Il licenziamento del dirigente può essere giustificato da qualsiasi motivo, «purché esso possa costituire la base per una motivazione coerente e sorretta da motivi apprezzabili sul piano del diritto, a fronte del quale non è necessaria un’analitica verifica di specifiche condizioni, ma è sufficiente una valutazione globale che escluda l’arbitrarietà del licenziamento in quanto riferito a circostanze idonee a turbare il legame di fiducia con il datore, nel cui ambito rientra l’ampiezza dei poteri attribuiti al dirigente».
Questo il principio di diritto affermato da una sentenza della Corte di cassazione n. 6110 di ieri che dichiara di porsi nel solco di precedenti conformi.
Un dirigente aveva ripetutamente contestato, con lettere inviate al presidente della società datrice di lavoro, la legittimità di alcune circolari, che riteneva limitassero i suoi poteri. Aveva altresì diffidato il presidente a revocare tali circolari, avvertendo che in difetto si sarebbe tutelato «nelle opportune sedi». Era stato licenziato per giusta causa, consistente nell’aver manifestato un’atteggiamento di radicale opposizione alle gerarchie e direttive aziendali. Il dirigente aveva impugnato il licenziamento sostenendo che la sua condotta costituiva la legittima replica a un illecito comportamento del datore di lavoro.
La Corte d’appello, nella sentenza impugnata in Cassazione, aveva riconosciuto che la presa di posizione del dirigente era di per sé «legittima e si fondava su argomenti giuridicamente sostenibili», e che il dirigente non aveva di fatto disatteso le circolari né aveva minacciato di farlo. Sulla base di ciò aveva giudicato insussistente la giusta causa di licenziamento. Tuttavia, aveva ritenuto il recesso giustificato in relazione alle modalità di reazione del dirigente, definite «assolutamente oppositive», che lo avevano posto in insanabile rotta di collisione con la datrice di lavoro. Quindi aveva condannato la società a pagare al dirigente l’indennità sostitutiva del preavviso (per inesistenza della giusta causa) ma aveva respinto la richiesta di indennità supplementare (per essere il licenziamento sorretto da «giustificatezza»).
La Cassazione considera logica e correttamente motivata la decisione di merito. Non vi è contraddizione, secondo la Corte, tra la riconosciuta legittimità della presa di posizione del dirigente e l’affermazione secondo cui la medesima presa di posizione possa costituire giustificato motivo di recesso (con preavviso). La particolarità del rapporto di lavoro dirigenziale giustifica il licenziamento per una situazione di contrasto che incrini il legame fiduciario con il datore di lavoro, anche indipendemente dalle ragioni e dai torti.
Il Sole 24 Ore – 18 marzo 2014