Panoramica sugli addebiti formulati a un dirigente: se la “giustificatezza” del licenziamento di un lavoratore apicale ha nozione più ampia del giustificato motivo (parametro per i dipendenti comuni), i fatti in causa non sono comunque sufficienti a legittimare il drastico provvedimento.
E a nulla serve la richiesta di riesaminare la proporzionalità e l’adeguatezza della contestazione. Questa la vicenda esaminata dalla Cassazione nella sentenza 17086/12.
Provvedimento troppo pesante. Un uomo, assunto in qualità di dirigente in una s.p.a., dopo una brillante carriera veniva licenziato con una lettera contenente l’elencazione di vari addebiti. Sul piatto della bilancia, la clonazione della casella di posta condivisa con la segreteria, l’esclusione di un manager spagnolo durante un importante meeting internazionale e l’utilizzo di toni piccati e sprezzanti.
Tuttavia il Tribunale di Alessandria (con decisione confermata anche in secondo grado) dichiarava privo di causa il licenziamento, condannando la società a sborsare migliaia di euro a titolo di indennità sostitutiva di preavviso, differenze TFR e indennità supplementare.
Fiducia spezzata? Non sta alla Cassazione dirlo. La giusta causa di licenziamento deve rivestire il carattere di grave negazione degli elementi essenziali del rapporto e, in particolare, della fiducia reciproca. Il compito si soppesare i fattori del parametro normativo si pone sul piano del giudizio di fatto, demandato al giudice di merito e incensurabile in sede di legittimità. Idem dicasi per il giudizio di proporzionalità tra licenziamento disciplinare e addebito contestato, la cui valutazione non è censurabile dinnanzi alla cassazione se priva di errori logici e giuridici.
Immutabilità della contestazione dell’addebito. L’art. 7 dello Statuto dei Lavoratori preclude al datore di licenziare per altri motivi, diversi da quelli contestati, ma non vieta di considerare fatti ulteriori – anche a distanza superiore ai due anni dal recesso – quali circostanze confermative. È un modo per fornire un quadro più nitido della complessiva gravità, anche sotto il profilo psicologico, delle inadempienze. Tale deroga, tuttavia, non è stata ritenuta configurabile nella fattispecie in esame dalla Corte d’Appello, tenuto conto che non basta una mera occasionalità per sovvertire il procedimento disciplinare.
Licenziamento dei dirigenti. In ossequio alla giurisprudenza della Cassazione (n. 15496/08), la nozione di “giustificatezza” del licenziamento dei dirigenti si discosta da quella di giustificato motivo disciplinata dalla l. n. 604/1966 (art. 3). Anche la semplice inadeguatezza del dirigente rispetto ad aspettative sorte ex ante o una significativa deviazione dalla linea segnata dalla direttive generali o ancora un atteggiamento extralavorativo possono costituire «ragione di rottura del rapporto fiduciario» e perciò giustificare il licenziamento.
Ciò premesso, la S.C. ritiene corretta l’esclusione della rilevanze delle condotte del dirigente, sicché il le aspettative di annullamento della sentenza non trovano esito favorevole: ricorso rigettato.
25 ottobre 2012