivolti alla collettività come pubblica illuminazione, manutenzione del manto stradale, ecc.). Dovrà essere corrisposta sia dai proprietari che dagli inquilini, in base ad una percentuale che varierà dal 10% al 30% a discrezione del Comune. L’aliquota per il 2014 su tutti gli immobili (prime case incluse) non potrà superare il 2,5 per mille. La somma di Tasi e Imu sulle seconde case non potrà superare il 10,6 per mille. Ieri il Governo ha deciso la possibilità di un aumento dallo 0,1 allo 0,8 delle aliquote. Saranno i sindaci a decidere dove applicarle su prima casa e altri immobili. percorso di ieri in commissione Affari costituzionali dove sono stati bocciati i presupposti di costituzionalità, ha ripreso la sua corsa in Parlamento con il successivo via libera dell’Aula. È tramontata dunque l’ipotesi di imbarcare le modifiche alla Tasi nel Dl Imu-Bankitalia sempre all’esame dell’Aula di Palazzo Madama. Ocome chiedeva anche il responsabile fiscale di Scelta Civica, Enrico Zanetti, di varare un decreto ad hoc per rivedere nel suo complesso la tassazione sulla casa. Ancora più decisa la contrarietà espressa in una nota dal capogruppo al Senato di Scelta Civica, Gianluca Susta, che annuncia il no del suo gruppo agli emendamenti sulla Tasi: «Scelta Civica non voterà emendamenti che consentano ai Comuni di aumentare la Tasi perché, pur dichiarando il Governo che questa facoltà servirà ad aumentare le detrazioni a favore dei più bisognosi, in realtà è un modosurrettizio per erogare maggiori risorse ai Comuni meno virtuosi».
La scelta del Dl enti locali offre, comunque, al Governo di definire i dettagli delle modifiche da apportare alla Tasi e chiudere il confronto di questi giorni su dati, numeri e simulazioni. Che spaziavano da aumenti dal 2,5 al 3 per mille e all’11,1 per gli altri immobili o ancora dal 2,5 al 3,5 con il tetto massimo per tutti i beni diversi dalla prima casa fisso al 10,6 come chiedeva soprattutto il Nuovo centro destra. Alla fine il Governo ha imboccato la terza via. Quella dell’aumento deciso in tutto e per tutto solo dai primi cittadini fino a un massimo complessivo dello 0,8 per mille che – sottolinea ancora Baretta, ispiratore della soluzione adottata – «fornisce ai Comuni per il 2014 una vera e propria “service tax” di stampo federalista con cui saranno i sindaci, sulla base delle loro esigenze e della loro conoscenza del territorio, a decidere come redistribuire il prelievo e concedere sconti sulla casa».
Mini-Imu, si paga entro il 24 gennaio
Confermata la scadenza per chi abita in Comuni dove è stata alzata l’aliquota sulla prima casa
L’ADEMPIMENTO Obbligo di versamento per 2.400 località (comprese Milano e Roma) con il 60% delle città capoluogo di provincia
Non si tornerà indietro. Ieri il ministro dell’Economia, Fabrizio Saccomanni, ha messo la parola fine alla speranze di chi pensava a una proroga per la mini Imu o addirittura a una sua cancellazione, nel gorgo delle cifre che il Governo sta articolando in questi giorni per far quadrare i conti complessivi della Tasi sull’abitazione principale. Ieri il ministro ha dichiarato che la mini-Imu rappresenta «una necessità dovuta a motivi equitativi, data la natura autonoma dei Comuni nella fissazione delle aliquote».
Le regole, quindi, sono quelle dettate dal decreto legge 133/2013, dove è stato chiarito chi, quanto e quando si dovrà pagare di Imu.
Cioè, per le abitazioni principali, quel 40% della differenza tra il tributo calcolato ad aliquota standard (4 per mille) e quello ad aliquota realmente applicata dal Comune. Nell’infografica qui a fianco sono illustrati tutti i passaggi per non sbagliare, nell’ennesima prova cui il contribuente verrà sottoposto entro il 24 gennaio. Naturalmente chi ha l’abitazione principale in un Comune che non ha aumentato l’aliquota del 4 per mille (come Venezia) non si deve preoccupare della prossima scadenza.
L’appuntamento del 24 gennaio è completamente nuovo ed è stato creato per cercare di trovare una parte almeno della copertura per l’esenzione totale dall’Imu dell’abitazione principale, almeno nei comuni che hanno elevato l’aliquota.
L’adempimento riguarda solo questa tormentata seconda rata del 2013 e non si ripeterà nei prossimi anni, quando i proprietari di abitazioni principali saranno chiamati alla cassa per pagare la Tasi, che (si veda nelle altre pagine) si applica anche alle abitazioni principali.
Anzitutto, va scoperta la base imponibile su cui calcolare l’imposta, cioè la rendita catastale rivalutata del 5 per cento, e moltiplicata per il coefficiente moltiplicatore di 160, quello previsto per le abitazioni (nel caso delle pertinenze ammesse al beneficio il moltiplicatore è lo stesso). In pratica, basta moltiplicare la rendita per 168.
Questa è la base imponibile per ambedue i calcoli che andranno poi messi a confronto.
Poi si calcola l’Imu con l’aliquota al 4 per mille, come illustrato nella scheda qui a fianco, e si detraggono 200 euro più, eventualmente, 50 euro per ogni figlio conviventi di età sino a 26 anni.
Lo stesso identico procedimento si fa utilizzando invece l’aliquota, superiore al 4 per mille, eventualmente decisa dal Comune specificamente per l’abitazione principale.
Il conto finale, comunque, si fa in due passaggi ulteriori: prima sottraendo quanto calcolato con l’aliquota al 4 per mille dall’Imu dovuta applicando invece l’aliquota 2013.
Il risultato va poi considerato al 40 per cento, e questa è la vera e propria mini Imu, da pagare con il modello F24 o (più raramente) con il bollettino di conto corrente postale eventualmente deciso dai Comuni. Ma è chiaro che quasi tutti opteranno per il modello F24.
Numerosi municipi (quasi sempre di centri minori) hanno mantenuto l’aliquota del 4 per mille indicata dalla legge-base del 2011 (il “Salva Italia”), o addirittura in alcuni casi la hanno abbassata, quindi in queste situazioni non è dovuto alcun conguaglio il 24 gennaio. Per vedere quale fosse l’aliquota stabilita dal Comune occorre verificarla sul sito web municipale, dato che per il 2013 non era obbligatorio comunicarla al ministero dell’Economia.
In ogni caso a modificare l’aliquota con un aumento sono stati circa 2.400 comuni, quasi uno su tre, e circa il 60 per cento dei capoluoghi di provincia. In generale la scelta è stata di fissare l’aliquota intorno al 5 per mille (come a Roma). Non molti (tra cui Milano) si sono spinti sino al tetto massimo consentito, il 6 per mille.
Il Sole 24 Ore – 9 gennaio 2014